Glasgow Cop26, tra “accordo storico” e “solito bla bla bla”

Differenti valutazioni sul vertice. Impegni concreti sulla decarbonizzazione da cui però si sfila l’India

Mentre Greta Thunberg scrive su Twitter che l’accordo sul clima è stato un deludente bla, bla, bla e l’attivista ugandese Vanessa Nakate dice che anche se i leader mondiali manterranno le promesse che hanno fatto, questo non basterà a prevenire la distruzione della sua comunità, il premier inglese Boris Johnson afferma che si tratta di un “accordo storico”, nonostante i compromessi che ci sono stati per ottenere l’approvazione di 197 Stati. L’accordo raggiunto a Glasgow ha salvato la Conferenza dal fallimento, ma non dall’amarezza e dalla preoccupazione che non si riuscirà a mantenere l’obiettivo di limitare il riscaldamento climatico a 1,5 gradi entro il 2100.All’ultimo momento, infatti, l’India che ha in progetto di aprire 55 nuove miniere di carbone e di ampliarne 193 già esistenti negli Stati centrali del Paese, ha chiesto ed ottenuto di sostituire la parola “phase out”, cioè eliminazione del carbone con l’espressione “phase down” riduzione graduale, annacquando definitivamente la Conferenza, che si chiude con le scuse del visibilmente commosso Presidente britannico Alok Sharma, che ha sentito il peso del mondo sulle sue spalle.Risultano, però, rafforzate le iniziative per accelerare l’addio al carbone e 23 Paesi si sono impegnati per la prima volta a eliminare il carbone dalla loro produzione di energia. Le scadenze sono variabili fra il 2030 e il 2040, a seconda che si tratti di un Paese in via di sviluppo o sviluppato.La novità più rilevante, secondo l’Ansa, è che i paesi del mondo puntano adesso a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi dai livelli preindustriali. L’Accordo di Parigi del 2015 metteva come obiettivo principale i 2 gradi, e 1 grado e mezzo come quello ottimale. Con Glasgow, 1,5 gradi diventa l’obiettivo principale, e 2 gradi soltanto il Piano B. Il documento fissa anche l’obiettivo minimo di decarbonizzazione per tutti gli stati firmatari: un taglio del 45% delle emissioni di anidride carbonica al 2030 rispetto al 2010, e zero emissioni nette intorno alla metà del secolo. Il testo spinge i paesi a tagliare drasticamente anche gli altri gas serra e a presentare nuovi obiettivi di decarbonizzazione entro la fine del 2022. Alla conclusione del vertice si invitano i paesi ad accelerare sull’installazione di fonti energetiche rinnovabili e sulla riduzione delle centrali a carbone e dei sussidi alle fonti fossili. Si chiede ai paesi ricchi, responsabili in misura maggiore del cambiamento climatico, di raddoppiare i loro stanziamenti, e si prevede un nuovo obiettivo di finanza climatica per il 2024. Ma nel testo non è fissata una data per attivare il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno in aiuti per la decarbonizzazione. Uno strumento previsto dall’Accordo di Parigi e mai realizzato, visto che i paesi ricchi non vogliono contribuire. Il documento finale non prevede poi un fondo apposito per ristorare le perdite e i danni del cambiamento climatico nei paesi vulnerabili. Uno strumento chiesto a gran voce a Glasgow dagli stati più poveri. Il testo prevede solo che si avvii un dialogo per istituirlo. Sul fronte degli accordi internazionali raggiunti durante la Cop26, la novità più inattesa è il patto di collaborazione fra Usa e Cina sulla lotta al cambiamento climatico. Le superpotenze rivali accettano di lavorare insieme su tutti i dossier che riguardano il clima, dalle rinnovabili alla tutela degli ecosistemi. Nell’attesa della prossima Cop in Egitto, infine, Greta Thunberg, che ha chiesto al Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres di dichiarare il surriscaldamento globale “emergenza di livello 3,” come con la pandemia, avverte di fare attenzione allo greenwashing, cioè al rischio di un finto ambientalismo, “una mano di verde” solo superficiale