Attualità
Una bussola per capire i cambiamenti, l’Europa ci spronerà
Daniele Marini, docente di sociologia, ha presentato il libro "Lessico del nuovo mondo"
La pandemia sta sconquassando il sistema socio-economico. Occorre quindi una nuova bussola per capire i cambiamenti. Daniele Marini, docente di sociologia dei processi economici all’Università di Padova e autore di importanti analisi sul Nordest, è impegnato ad adeguare gli strumenti per poter interpretare le metamorfosi in atto. Abbiamo condiviso con lui alcune riflessioni, in occasione della presentazione in città del libro “Lessico del nuovo mondo”, pubblicato da Marsilio. Nel suo ragionamento, l’autore parte da una provocazione: “L’incertezza è l’unica certezza di cui disponiamo. La pandemia ha soltanto accelerato i tempi dei cambiamenti. Molti indicatori fanno ritenere che non sarà più come prima”.Marini dà alcuni punti di riferimento. Un caposaldo sul quale aggrapparci è il ruolo fondamentale della formazione, in ogni settore: dal lavoro alle relazioni sociali. “È un punto fermo – sostiene – per stare nelle complessità. Soltanto con le competenze si è in grado di agire concretamente nelle situazioni fluide. Per parafrasare Bauman, tutto è liquido, senza più confini. Saltano gli schemi rigidi, con rapidità di diffusione e di pervasività dei saperi. Non c’è più un tempo per studiare e un altro per lavorare, ormai è un tutt’uno e a flusso continuo”. Le valutazioni di Marini danno uno scossone al mondo del lavoro, dove la vecchia figura di Cipputi, così come rappresentata dal vignettista Altan, è sempre più marginale. Entrano invece con forza dirompente nel nuovo lessico i “lavoratori imprenditivi” con la capacità di unire l’autonomia e la responsabilità (fornite dalle tecnologie digitali) all’aspirazione di carriera, alla crescita culturale e alla valorizzazione del merito. Ma non tutto fila liscio in un Paese imballato, perché l’ascensore sociale fa fatica a muoversi, penalizzando soprattutto i giovani. Marini non ha dubbi nel prevedere alcuni cambiamenti inevitabili: “Occorrono quelle profonde riforme strutturali sollecitate direttamente dal Piano di ripresa e resilienza. L’Europa ci spronerà a fare di più”.Le trasformazioni in atto mettono in discussione anche i riferimenti tradizionali un po’ datati, che tengono ingessata l’organizzazione del lavoro: “Si fa spazio il saper collaborare con gli altri per allargare ogni tipo di rapporto. Le relazioni sono fondamentali”. Marini si rifà al passaggio virtuoso dall’io al noi, da una mobilitazione individualistica a una che definisce “coo-petitiva”, cooperativa e competitiva: dal “testa bassa e lavorare” al “testa alta e co-operare”. È così inevitabile che anche il motto friulano “fasin di bessoi” perda consistenza nella nuova grammatica sociale. “Proprio a causa della pandemia – sostiene – abbiamo potuto sperimentare come l’io e il noi, cioè la dimensione individuale e quella collettiva siano interconnesse in modo inestricabile”. Le stesse imprese si concepiscono sempre meno come unità isolate per mettersi in relazione integrata con quella che viene definita una filiera intersettoriale. A questo punto, una domanda è d’obbligo a Marini, che è un conoscitore dei nostri territori: com’è messo il Nordest nella mappa dei mutamenti economici? “Il nostro sistema produttivo – anticipa così i risultati di un rapporto di imminente pubblicazione – ha un’ossatura forte. Ha energie. È già dentro i cambiamenti. E in questa galassia, Pordenone se la cava molto bene. Distretti e filiere registrano performance di tutto riguardo. Ma bisogna continuare a investire. In situazioni fluide, è meglio non stare fermi, in contemplazione”.Sale di tono invece la necessità di potenziare gli interventi pubblici in grado di rammendare le lacerazioni che si aprono a causa di una competizione spinta. Come intervenire? “Siamo dentro meccanismi – spiega Marini – che rischiano di allargare i fronti di emarginazione e di povertà. Per non lasciare nessuno indietro occorrono politiche sociali di inclusione e nuove solidarietà”.