Diocesi
Ordinati sei nuovi sacerdoti a Concordia dal Vescovo Giuseppe Pellegrini
Omelia del Vescovo: " Carissimi ordinandi Matteo, Emanuele, Stefano, Rammani Giuseppe e i gemelli Erick e Thomas, come lo era Tommaso. Diventare presbiteri nella Chiesa significa partecipare della missione del Cristo, immedesimarsi in Lui, essere un tutt’uno con Lui"...
Diocesi Concordia-Pordenone
Omelia Ordinazioni Presbiterali
Cattedrale Concordia 3 luglio 2021
Carissimi, siamo qui radunati nella festa dell’apostolo Tommaso per fare memoria dei benefici che il Signore ci dona e per ringraziarlo perché ci nutre con la sua Parola e ci unisce nell’Eucaristia, sorgente di vita nuova. La nostra gioia e il nostro ringraziamento sono ancora più grandi per il dono che fa alla Chiesa e in particolare alla nostra Chiesa di Concordia-Pordenone di sei nuove vocazioni al presbiterato.
La festa dell’apostolo Tommaso e la Parola di Dio della liturgia ci offrono abbondanti spunti di riflessione e di meditazione sul cammino spirituale e di sequela, gettando pure una luce sulla vita di fede e sul ministero che vi apprestate ad assumere, cari ordinandi. Esaltante e significativa l’immagine di san Paolo, nella lettera agli Efesini, per presentare la Chiesa. A motivo della grazia di Dio e per il sangue di Gesù versato sulla croce per noi, è permesso a tutti il libero accesso al Padre, facendoci diventare “concittadini dei santi e familiari di Dio” (2,19). Sulla croce Gesù ci ha riconciliati con il Padre e tra di noi, edificando la Chiesa come la nostra patria e la nostra casa in cui nessuno che voglia farne parte è escluso. Proprio per questo anche noi tutti, popolo santo di Dio, siamo chiamati a formare e ad edificare la Chiesa, la comunità cristiana, come pietre vive, come popolo sacerdotale. E tra tutti i discepoli, Gesù “volle sceglierne alcuni in particolare, perché esercitando pubblicamente nella Chiesa in suo nome l’ufficio sacerdotale a favore di tutti gli uomini, continuassero la sua personale missione di maestro, sacerdote e pastore” (papa Francesco, Omelia Ordinazioni sacerdotali 25 aprile 2021). Paolo richiama l’attenzione sul fondamento di tale edificio che, costituto sugli apostoli e sui profeti, si basa su Cristo stesso, “pietra d’angolo” (2,20), che sorregge e tiene unito tutto l’edificio, in quanto è la Parola per mezzo della quale ogni cosa è stata creata (cfr. Giovanni 1,3). L’unica vera roccia è Gesù e l’unico nome che salva è il suo. Ogni credente e in particolare ogni presbitero riceve la propria identità da Cristo. Tutto quello che è e che fa, lo fa in nome di Cristo, unico fondamento della Nuova ed Eterna Alleanza.
La pagina di Vangelo ci aiuta a penetrare un po’ più profondamente l’esperienza e l’animo di Tommaso. Sempre presente nelle liste degli Apostoli del Nuovo Testamento, è soprattutto il Vangelo di Giovanni che ci offre qualche tratto significativo. “Andiamo anche noi a morire con lui” (Giovanni 11,16), dice Tommaso ai suoi amici diretti con Gesù a Betania. Tommaso è determinato nella sequela, fino a identificarsi con Gesù, condividendo la stessa sorte e la stessa vita. Essere apostolo per lui, significa viver tutta la vita con Gesù, non abbandonarlo mai, nemmeno nei momenti più duri e difficili. Une fede, quello di Tommaso, vera e appassionata. Ancora oggi in India, nell’antica Madras, una croce con un’iscrizione in persiano antico del VII secolo, ricorda il luogo del suo martirio. San Tommaso, secondo Origene, si sarebbe spinto molto lontano per annunciare il Vangelo di Gesù, dall’India fino in Siria e in Persia. Credere, però, non è mai facile, e Tommaso non vuole fingere che lo sia. Espone le sue difficoltà, la sua testardaggine, passando progressivamente dall’incredulità alla fede piena e convinta. Come scrive in un commento san Pietro Crisologo, Tommaso è il simbolo dell’inquietudine di tutti gli esseri umani. E non solo: egli guarda al futuro e, con quel dubbio, esige una risposta che possa eliminare ogni altro dubbio in tutti coloro che “non hanno visto e hanno creduto” (11,29). Senza paura possiamo affermare che san Tommaso è uno di noi!
Carissimi ordinandi Matteo, Emanuele, Stefano, Rammani Giuseppe e i gemelli Erick e Thomas, come lo era Tommaso. Diventare presbiteri nella Chiesa significa partecipare della missione del Cristo, immedesimarsi in Lui, essere un tutt’uno con Lui, assumere lo stile di vita di Gesù e dei suoi apostoli. Dal racconto evangelico desidero evidenziare due atteggiamenti che san Tommaso ha vissuto e che ritengo necessari e indispensabili anche per i pastori di oggi e per voi ordinandi presbiteri. Anche voi, carissimi, siete chiamati ad andare al di là di voi stessi, dei vostri limiti e delle vostre paure, talvolta anche oltre quello che vi piace o preferite, per abbracciare la croce e per portare la vita di Gesù attraverso la vostra vita.
° “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi … non credo” (20,25). Per credere è necessario vedere e toccare le piaghe di Gesù. Tommaso ritiene che i segni qualificanti dell’identità di Gesù siano le piaghe nelle quali si rivela fino a che punto ci ha amati. Per essere oggi un ministro della Chiesa, per essere oggi un santo prete è necessario uscire da se stesso e andare sulle strade dell’umanità per scoprire le piaghe di Gesù sul corpo di tanti fratelli e sorelle che hanno fame, sete, che sono ammalati o soli. Solo toccando queste piaghe è possibile adorare il Dio vivente in mezzo a noi. Ricordatevi che non troviamo le piaghe di Gesù se rimaniamo chiusi nelle nostre canoniche, magari davanti a un computer o tra le mura della sacrestia. Papa Francesco, ai presbiteri ordinati recentemente, ha ricordato lo stile di Dio: vicinanza e compassione. Cari ordinandi, non sottraetevi dai problemi della gente, ascoltate, siate vicini, camminate con loro e non abbiate paura di parlare di Gesù. Siate poveri che sanno amare i poveri.
° “Mio Signore e mio Dio!” (20,28). La più semplice e la più bella professione di fede. Una fede non astratta, non solo sentimentale, non teorica, ma che parte dell’esperienza, dall’incontro personale con Gesù, dalla relazione con Lui, dall’assumere il suo stesso stile di vita. Non una formula di fede, perché Gesù è il ‘mio’ Signore, il ‘mio’ Dio, il Signore della mia vita. L’unico Signore, l’unico Dio. Cari ordinandi, non misurate il vostro ministero sacerdotale sulle cose da fare, su quante strutture avete sistemato o su quante attività e incontri fate in una settimana; ma sul tempo che dedicate all’incontro con il Signore Gesù, sul tempo di preghiera, di meditazione e di adorazione che siete capaci di vivere in ogni giornata della vita. “Un sacerdote che non prega – dice papa Francesco – lentamente spegne il fuoco dello Spirito”. Sola la forza della preghiera vi aiuterà a donarvi agli altri. Il vostro ministero sia totalmente legato al ‘rimanere’ che equivale a pregare nelle diverse forme della preghiera di un prete, che trovano il centro nell’Eucaristia quotidiana. Eucaristia celebrata e vissuta con la propria gente e per la gente. Quando durante la celebrazione eleverete il Corpo e il Sangue di Cristo, esprimete sempre la vostra fede e la fede della gente con l’invocazione: “Mio Signore e mio Dio!”.
Un caro saluto ai fratelli nel sacerdozio e diaconato, ai vostri parroci, agli educatori del seminario e professori, ai vostri amici e a tutte le comunità parrocchiali che sono presenti e vi hanno accompagnato in questi anni, godendo del vostro servizio pastorale. Un saluto carico di affetto e riconoscenza ai vostri genitori, familiari e parenti, che con trepidazione e gioia vi sono vicini. Permettetemi una parola ai tanti giovani presenti. Non lasciatevi prendere dalla paura! La scelta che i nostri sei amici stanno facendo, non è una fuga dalla storia o un percorso verso l’infelicità, ma verso la gioia e la pienezza, perché scelgono di amare per tutta la loro vita ogni persona che incontrano. Una chiamata che il Signore pone ancora nel cuore di qualcuno. Chi la percepisce, non scappai via ma si metta seriamente in cammino e in ricerca. Lui vi accompagna e non vi lascia soli.
+ Giuseppe Pellegrini
vescovo