L'Editoriale
Guerra: convitato di pietra al G20
Mentre non si nega lo stupore per l’assenza della guerra dall’ordine del giorno dei grandi della terra, un’ombra vela l’attesa della discussione: come reagirà la Russia, che è uno dei paesi che partecipano al G20? E cosa potrà dire la nazione che di combustibili fossili non solo vive ma va ricattando una parte del mondo, minacciando - oltre che il ricorso al nucleare e il blocco del grano – anche di chiudere i rubinetti del gas?
“Recuperare insieme, recuperare più forti” è il tema del G20 che si tiene il 15 e 16 novembre a Bali in Indonesia. Un tema lodevole, nato dalla volontà di “creare un una base inclusiva e sostenibile nel post pandemia” e articolato in tre priorità.
La prima è l’architettura sanitaria globale: sorge dall’idea di trasformare l’impatto della pandemia “in uno slancio, affinché la comunità globale inizi a tenersi per mano”. Una frase impegnativa e di ampia umanità che però stride col ricordo degli inascoltati appelli a un vaccino per l’Africa, di fronte a una grave disparità economica che il Covid ha reso anche sanitaria. Un punto doveroso ma lontano dall’essere compiuto: per questo trovarlo al primo posto è rincuorante, pur nella consapevolezza di quanto si sia nel frattempo fatto distante dai pensieri di chi – come noi che viviamo in Europa – superata coi vaccini la paura del Covid, si trova oggi alle prese con timori d’altro genere, figli dell’invasione russa dell’Ucraina e di una guerra sempre più aspra di minacce.
La seconda priorità è la transizione digitale finalizzata “alla prosperità comune”. Svolta digitale che si concentra su due intenti: dare nuovo input alle piccole e medie imprese e rilanciare il ruolo lavorativo delle donne. Un’attenzione, quest’ultima, che non deve apparire lontana dalle strategie economiche globali: basti pensare a quante volte – anche attraverso le Caritas o realtà come Altromercato e La bottega del mondo -, si è puntato al lavoro femminile di microimpresa per risollevare le sorti di un intero villaggio.
La terza priorità è la transizione energetica sostenibile ed è la sfida delle sfide. Un argomento imprescindibile se si pensa che varie latitudini del pianeta sono già alle prese con le conseguenze del cambiamento climatico, tutte peggiorative del modo di vivere preesistente: dalla siccità alle precipitazioni violente, dal lento ma costante sciogliersi dei ghiacciai alla desertificazione di intere fasce del globo dove prima la vita prima era difficile ma possibile e ora non lo è più e, anzi, causa migrazioni che bussano anche alle nostre porte. Un tema che anche la Conferenza per il clima delle Nazioni unite (Cop 27) sta discutendo proprio in questi giorni in Egitto, fotografato dalle parole del segretario generale delle Nazioni unite Guterres: “Siamo su un’autostrada per l’inferno con il piede sull’acceleratore”. Obiettivo primo della Cop 27 come del G20: concretizzare gli accordi di Parigi che prevedevano di contenere l’aumento della temperatura del pianeta entro +1,5 gradi. Obiettivo ancora lungamente disatteso: l’ultimo rapporto presentato dalle Nazioni Unite a fine ottobre ha infatti rivelato che le emissioni aumenteranno del 10,6% entro il 2030.
Occuparsi di clima è quindi una priorità legata alla sopravvivenza di intere popolazioni, come al contenimento delle ingenti spese necessarie ad affrontare gli esiti nefasti del cambiamento. Le ultime alluvioni in Pakistan sono costate 40 miliardi di dollari e hanno ipotecato 3 punti del Pil del paese per il 2023; le catastrofi ambientali divorano il 10% del tasso di crescita annuale delle nazioni africane, che non producono inquinamento – come le zone industrializzate del pianeta – ma sono tra le prime a pagarne le conseguenze. Occuparsi di produzione di energia e di transizione energetica è dunque urgente e inderogabile.
Mentre non si nega lo stupore per l’assenza della guerra dall’ordine del giorno dei grandi della terra, un’ombra vela l’attesa della discussione: come reagirà la Russia, che è uno dei paesi che partecipano al G20? La Russia, la cui presenza non è stata al momento né bandita né vietata, cercherà di ostacolare la transizione verso il rinnovabile? E cosa potrà dire la nazione che di combustibili fossili non solo vive ma va ricattando una parte del mondo, minacciando – oltre che il ricorso al nucleare e il blocco del grano – anche di chiudere i rubinetti del gas?
Se la Russia, che ha riportato la guerra in Europa dopo settanta anni di pace, sarà assente o presente si scoprirà a breve. In ogni caso, e giocoforza, la guerra sarà nei discorsi dei leader: convitato di pietra a un tavolo ricco di nobili propositi e di chissà quali concrete possibilità di realizzarli.