Attualità
Vaiolo delle scimmie, cosa c’è da sapere
Sintomi tipici: febbre, dolori muscolari e spossatezza. Pochi i casi finora accertati in Italia
Dopo una catastrofica tempesta durata due anni, ecco presentarsi l’avanguardia di un nuovo sistema tempestoso che, ostinato, s’insinua nel nostro strapazzato pianeta terra. Cugino, ma molto alla lontana del ben noto coronavirus a RNA, il monkeypox, o vaiolo delle scimmie, è piuttosto affine al virus della varicella, con DNA a doppio filamento. Storicamente le malattie causate da Poxvirus, specialmente il vaiolo, sono note da secoli, iniziando dall’antico Egitto con la morte del faraone Ramses V. Questa malattia forse arrivò in Europa verso il terzo secolo. Fu poi esportata in America dai Conquistadores, causando, tra gli Aztechi, privi di anticorpi contro il virus, circa 3,2 milioni di morti. Oggi il vaiolo delle scimmie, è una malattia infettiva causata da un orthopoxvirus correlata al virus del vaiolo umano, ma meno grave e con minore diffusività. In confronto fu molto più temibile il vaiolo umano, dichiarato eliminato nel 1979 dall’OMS, in seguito a una massiccia campagna di vaccinazione tra gli anni ’50 e ’70 che ha permesso di salvare milioni di vite. Infatti, solo nel 1967, la malattia aveva colpito oltre quindici milioni di persone, causando la morte di circa due milioni d’infetti. Il poxvirus o vaiolo delle scimmie è diffuso, soprattutto in Africa, nei primati non umani e in alcune specie di piccoli roditori, come scoiattoli, probabilmente serbatoio del virus. L’infezione si trasmette da questi animali all’uomo attraverso la saliva e altri fluidi, oppure in seguito a un contatto diretto. Chi contrae il virus sviluppa in pochi giorni tipici sintomi come febbre, dolori muscolari, mal di testa, spossatezza e ingrossamento dei linfonodi. La malattia causa poi la comparsa di vescicole e pustole sul viso, mani e piedi, che possono rivelarsi molto pruriginose e con la formazione di croste. Una persona infetta può contagiarne un’altra attraverso gocce di saliva, contatti con ferite o liquidi biologici infetti, ma le vie di trasmissione nell’uomo non sono ancora completamente chiare. Infatti, alcuni si sono ammalati pur non avendo avuto contatti con animali. Forse perché il virus starebbe già iniziando a modificare la sua capacità di trasmissione. Ma soprattutto per il calo generalizzato dell’immunità dopo la sospensione della vaccinazione anti vaiolo, a fine anni ’70. Secondo ricercatori dell’Università di Chicago questa vaccinazione di massa aveva arginato le infezioni da poxvirus nell’uomo. Contagi che però hanno poi cominciato di nuovo a comparire. Più di 450 casi furono segnalati in Nigeria dal 2017. In questo periodo ci sarebbero circa cinquanta casi in Spagna (tra confermati e sospetti), trenta in Portogallo, venti in Gran Bretagna e in Canada e tre in Italia. La maggior parte dei pazienti è costituita da bambini. In Africa, il tasso di mortalità varia fra il 4 e il 22%. Terapie? Non c’è nessun trattamento provato e sicuro per l’infezione da virus del vaiolo delle scimmie, neppure i recenti antivirali tecovirimat o cidofovir. Mentre sarebbe efficace per l’85% il nuovo vaccino Jynneos, autorizzato dall’FDA nel 2019 per la prevenzione sia del poxvirus sia del vaiolo, sulla base dei dati d’immunogenicità e di efficienza per la protezione delle persone a rischio di esposizione, proprio perché il vaiolo delle scimmie è strettamente correlato a quello che causa il vaiolo umano.