Papa in Udienza: “Ancora non sto bene. Continuiamo a pregare per la Terra Santa”

Papa Francesco ha tenuto l'udienza di oggi - mercoledì 29 novembre -in Aula Paolo VI, dopo aver annullato ieri sera il viaggio a Dubai per la Cop28. "Ancora non sto bene", ha rivelato ai fedeli lasciando la parola, per la lettura della catechesi, a mons. Filippo Ciampanelli. Al termine l'appello per la Terra Santa 

“Ancora non sto bene e la voce non va tanto”. Papa Francesco, che ieri sera su consiglio dei medici ha annullato il viaggio a Dubai per la Cop28, ha iniziato con queste parole l’udienza di oggi in Aula Paolo VI, lasciando poi la lettura della catechesi a mons. Filippo Ciampanelli, della Segreteria di Stato, che ha letto anche i saluti nelle varie lingue. Al termine dell’udienza, dopo aver assistito ad un’esibizione di artisti circensi che partecipano al Festival dei talenti circensi italiani, Francesco ha preso la parola per un ennesimo appello per la pace in Terra Santa.  Per descrivere le sue condizioni di salute, dopo che nell’Angelus di domenica scorsa da Casa Santa Marta aveva parlato di “infezione ai polmoni”, il Papa ha usato il termine spagnolo “gripe”, che significa influenza.

“Per favore, continuiamo a pregare per la grave situazione in Terra Santa”, l’appello di Bergoglio, che ha preso la parola per chiedere ancora una volta: “Pace, per favore, pace!”. “Auspico che prosegua la tregua in corso a Gaza, affinché siano rilasciati tutti gli ostaggi e sia ancora consentito l’accesso ai necessari aiuti umanitari”, ha detto Francesco, che poi ha proseguito: “Ho sentito la parrocchia lì: manca l’acqua, manca il pane, la gente soffre. È la gente semplice, la gente del popolo che soffre: non soffrono quelli che fanno la guerra. Chiediamo la pace”. “E non dimentichiamo, parlando di pace, il caro popolo ucraino, che soffre tanto”, l’invito del Papa, che ha ribadito: “La guerra sempre è una sconfitta, tutti perdono. Tutti no, c’è un gruppo che guadagna tanto: i fabbricanti di armi, questi guadagnano bene sopra la morte degli altri”.

È l’analisi del Papa, nella catechesi dell’udienza letta da mons. Ciampanelli “Anche oggi la coesione, anziché sulla fraternità e sulla pace, si fonda spesso sull’ambizione, sui nazionalismi, sull’omologazione, su strutture tecnico-economiche che inculcano la persuasione che Dio sia insignificante e inutile: non tanto perché si ricerca un di più di sapere, ma soprattutto per un di più di potere”, il commento sulla scorta del racconto della Torre di Babele: “È una tentazione che pervade le grandi sfide della cultura odierna”. “Non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia”, l’esortazione per il tempo presente: “Occorre stare nei crocevia dell’oggi. Uscire da essi significherebbe impoverire il Vangelo e ridurre la Chiesa a una setta. Frequentarli, invece, aiuta noi cristiani a comprendere in modo rinnovato le ragioni della nostra speranza, per estrarre e condividere dal tesoro della fede cose nuove e cose antiche”. Per Francesco, “si può annunciare Gesù solo abitando la cultura del proprio tempo. Non serve contrapporre all’oggi visioni alternative provenienti dal passato. Nemmeno basta ribadire semplicemente delle convinzioni religiose acquisite che, per quanto vere, diventano astratte col passare del tempo”.

“Una verità non diventa più credibile perché si alza la voce nel dirla, ma perché viene testimoniata con la vita”, la tesi del Papa, secondo il quale “lo zelo apostolico non è mai semplice ripetizione di uno stile acquisito, ma testimonianza che il Vangelo è vivo oggi qui per noi”. “Coscienti di questo, guardiamo dunque alla nostra epoca e alla nostra cultura come a un dono”, l’indicazione di rotta: “Esse sono nostre ed evangelizzarle non significa giudicarle da lontano, nemmeno stare su un balcone a gridare il nome di Gesù, ma scendere per strada, andare nei luoghi dove si vive, frequentare gli spazi dove si soffre, si lavora, si studia e si riflette, abitare i crocevia in cui gli esseri umani condividono ciò che ha senso per la loro vita. Significa essere, come Chiesa, fermento di dialogo, di incontro, di unità. Del resto, le nostre stesse formulazioni di fede sono frutto di un dialogo e di un incontro tra culture, comunità e istanze differenti”. “Più che voler riconvertire il mondo d’oggi, ci serve convertire la pastorale perché incarni meglio il Vangelo nell’oggi”, conclude Francesco: “Facciamo nostro il desiderio di Gesù: aiutare i compagni di viaggio a non smarrire il desiderio di Dio, per aprire il cuore a Lui e trovare il solo che, oggi e sempre, dona pace e gioia all’uomo”.