Domenica 5 febbraio, commento di don Renato De Zan

Voi siete il sale della terra e la luce del mondo

05.02.2023 5° Tempo Ordinario-A

 

Mt 5,13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 13 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. 14 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15 né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

 

 

Il Testo

 

1. La pericope biblica e la formula liturgica del vangelo collimano. La Liturgia ha collocato un incipit, che è una specie di riassunto di Mt 5,1-2, per chiarire chi sia il mittente e chi il destinatario (“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:”). Il testo prosegue la Beatitudine alla seconda persona plurale (“Beati voi, quando…”) di Mt 5,11-12 e, ora, si rivolge ancora a un “voi” cadenzando l’appello in due momenti: “Voi siete il sale della terra…” (Mt 5,13)  e “Voi siete la  luce del mondo…” (Mt 5,14-16)

 

2. Il secondo appello (Mt 5,14-16), più lungo del primo è delimitato da un’inclusione (v. 14: “luce…”; v. 16: “luce…”). A voler essere accurati, bisogna dire che il secondo appello è letterariamente molto ben curato in quanto la parola “luce” costruisce una struttura concentrica: v. 14: “luce..” (segmento /a/); v. 15: “luce…” (segmento /b/); v. 16: “luce…” (segmento /a’/). Nel segmento centrale (/b/) c’è l’immagine che, poi, Gesù traduce in invito: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini”.

 

L’Esegesi

 

1. Gesù paragona i suoi discepoli al sale e alla luce. Più avanti, in Mt 13,33, li paragonerà al lievito. Si tratta di immagini dove le piccole realtà – sale, luce, lievito – hanno una capacità di interagire positivamente con ciò che le circonda, con realtà più grandi di loro. L’immagine del sale e della luce (e del lievito) intende illustrare la dinamicità della vera fede operosa: il cristiano, se vive in modo autentico la sua fede operosa, diventa – in senso positivo – un “contagioso” di bene nei confronti di coloro che lo circondano.

 

2. Con le metafore del sale e della luce Gesù intendeva indicare la fede operosa del cristiano non come qualche cosa di intermittente (ora si manifesta, ora non si manifesta) o come qualche cosa di nascosto. Gli uomini devono vedere le opere buone dei credenti e rendere gloria al Padre. La fede che genera le opere impasta tutta la mentalità del credente (sia nelle riflessioni, sia nelle decisioni, sia nelle azioni). Ciò significa la scelta di vivere l’imitazione di Gesù in ogni ambito della vita e in ogni momento.

 

3. Scegliere di vivere come Gesù non è un “optional”. In Gv 8,12 l’evangelista riporta queste parole del Maestro: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Se il cristiano vuole accogliere l’invito di Gesù per essere “luce davanti agli uomini”, ha una sola scelta: “seguire Lui”. Paolo riprende il tema nella lettera agli Efesini: “Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità” (Ef 5,8-9).

 

4. Il cristiano, se è tale, viene notato (“non può restare nascosta una città collocata sopra un monte” / “una lampada…fa luce a tutti quelli che sono nella casa”). Se non viene notato potrebbe probabilmente significare che non si comporta da cristiano (e, purtroppo, succede con una certa frequenza).

 

4. A proposito dell’immagine del sale, la tradizione rabbinica tramanda un episodio. Jehosua Ben Chanaia venne interpellato dai suoi discepoli con questa domanda: “Se il sale diventa insipido, con che lo si salerà ?”. Immediatamente il rabbino rispose: “Con la placenta di una mula”. Al che i suoi interlocutori obiettarono: “La mula non è sterile?”. E il rabbino rispose con una seconda domanda: “E il sale può diventare insipido ?”. Si tratta di una tardiva conferma storica indiretta sul detto di Gesù, quando i rabbini non conoscevano più gli usi del sec. I d.C. Le placche di sale del Mar Morto (ricche di cloruri e di fosfati) servivano per insaporire i cibi e per ravvivare il fuoco. Quando il sale si scioglieva, rimanevano le scorie della placca che venivano buttate per la strada come gli altri rifiuti. Gesù si riferisce a questo costume.

 

Il Contesto Liturgico

 

1. La prima lettura (Is 58,7-10) fa parte del Trito-Isaia e illustra un tema caro al post-esilio: la fede non si può concepire senza l’attenzione all’altro. Chi si comporta con questa attenzione è depositario della promessa profetica: “Allora brillerà tra le tenebre la tua luce” (Is 58,10). Fa eco al profeta il ritornello del Salmo responsoriale: “Il giusto risplende come luce”.

 

2. La Colletta generale ha un tenore generico che sta bene con qualunque testo biblico. Più centrata è la Colletta propria. Nell’amplificazione Dio fa “risplendere” la sua gloria nelle opere di giustizia e carità (compiute dai credenti). La frase complementare, dipendente dalla petizione, illustra come la Chiesa sia chiamata a essere “luce del mondo” e “sale della terra”.