Pordenone
Il ruolo delle diplomazie per la pace
Dalla caduta del muro di Berlino a oggi, come si è evoluto il ruolo delle diplomazie per il conseguimento della pace tra i popoli. Se ne parlerà martedì 4 ottobre alle 9.30 nel convegno organizzato a Trieste. Ad anticipare alcune delle questioni è il professore Pietro Neglie che abbiamo intervistato e che interverrà assieme
Occuparsi della storia del secondo Novecento, della caduta del muro di Berlino, è oggi quanto mai attuale. Pace, equilibri, diplomazia richiedono la lucidità che deriva dallo studio anche del passato recente. Se ne parlerà a Gorizia martedì 4 ottobre alle 9.30 nell’Aula magna del Polo universitario in un incontro realizzato nell’ambito della rassegna Ascoltare, Leggere, Crescere in collaborazione con l’Università di Trieste corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche, che avrà come titolo Dalla caduta del muro di Berlino a oggi: il ruolo delle diplomazie per il conseguimento della pace tra i popoli. Al convegno porterà i saluti Roberto Di Lenarda rettore dell’Università di Trieste, con la moderazione di Diego Abenante coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche, e gli interventi di Vincenzo Buonomo rettore della Pontificia Università Lateranese e professori Cesare La Mantia e Pietro Neglie. Ad anticipare alcune questioni è Pietro Neglie, relatore e docente di Storia contemporanea a Trieste. Quale la differenza fra diplomazia e politica?La diplomazia è “uno strumento” della politica, la quale definisce le linee guida per allacciare, mantenere, rafforzare le relazioni con altri stati e perseguire obiettivi fissati dal governo, tesi a favorire gli interessi del proprio paese. Il diplomatico è colui che agisce per conto del governo e che deve trovare il modo migliore per raggiungere quegli obiettivi, operando con discrezione, lontano dalle luci della ribalta di cui, invece, ha bisogno il politico.Cosa si intende per diplomazia culturale?Dopo la Seconda guerra mondiale, la diplomazia culturale è stato uno strumento importante nel confronto fra Est e Ovest, ed in particolare della contrapposizione Usa-Urss quali leader dei due blocchi. Questi due paesi investirono enormi cifre per combattersi sul terreno della cultura, perché avevano capito che l’adesione di paesi e popoli ai due differenti blocchi passava – prima che dalla conoscenza e condivisione della politica adottata – da valori, stili di vita, comportamenti. Dopo la fine della guerra fredda, i vari paesi hanno cercato di difendere i propri interessi e rafforzarsi perseguendo obiettivi pacifici, e la cultura in senso lato si è dimostrata capace – come durante la guerra fredda – di costruire un modello identitario in grado di costruire alleanze e gestire i contrasti che sempre più si presentano come le contrapposizioni fra modelli culturali, dai quali dipende il vivere quotidiano. La diplomazia culturale opera sia per valorizzare il proprio patrimonio culturale, renderlo attrattivo costruendo così terreni di confronto e di intesa fra Paesi, sia per favorire la fiducia fra stati divisi da interessi politici ed economici. È un soft power perché nella cornice del rispetto delle diversità, contribuisce a perseguire e “conquistare” maggiore influenza sullo scacchiere internazionale.
L’intera intervista al professor Neglie è pubblicata sul numero del 2 ottobre de Il Popolo.