Pordenone
“E adesso parlo io”, Alessandro Pivetta racconta la sua storia scritta da Fabio Cavallari
Sabato 14 maggio la presentazione del libro a due anni dalla scomparsa del protagonista
Se ne è andato oltre due anni fa ma sabato 14 maggio tornerà a parlare: Alessandro Pivetta, quattordici anni in stato di minima coscienza, si racconta in un libro che viene presentato alle 17.30 sotto la Loggia del municipio. Si intitola “E adesso parlo io” (ed. Lindau) ed è, come recita il sottotitolo un “Monologo liberamente tratto da un ragazzo in ’stato vegetativo’”, scritto da Fabio Cavallari. Sì, c’è un trucco: il libro è scritto da un altro ma in prima persona, come se a raccontarsi fosse Alessandro. Cavallari poteva farlo: non solo ha conosciuto Ale fin dai tempi del documentario di Nicola Abbatangelo “If” di cui Ale era uno dei protagonisti, e ha scritto altri libri su temi affini, ma per avvicinarsi alla storia di questo ragazzo pordenonese e della sua indomita famiglia ha vissuto a casa Pivetta, ne ha scrutato la quotidianità, ha osservato Alessandro specie la mattina – spiega papà Giancarlo -, quando era più reattivo. Anzi, ha pure voluto dormire qualche notte nella sua camera, parlargli a tu per tu, con una confidenza che era solo dei genitori (mamma Loredana e il citato papà) e della sorella (Tatiana). C’è di più: sostiene (lo ha scritto su Il Popolo del 23 gennaio) di averglielo chiesto in una sera d’estate nel giardino di casa a Pordenone: “Ti piacerebbe se scrivessi la tua storia?”. Ale ha risposto di sì. Ha risposto a modo suo, con un battito di ciglia: ma era un sì.A presentarlo, nel pomeriggio di sabato 14, sotto la Loggia ci saranno i genitori, la sorella, l’autore, il sindaco, gli assessori Cucci e Parigi, i simpatizzanti della famiglia e dell’Associazione onlus “Gli Amici di Ale” (www.amicidiale.it).Il libro segue i pensieri di Alessandro, la pazienza per gli sguardi imbarazzati davanti a lui immobile e silente, le mani invadenti di estranei che lo spettinano come un bambino, l’ironia della sua risata interiore di fronte a discorsi spesso ignoranti sul senso della vita “in queste condizioni”. Potrà stupire il linguaggio fresco fino al maleducato, con le espressioni gergali di un ragazzo di oggi che a volte sbotta e – “nelle sue condizioni”- ha ragione pure lui.”E adesso parlo io” è un libro lieve ma tutt’altro che leggero. Come sostiene l’autore: vuole accendere un dubbio per il quale non c’è risposta certa e prova provata. Nemmeno le salde convinzioni dei familiari delle persone in stato di minima coscienza fanno testo, dato che il più delle volte vengono liquidate come una lettura affettiva della situazione. Eppure, i familiari sono coloro che meglio conoscono e capiscono il linguaggio silente di chi vive come Ale. Per questo Cavallari, sostiene: “In dubio pro vita”. Ma è un dubbio fuori moda se prevale “in dubio pro morte”.Il libro è stato iniziato nel 2019, quando “Il gladiatore” – così lo chiama la sorella- era ancora pronto a lottare. Dopo la sua scomparsa, l’idea sembrava accantonata. Poi deve essere venuto tutto d’un fiato all’autore che lo ha presentato fatto e finito ai genitori. Ale vi si racconta: dalla prima riabilitazione alle estati in spiaggia, dalla roulotte per i monti all’aereo per l’Egitto. Niente di pietoso né di polemico di fronte a un argomento che è molto divisivo. Ora che Ale non c’è più la sua famiglia non vuole che due cose: continuare a ricordarlo ed essere d’aiuto alle famiglie a cui è capitato di vivere la stessa esperienza. Sanno quanto ci si possa sentire soli e impotenti. Mantengono in cuore un sogno: realizzare a Pordenone una clinica specializzata in memoria di Ale.