Commento al Vangelo
Domenica 26 marzo, commento di don Renato De Zan
Io credo: dopo la morte vivrò
Gv 11,1-45 (forma riassuntiva)
In quel tempo,
Io credo: dopo la morte vivrò
Il Testo
1. Secondo un buon numero di biblisti, la pericope evangelica della risurrezione di Lazzaro è molto ampia: Gv 11,1-54. La reazione dei Giudei è stata duplice. “Molti Giudei” hanno creduto in Gesù (Gv 11,45). Altri sono andati dai farisei i quali con i capi dei sacerdoti hanno deciso di uccidere Gesù (Gv 11,46-54). Neppure di fronte al miracolo c’è conversione. La Liturgia, oltre che a introdurre il solito incipit (“In quel tempo”), sceglie di accorciare il brano, includendo l’atto di fede (Gv 11,1-45) e lasciando cadere il resto (Gv 11,46-54)
2. La struttura della formula evangelica è concentrica. Agli estremi c’è la fede traballante degli apostoli, corretta e sostenuta da Gesù (a: Gv 11,1-16) e la fede dei Giudei dopo la risurrezione di Lazzaro (a’: Gv 11,45). Immediatamente dopo viene presentata la situazione di Lazzaro (b: Gv 11,17) e, corrispondentemente, il racconto del miracolo (b’: Gv 11,33-34). Al centro del brano (c; Gv 11,18-32) c’è il dialogo tra Gesù e Marta, prima, e successivamente tra Gesù e Maria. Nel dialogo tra Gesù e Marta si trova il cuore teologico della formula evangelica.
L’Esegesi
1. La formula evangelica si apre con l’umanità di Gesù molto spiccata: “Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro”. Quando nel linguaggio semitico c’è un elenco, il primo personaggio nominato è il più importante (si ricordi che nell’elenco dei Dodici, il primo è sempre Pietro e l’ultimo Giuda Iscariota). L’affetto più grande di Gesù era per Marta e poi a decrescere. Marta, infatti, apparirà nella formula evangelica di Gv 11,1-45 come colei che fa l’atto di fede più grande degli altri: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”: La sua confessione di fede equivale ad accogliere Gesù come colui che disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”.
2. Nella formula evangelica c’è anche un breve tratto che affronta il tema della morte visto dai cristiani.
Emerge dalle parole dette da Gesù ai discepoli: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Davanti alla figlia di Giàiro Gesù espresse lo stesso concetto: “La fanciulla non è morta, ma dorme” (Mc 5,39). La morte non è un sonno eterno, ma è un sonno dal quale Gesù Cristo risveglia il credente. La risurrezione di Lazzaro e della figlia di Giàiro sono la dimostrazione più chiara.
3. C’è, infine, da fare una breve nota filologica. Il verbo greco “embrimaomai”, tradotto con “si commosse profondamente”, indica un “vivere interiormente o esteriormente una disapprovazione per quello che si vede”. Gesù, dunque, vedendo il dolore che lo circonda esterna la sua disapprovazione per ciò che accade: la morte è terribile e provoca il pianto, ma non può davanti alla morte esserci il pianto senza speranza.
Il Contesto Liturgico
1. Mentre la prima lettura (Ez 37,12-14) annuncia profeticamente la vittoria sulla morte, la seconda lettura (Rm 8,8-11) indica nello Spirito l’artefice della vita: come ha risuscitato Gesù dai morti risusciterà anche il nostro corpo. La Colletta propria spiritualizza la formula evangelica: la compassione di Dio ascolta la Chiesa e chiama a vita nuova coloro che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte.
2. Dopo le prime due domeniche cristologiche (Tentazioni, Trasfigurazione), il cammino quaresimale prosegue in altre tre domeniche teologiche (la Samaritana, il Cieco nato, la risurrezione di Lazzaro). In queste ultime, il centro tematico è la confessione di fede dei protagonisti. I Samaritani dissero: “Noi crediamo…..che questi è il salvatore del mondo”(Gv 4,42). Il cieco guarito confessò: “Io credo, Signore” (Gv 9,38). Maria, sorella di Lazzaro e amica di Gesù, oggi dice: “Sì, o Signore, io credo…”. Emerge l’antica preparazione dei catecumeni al battesimo (nella Veglia Pasquale).