L'Editoriale
Guerra e pace
La pace non dovrebbe essere un tema divisivo. Sulla pace come conditio sine qua non per una vita non solo piena ma anche concretamente possibile dovremmo essere uniti. Ci sono però principi tanto condivisibili da sembrare lapalissiani che pure si fanno di colpo utopistici nel momento in cui un altro comincia a spararci addosso. Allora o si soccombe o si cerca di difendersi, anche se è una eventualità a cui si era mai pensato prima. E’ quello che sta avvenendo in Ucraina, cronaca di una realtà del tutto estranea alle nostre logiche di pace.. Ma il mondo ci sta oggi raccontando un’altra storia.
La pace non dovrebbe essere un tema divisivo. Sulla pace come conditio sine qua non per una vita non solo piena ma anche concretamente possibile dovremmo essere uniti. Ci sono però principi tanto condivisibili da sembrare lapalissiani che pure si fanno di colpo utopistici nel momento in cui un altro comincia a spararci addosso. Allora o si soccombe o si cerca di difendersi, anche se è una eventualità a cui si era mai pensato prima. E’ quello che sta avvenendo in Ucraina, cronaca di una realtà del tutto estranea alle nostre logiche di pace, alle nostre vite senza guerra, al nostro rifiuto convinto di abbracciare le armi. Ma il mondo ci sta oggi raccontando un’altra storia.
Lo confermano le parole di mons. Vitalii Kryvytskyi, arcivescovo latino della diocesi di Kiev-Zhytomyr: “Non abbiamo scelto di fare la guerra, ma siamo stati costretti. Difendere il proprio Paese è una responsabilità civile e tutti sono tenuti a farlo e non necessariamente con le armi”. Nella sua diocesi si trovano città e paesi “martiri” tra i più colpiti dalla furia degli invasori: Bucha, Polissyia, Irpin, Vorzel” (Sir, 6 maggio).
Se prevalga il dovere di cercare la pace o quello di difendersi è uno di quei temi su cui le nostre coscienze e i nostri pensieri si interrogano e si dividono. Lo stesso accade nel mondo. E fa venire i brividi il ricordo di un iter che si ripresenta non nuovo: gli opposti schieramenti tra interventisti e neutralisti che precedettero l’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale; i tentativi, caduti nel vuoto, di portare Hitler ad una conferenza di pace subito dopo l’invasione della Polonia che innescò la seconda.
E se anche il passato non torna sempre uguale e anzi simili parallelismi sono ritenuti insostenibili e fuorvianti, resta valida, nella concretezza dei numeri e nella brutalità dei resoconti storici, la verità che dalle guerre l’umanità non ha niente da guadagnare, anzi rischia di perdere quelli che dell’umanità sono i frutti più belli, oltre alla vita stessa. Non va scordato che il primo conflitto mondiale causò complessivamente 26 milioni di morti, il secondo oltre 60 milioni.
Con la guerra “tutto è perduto” disse papa Pio XII il 24 agosto del ’39, una settima prima che tutto cominciasse e il mondo grondava di segnali che spalancavano all’abisso. Ma i papi non si ascoltano, salvo poi pretendere – o sognare – che sappiano risolvere le più ingarbugliate trame, che altri uomini creano e in cui restano poi avviluppati, perduti nei labirinti senza uscita di violenze, distruzione e atrocità. Nessuno è nato per questo.
La storia dimostra che la guerra è come un cardano: se ti sfiora ti risucchia in un vortice mortale. Per questo è importante restarne fuori. E ancor di più è importante che incessantemente si arrovellino le menti di politici, diplomatici e di chiunque abbia carte e competenze da giocare in tal senso, affinché si giunga alla fine delle ostilità. La si cerchi con insistenza, non nel nome di un sogno astratto, ma per porre concretamente fine alle atrocità in corso. “Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo” disse al mondo papa Pio XII nel citato messaggio.
C’è una parte di mondo che desidera con sincerità che le armi tacciano. C’è anche una parte di popolazione ucraina che spera lo stesso. E c’è pure una parte della popolazione russa che in silenzio va svelando l’uguale pensiero, legando di nascosto – per non subirne le conseguenze – nastrini di colore verde lungo le strade, ai pali della luce, sulle automobili segnate da quella “Z” che è di sostegno alla operazione militare speciale di Putin.
Sono piccole luci contro il deflagrare delle armi, volontà di persone le cui lacrime al momento nessuno ha asciugato. Desideri di vivere quanto ci è dato senza la brutalità più grande. Valgono ancora le parole scritte da Lev Tolstoij in “Guerra e pace”: “Se tutti andassero in guerra solo in base alle proprie convinzioni, le guerre non ci sarebbero più”. Ma quando alla volontà e coscienze dei singoli si impongono e prevalgono le ragioni di stato o la volontà di chi lo guida tutto cambia.