Scuola: sfide nuove e sfide antiche

Non possiamo però limitarci solo a parlare di soldi e di nuove evenienze. Quando si inizia un nuovo anno scolastico siamo chiamati a riflettere sul significato cosa significhi di educare

Settembre è per antonomasia il mese della ripresa scolastica. L’anno scolastico 22/23 si connota, almeno nell’auspicio di tutti, dalla normalità, superato il tempo della pandemia. Certamente con una consapevolezza: siamo chiamati a convivere con questo virus, adottando tutte le precauzioni e buone consuetudini delle quali siamo già esperti.All’orizzonte si profilano due realtà/dimensioni assai significative. Il PNRR sta portando alle Scuole rilevanti risorse economiche, come mai era accaduto. Ciò significa che Consigli d’Istituto, DS, docenti e personale scolastico sono coinvolti nel progettare e utilizzare queste ingenti risorse al meglio. Dovranno essere capaci di progettualità e di capacità di spesa, affinché questi denari non siano sprecati o addirittura non utilizzati. Le associazioni dei Dirigenti in questo momento stanno formando e accompagnando i Dirigenti e i docenti, primi responsabili. Si profila anche per le scuole il problema della crisi delle fonti energetiche. Un problema che potrà trovare una parziale soluzione attraverso il concorso di tutti, scuole comprese. Uno dei primi obiettivi da raggiungere è il contenimento dei costi. Ciò sarà possibile con una diversa organizzazione della presenza in aula, che preveda cinque giorni di lezione, oltre a una corretta modulazione delle temperature e degli orari di accensione delle caldaie. Significa modificare orari, uso dei laboratori, palestre, trasporti ecc. Un processo non facile né immediato. Si dovrà utilizzare la didattica a distanza per non ledere il diritto allo studio e tante riunioni e incontri si dovranno svolgere a distanza, come s’è ben imparato durante la pandemia. Insomma ci avviamo verso una normalità rinnovata nei ritmi, nell’organizzazione e nelle prospettive. Una bella sfida.Non possiamo però limitarci solo a parlare di soldi e di nuove evenienze. Quando si inizia un nuovo anno scolastico siamo chiamati a riflettere sul significato cosa significhi di educare e perché essere docenti/educatori. Certamente le sempiterne finalità della scuola non possono venire meno. L’allievo va a scuola per imparare a leggere, scrivere e far di conto (così si affermava nel passato). Le prove Invalsi ci dicono che in merito molto s’ha ancora da lavorare e gli ultimi due anni, segnati dalla pandemia e dalla DaD (didattica a distanza), hanno segnato negativamente tutti gli allievi rispetto il loro apprendimento. Allargando la riflessione la Scuola ha il compito di rendere consapevoli i suoi utenti: consapevoli della vita, delle loro potenzialità, della loro storia e dei tanti processi ivi avvenuti che hanno portato al mondo d’oggi, con tutte le luci e le ombre. Un mondo però senz’altro apprezzabile rispetto a quelli delle stagioni passate, ma senz’altro da migliorare, sempre. Questo può avvenire attraverso la consapevolezza alla quale ogni allievo deve pervenire. Ancor di più ogni docente e operatore della scuola ha da chiedersi perché è insegnante ed operatore scolastico. Non è una domanda oziosa né pleonastica. È fondativa per l’agire profondo soprattutto del docente. L’insegnamento non può essere ridotto all’apprendimento poiché ciò che ogni insegnante compie è, allo stesso tempo, un gesto e un atto etico in seno alla società e al momento storico che abita. Il compito dell’insegnamento è “accendere, in un altro essere umano, il desiderio di voler esistere nel e con il mondo in modo adulto” (G. Biesta). Professione/vocazione magnifica. Buon anno scolastico.*Delegato vescovile per la Cultura