Diocesi
Domenica 21 gennaio: Vescovo Giusepe Pellegrini e i 510 delegati in San Marco per l’apertura dell’ultima tappa dei lavori dell’Assemblea sinodale
Settimana intensa di lavori per sacerdoti e delegati: 24-25 serate di confronto; 26 e 27 votazioni finali. Il tutto in San Marco. Così il Vescovo pellegrini nella apertura dei lavori di oggi: " Prego perché anch’io e tutti voi possiamo vivere l’Assemblea con un atteggiamento di fondo, che racchiudo in tre verbi: ascoltare, discernere e gioire. Ascoltare per non essere chiusi in se stessi e nelle proprie idee, ma aperti agli altri e alla Parola del Signore. Discernere per fare scelte guidate dalla Parola e dalla novità dello Spirito. Gioire perché Gesù risorto è con noi...."
Diocesi Concordia-Pordenone
Omelia Liturgia della Parola di Apertura Assemblea Sinodale Generale
Concattedrale Pordenone, 21 gennaio 2024
Carissime e carissimi delegati e rappresentanti delle Chiese sorelle, un caro e fraterno saluto nel Signore Gesù, all’inizio dell’Assemblea Sinodale Generale della nostra Chiesa di Concordia-Pordenone. Non è una mera coincidenza temporale, ma una scelta ben precisa, di aprire l’Assemblea Sinodale nella Domenica della Parola di Dio, voluta da papa Francesco con la Lettera Apostolica “Aperuit Illis” del 30 settembre 2019. Scriveva: “Dedicare in modo particolare una domenica dell’Anno liturgico alla Parola di Dio consente, anzitutto, di far rivivere alla Chiesa il gesto del Risorto che apre anche per noi il tesoro della sua Parola perché possiamo essere nel mondo annunciatori di questa inesauribile ricchezza” (n. 2). E al n. 3 ricorda che “la Domenica della Parola di Dio esprime una valenza ecumenica, perché la Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in ascolto il cammino da perseguire per giungere a un’unità autentica e solida”. L’assidua familiarità con le Sacre Scritture, come ci ricorda l’espressione biblica di san Giovanni, scelta per la celebrazione di questa V Domenica della Parola di Dio, “Rimanete nella mia Parola” (8,31), ci aiuta a comprendere quanto sia importante nella vita quotidiana della Chiesa, delle nostre comunità, per ciascuno di noi e in particolare per questa Assemblea Sinodale il riferimento alla Parola di Dio. Il fatto che Dio parli implica che intende comunicare qualcosa di intimo e di assolutamente necessario, senza il quale non potremo mai giungere a una piena conoscenza di noi stessi né del mistero di Dio. Il colloquio permanente tra Dio e l’umanità è personale e ci tocca nell’intimo, coinvolgendoci in un rapporto di amore. In Gesù Cristo Dio parla in maniera piena e definitiva; Lui è la Parola fatta carne, la Parola che da sempre viene pronunciata e che ora diventa anche visibile. Rimanere nella Parola di Dio è molto più di un incontro frettoloso o casuale. “Nel suo grande amore Dio parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con loro” (Dei Verbum, 2).
Ci siamo messi in Cammino Sinodale, come ricordavo nell’Omelia di apertura il 16 ottobre 2022, per cercare e sperimentare nuove strade, nuove idee e nuovi criteri per essere una comunità cristiana che sa annunciare nell’oggi, il Vangelo di Gesù. Il cambiamento non è dato da un singolo evento, ma è un insieme di passi fatti con gli altri, con lo stile della sinodalità. Perché ci sia una vera comunità cristiana è fondamentale e indispensabile ascoltare la Parola di Dio, non in modo intellettualistico, ma un ascolto di Dio che continua a parlarci in modo vivo e a chiamarci alla fede in Lui. Il nutrimento deve essere costante per poter alimentare quotidianamente le nostre esperienze di vita. Il Documento per l’Assemblea Sinodale al n. 13 ricorda che “l’ascolto della Scrittura ci mette in contato con la Parola del Dio vivo, il quale continua a cercare i suoi figli, a sostenerli nel cammino, a indicare la meta dell’incontro con il Figlio suo come luogo di felicità”. È l’esperienza che abbiamo fatto in questi due anni di cammino sinodale e che desideriamo vivere in quest’ultima settimana di Assemblea Sinodale: metterci in ascolto della Parola! Sta davanti a noi la celebrazione che il popolo d’Israele ha vissuto dopo il ritorno dall’esilio di Babilonia. Neemia narra una delle più antiche liturgie della Parola, nel giorno che precede l’inizio della festa delle Tende, mostrando come essa veniva celebrata, proclamata e spiegata ai fedeli. L’iniziativa è del popolo che si raduna e chiede al sacerdote Esdra di portare la Toràh. L’Assemblea fu vissuta dal popolo tra canti e lacrime, tra le luminose prospettive del futuro e le dolorose ferite del passato, diventandone chiave di lettura per vivere responsabilmente il presente. La conclusione sia di buon auspicio anche per noi: “Questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza” (Neemia 8,10). La gioia e l’esultanza sono la risposta agli interventi di Dio che accompagna e guida la storia dell’umanità, fin dalla creazione. Diceva papa Francesco: “La gioia è il segno del cristiano … perché un cristiano senza gioia non è cristiano” (22 maggio 2014). La gioia è un dono del Signore che riempie il nostro cuore e la nostra vita, perché Gesù è con noi e giuda il nostro cammino.
Un cammino che, come ci ha ricordato la seconda lettura, desideriamo compiere in compagnia dell’Apostolo Paolo, che ci può aiutare a dare un significato ancora più attuale al cammino sinodale della nostra Chiesa diocesana. Paolo, infatti, è nello stesso tempo annunciatore del Vangelo in un mondo ostile e non sempre accogliente e fondatore e custode delle comunità, che tanto ha amato, desiderando che camminassero unite e in comunione con il Signore Gesù. Nell’introduzione al Quaderno VII, scrivevo: “Metterci alla scuola di Paolo è fondamentale per la vita della Chiesa di oggi. Ci aiuta a manifestare una idea di futuro per l’umanità, offrendoci nuove chiavi di lettura per interpretare il mondo d’oggi”. Una Chiesa aperta e universale che scaturisce dall’accoglienza del Signore Gesù risorto, vivo e presente nella vita di ciascuno. Nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, Paolo, in questo suo primo viaggio missionario fatto con Barnaba e Marco, ha il coraggio di annunciare la risurrezione di Gesù, Figlio di Dio, inviato per salvare il mondo. Per convincere gli uditori, Paolo ricorda l’itinerario che Dio ha fatto compiere al suo popolo per condurlo alla salvezza, dalla liberazione dalla schiavitù dell’Egitto fino al re Davide. Dio ha sempre accompagnato il suo popolo, rimanendo fedele alla sua promessa. Se il popolo si è mostrato ostinato nell’infedeltà, Dio si è sempre mostrato ancora più ostinato nell’amore. Per mantenere, poi, la promessa, Dio ha inviato il suo Figlio, Gesù, come salvatore e liberatore, portando a compimento quanto avevano detto i profeti. All’azione del popolo che uccide, risponde l’azione di Dio che fa risorgere, confermata dalle apparizioni del Risorto agli apostoli. Pur trovando insolito e inaudito questo discorso, “noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù” (Atti 13,32-33), alcuni presenti lo seguirono accogliendo la sua testimonianza. Anche ai nostri giorni risulta difficile e spesso incredibile che Gesù sia risorto e vivo. Ma è proprio questo che siamo chiamati ad annunciare e a manifestare con coraggio alle persone che incontriamo. Conoscere il Signore Gesù significa accoglierlo nella nostra vita; significa entrare nel suo piano e accettare la sua croce, permettendo alla Grazia di Dio di fruttificare dentro di noi, credendo e amando come ha fatto Lui. Diceva papa Benedetto: “Paolo è un paradigma di prim’ordine, dal quale tutti noi abbiamo ancora sempre molto da imparare. … Imparare la fede, imparare il Cristo, imparare la strada della retta via” (Udienza, 2 luglio 2008).
Corroborati dalla testimonianza di Paolo e aiutati dalle parole di Gesù nel Vangelo appena proclamato, ci prepariamo a vivere con intensità ed entusiasmo l’Assemblea sinodale. Ci siamo messi in cammino come i due di Emmaus, scoraggiati e disillusi per quanto era accaduto. È il cammino delle nostre comunità, spesso deluse e stanche. Anche noi spesso abbiamo dubbi, preoccupazioni e interrogativi, delusi talvolta dall’impossibilità di annunciare il Vangelo in un mondo che non ne vuole sapere. Non possiamo nemmeno chiudere egli occhi di fronte alla realtà che ci circonda: guerre in tante parti del mondo, migranti alla ricerca di una vita più dignitosa, emergenza povertà che sovrasta tante famiglie. Nonostante tutto, il nostro cuore continua ad ardere per Lui: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre conversava con noi” (Luca 24,32), rimettendoci così in cammino per un nuovo annuncio del Vangelo. Con forza Gesù ha detto ai discepoli e dice anche a noi oggi: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura. … Allora essi partirono e predicarono dappertutto” (Marco 16,15.20). Gesù non ha parlato e non parla al singolare ma al plurale: andate dappertutto! L’evangelizzazione non è un affare privato, se mi piace, se me la sento o se ne ho voglia, ma è un invito, meglio un comando, che Gesù rivolge anche ora alla sua Chiesa, alla nostra Diocesi e a tutte le nostre comunità cristiane. Per noi Assemblea sinodale, questo invito è ancora più particolare, perché ci coinvolge non solo come singoli delegati, ma come comunità. Ciò che ha caratterizzato la comunità delle origini, come narra il libro degli Atti degli Apostoli, à la koinonìa, ossia il legame profondo degli uni agli altri, variamente espresso. Anche noi, insieme siamo chiamati ad ascoltare quello che lo Spirito ci sta dicendo, insieme siamo chiamati a discernere aiutati dalla Parola, insieme a prendere delle decisioni perché la nostra Chiesa sia sempre più una Chiesa in uscita, che annuncia con coraggio e gioia il Vangelo di Gesù, senza pregiudizi o precomprensioni, solamente guidati dalla presenza viva dello Spirito Santo che non ci abbandona mai e dall’amore e dal desiderio che tutti possano essere illuminati dalla luce di Gesù, vivo e risorto.
L’esperienza sinodale fatta in questi anni, che abbiamo sentita bella, benefica e rigenerativa, ci sprona a vivere in modo evangelico la comunione ecclesiale e l’attiva partecipazione di tutto il popolo di Dio nelle decisioni da prendere, animati da una fattiva corresponsabilità tra il clero, la vita consacrata e i laici. Questa, carissimi, è la vera sfida della sinodalità. Il lavoro che siamo chiamati a svolgere in questi giorni, non ha la pretesa di offrire nuove formule pastorali o una serie di iniziative da mettere in atto, ma un camminare insieme che ci riporti all’essenza della nostra fede e del nostro essere Chiesa. Non c’è nessun’altra priorità pastorale che vivere e aiutare a vivere la sinodalità, in modo che la Chiesa possa essere sempre di più spazio di fraternità, esperienza di corresponsabilità e ardore missionario di annuncio del Vangelo. Per questo siamo chiamati ad uscire dai luoghi comuni e dalle rigide forme di individualismo che talvolta è presente in noi e nelle nostre comunità. Una Chiesa meno ingessata, che non si preoccupa solo delle proprie ferite ma delle ferite degli altri, che sa amare fino al dono totale di sé, come ha fatto Gesù. Viviamo questa esperienza di Assemblea sinodale senza paura, anzi con gioia e passione, in ascolto di cosa lo Spirito Santo chiede oggi alla nostra Chiesa e quale cammino attente da noi, per essere Chiesa missionaria che porti a tutti una parola di speranza e di vita, ricordandoci che la cosa più importante è seguire Gesù.
Pergo perché anch’io e tutti voi possiamo vivere l’Assemblea con un atteggiamento di fondo, che racchiudo in tre verbi: ascoltare, discernere e gioire. Ascoltare per non essere chiusi in se stessi e nelle proprie idee, ma aperti agli altri e alla Parola del Signore. Discernere per fare scelte guidate dalla Parola e dalla novità dello Spirito. Gioire perché Gesù risorto è con noi, non ci lascia soli e illumina e guida la storia verso il compimento definitivo nel suo Regno di amore, di giustizia e di pace.
+ Giuseppe Pellegrini, vescovo