In 100 anni: 11 direttori e 5 amministratori

11 direttori: 6 sacerdoti e 5 laici, una la donna

La storia di un giornale, piccolo o grande, è sempre stata caratterizzata dalla figura del direttore. In taluni casi, quando i periodici uscivano a un foglio, questi addirittura poteva risultare l’unico redattore, nonché l’impaginatore e il correttore di bozze (se non anche il tipografo). Ora che i giornali hanno molte pagine una situazione del genere pressoché non esiste più, ma certamente la figura del direttore, che dagli anni Venti dello scorso secolo ha la dizione di “direttore responsabile”, rimane quella che caratterizza ogni periodico. Detta la linea editoriale, sceglie gli argomenti cui dare maggior risalto, decide gli approfondimenti delle notizie e così via.E anche “Il Popolo” – per quel che concerne i direttori – non è sfuggito ai metodi che, molto sommariamente, abbiamo indicato.Oltre ad assicurarsi la collaborazione di articolisti e corrispondenti dai paesi e il lavoro di impiegati che spesso pure scrivevano, “Il Popolo” in cent’anni è stato affidato a undici direttori, anche se con varie dizioni rispetto a “gerenza” o “responsabilità”, come si dice nel linguaggio attuale. E alcuni di essi furono persino direttori “di fatto” prima di esserlo “di diritto”.

DIRETTORIIl giornale, uscito l’8 gennaio 1922, poco prima della presa del potere da parte del fascismo ne attraversò, con varie traversie, l’intero ventennio.In quel periodo diressero “Il Popolo”:- l’avvocato e deputato Giovanni Battista Biavaschi (1922-23),- l’intellettuale di altissimo livello Natale Turco (1923-27),- il cronista e amministratore Davide Coassin (1927-28),- l’avvocato e uomo di cultura, che dai fascisti fu fatto estromettere, Augusto Cassini (1928-37)- si continuò con Olivo Comelli (1937)- nell’attesa che Paolo Martina (1938-43) ottenesse l’iscrizione all’albo dei giornalisti e che affrontò i primi anni della Seconda guerra mondiale.Seguì il lungo periodo di Antonio Giacinto (1943-1974), che operò negli anni dell’occupazione tedesca, delle battaglie elettorali del dopoguerra e della ripresa economica in Italia e nel territorio diocesano. Poi, Sante Boscariol (1974-1994) introdusse una certa collegialità nella direzione non tralasciando la difesa dei posti di lavoro, oltre a riferire ampiamente su ricostruzione e rinascita dal terremoto del 1976.Otello Quaia (1994-1996) colse il mutato clima politico e sostenne con molti interventi la scuola cattolica.Bruno Cescon (1996-2016) cambiò il formato del settimanale e anche l’impostazione dei contenuti.Indirizzo proseguito, con ulteriori innovazioni, dalla direttrice Simonetta Venturin, in carica dal 2016. I direttori furono, pertanto, sei sacerdoti: Comelli, Martina, Giacinto, Boscariol, Quaia e Cescon e cinque laici: Biavaschi, Turco, Coassin, Cassini e Venturin, che è anche l’unica donna.Il settimanale ebbe anche la vice direttrice responsabile Gabriella Sartori con Boscariol e Quaia e il condirettore Antonio Zanette con Boscariol.

AMMINISTRATORIQualsiasi giornale non uscirebbe se non avesse anche un’amministrazione efficiente per i rapporti con le tipografie, con chi raccoglie la pubblicità e con chi si occupa di contabilità (azione assai importante in un periodico come “Il Popolo” basato nella totalità sugli abbonamenti). Dal 1922 agli anni Trenta il ruolo di amministratore lo svolse Davide Coassin cui subentrò Paolo Gaspardo.Dal 1960 al 2003, per oltre un quarantennio, tale incarico fu tenuto da Tomaso Boer. Coassin, Gaspardo e Boer, chi più chi meno, si occuparono pure della cronaca e dell’impaginazione del giornale. Boer fu sostituito da Nevio Bortolussi, che tenne l’incarico di amministratore fino al 2016.Da allora l’amministrazione de “Il Popolo” fa capo a Giorgio Ros, che è anche economo diocesano.Vannes Chiandotto