Solenne avvio della fase preparatoria della assemblea sinodale

Omelia del vescovo Giuseppe Pellegrini all'apertura della fase preparatoria della Assemblea sinodale (Corva, sabato 10 aprile)

Carissime e carissimi,è con grande gioia e con trepidazione che diamo inizio al cammino dell’Assemblea Sinodale in questo giorno particolare per me:10 anni di servizio episcopale nella nostra Chiesa diocesana di Concordia-Pordenone. Un dono inaspettato che il Signore mi ha fatto e che ringrazio continuamente.Dono di una Chiesa non solo ricca di storia e di tradizione, ma di fede e di carità. Una fede sincera, radicata nella cultura del territorio e una carità operosa che si concretizza in tante opere a favore delle persone più fragili. Siamo una Chiesa, però, che sente la fatica dei tempi odierni e la difficoltà di testimoniare il Signore Gesù risorto in un contesto culturale sempre più secolarizzato e lontano dalla fede. Quanta fatica facciamo ad individuare alcune strade nuove per portare a tutti e nel nostro tempo il Vangelo di Gesù. Non voglio seguire le mode di chi parla di una Chiesa che gioca in difesa; di una Chiesa che ha paura è che non sa come testimoniare il Vangelo; di una Chiesa che ’brucia’ e che non è più significativa. Anche se ci sono fatiche e contrarietà, ho visto una comunità cristiana che desidera essere testimone e missionaria, che sente la passione di annunciare il Vangelo, di trasmettere a tutti l’amore di Dio che nel suo Figlio Gesù è presente nella scena di questo mondo e cammina con noi. Ecco perché desidero dal profondo del mio cuore, dopo aver ascoltato numerose realtà, gruppi e comunità parrocchiali, anche nella visita pastorale; dopo essermi messo in ascolto di numerosi preti e laici, avviare il processo sinodale per la nostra Chiesa diocesana, sollecitato dai tempi odierni e stimolato dalle parole e dallo stile di Papa Francesco.È necessario rimettere in cammino la nostra Chiesa verso una dimensione nuova nel modo di vivere e testimoniare la fede. Nuova per la consapevolezza che tutti i battezzati – uomini e donne, sposati e consacrati, giovani e adulti – sono chiamati a custodire, coltivare e annunciare il Vangelo e a promuovere l’attività pastorale nelle Unità Pastorali, mettendo in sinergia comunità parrocchiali e persone che sentono come loro vocazione favorire la partecipazione alla vita della comunità.La Chiesa, per essere al passo con i tempi, ha bisogno di rinnovarsi e di riformarsi, non tanto in ordine alle verità da trasmettere quanto nella capacità di incarnare nell’oggi la Parola di Dio, nel testimoniare al mondo il suo essere Chiesa in uscita, che “sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi” (Evangelii Gaudium, 24).Il cambiamento d’epoca, come ci ricorda papa Francesco, coinvolge anche le nostre comunità. Questo cammino desideriamo farlo insieme, come Popolo di Dio. Non può più essere un cammino pensato, deciso e comunicato dall’alto! È un cammino sinodale, da compiersi insieme, con un metodo che richiede, innanzitutto, ascolto e confronto sincero, attuando il discernimento comunitario, rispettosi e attenti di tutte le prospettive e le idee che vengono presentate. Un ascolto della Parola di Dio e di ciò che lo Spirito suggerisce ad ognuno e alle comunità. Ma deve essere anche un ascolto delle molteplici parole e del vissuto di tante persone che non frequentano assiduamente le nostre assemblee, che si sentono ai margini della vita della Chiesa, se non esclusi! Ascolto anche di chi non crede! Solo così potremmo scoprire la nostra vera identità e annunciare il Vangelo con parole e gesti significativi per gli uomini e le donne del nostro tempo. Un ascolto che sarà ancora più vero, quanto più saremo capaci di dare voce a chi non ha voce, ai più piccoli, ai poveri e agli esclusi, a chi vive nelle periferie esistenziali della vita.Iniziamo il cammino sinodale guidati dalla Parola di Dio della II Domenica di Pasqua, domenica in Albis, che fa memoria della misericordia di Dio che ci è donata nel suo Figlio Gesù, morto per noi. Siamo invitati ad aprire il nostro cuore all’amore di Dio, ad accoglierlo per essere creature nuove, capaci di vincere ogni paura, ogni timore, pronti ad uscire per annunciare a tutti la gioia, il perdono e la pace. Parola che ci inserisce all’interno di un processo, di un cammino, che considera il tempo superiore allo spazio, permettendoci di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Una Parola che ci aiuta ad affrontare le difficoltà che emergono e ad accettare i cambiamenti, privilegiando la pienezza dell’esistenza umana (cfr. Evangelii gaudium 222-225).Desidero richiamare alcuni aspetti, che ritengo significativi anche per il cammino assembleare che iniziamo e che, a Dio piacendo, concluderemo nel prossimo anno. Sono semplici considerazioni che ci potranno aiutare per affrontare con fede, senza paura e con fiducia il tempo che ci sta davanti e a prendere decisioni necessarie per la vita delle nostre comunità.- È necessario partire dalla vita concreta, dalla situazione esistenziale di ciascun noi e delle nostre comunità, attenti alla concretezza dell’esistenza. Il racconto evangelico ci ricorda che la paura e la chiusura angosciavano la vita dei primi discepoli del Signore: “La sera di quel giorno … mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei” (Giovanni 20,19). E per di più Tommaso non era presente, un’assenza che creò tensione nel gruppo. Non dobbiamo mai dimenticare che la logica evangelica parte dall’incarnazione e illumina la vita di fede di ciascuno di noi e delle nostre comunità. La resurrezione non toglie la croce. Le piaghe sono presenti nel corpo glorioso del risorto, ma – come diceva don Tonino Bello – sono ferite che diventano feritoie, aiutandoci a riconoscere il Signore Gesù e a guardare gli altri, osservando attentamente chi vive in situazioni di difficoltà e di dolore. Anche nei nostri lavori assembleari, il punto di partenza dovrà essere sempre tenuto in considerazione. – Al cuore dell’annuncio del Vangelo troviamo la presenza viva del Risorto che libera dalla morte, dalla paura e dalla tristezza. Una presenza che porta gioia: “I discepoli gioirono al vedere il Signore” (20). È una felicità improvvisa, capace di riscaldare il cuore e di riaccendere il coraggio della testimonianza. Gesù ridona ai presenti lo Spirito Santo richiamando così l’atteggiamento creativo di Dio e inviando i discepoli in missione. Anche la nostra esperienza sinodale dovrà mettere al centro l’accoglienza e l’incontro con Gesù Risorto, il vivente, che anche oggi effonde il suo Spirito, inviando la Chiesa ad essere testimone coraggiosa del suo messaggio di amore. Non senza prima accoglierlo e fare la professione di fede, come ha fatto Tommaso: “Mio signore è mio Dio” (v.28). Fede che si alimenta, ieri come oggi, incontrando il Signore “otto giorni dopo” (v.26), la domenica, nella celebrazione dell’Eucaristia.- Come per Tommaso, per credere è necessario vedere e toccare. Non sono sufficienti solo le parole degli altri, ma fondamentale è incontrarsi con Gesù Risorto, fare esperienza diretta di lui. “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (v. 29). Noi cristiani, che ci nutriamo e ci incontriamo con il Signore, abbiamo un compito ben preciso per l’umanità: essere segno visibile della presenza e dell’amore del Signore. Noi siamo chiamati a portare nel mondo questi segni concreti di amore. Desidero che facciamo nostra l’invocazione che in questo tempo pasquale, la liturgia ci propone: “Donaci di testimoniare nelle opere il mistero che celebriamo nella fede”. L’esperienza sinodale dovrà aiutarci ad individuare nuove forme di evangelizzazione, di annuncio e di presenza della Chiesa nel mondo. Senza remore e senza paura, siamo chiamati ad uscire, ad andare nelle periferie esistenziali e lì, metterci accanto alle persone, ascoltarle, accogliere le loro paure, le difficoltà e i problemi. Essere ’buoni samaritani’ che si curvano sulle necessità degli altri, segno di una Chiesa che è in mezzo alla gente e che vive dove vivono le persone. – Un’ultima considerazione. Il libro degli Atti degli Apostoli ci ricorda un altro aspetto, anzi direi l’aspetto qualificante la vita della comunità cristiana di ogni tempo: la comunione, indicata attraverso l’espressione: “un cuore solo e un’anima sola” (4,32). Una comunione di vita e di progettualità che si concretizza nella forma storica di comunione dei beni per i poveri e per i bisogni della comunità. La Pasqua ci insegna che l’amore non si improvvisa, ma si costruisce passo dopo passo, lentamente, attraverso gesti concreti di incontro tra le persone e di condivisione. Il cammino sinodale dovrà abituarci a camminare insieme, ad ascoltarci, ad entrare in relazione vera e profonda tra di noi, senza pretendere che l’altro venga dalla mia parte o si converta alle mie idee. Insieme, nell’ascolto della Parola, nella preghiera e nella Frazione del pane, siamo invitati a costruire autentiche fraternità, comunità che trovano la strada che il Signore ci chiede di percorrere, per essere più ’liberi’ di portare il messaggio evangelico. Carissimi, come i due discepoli di Emmaus, lasciamoci rimettere in cammino per ritornare in città, e pieni di gioia, annunciare che Gesù non è morto e non ci ha abbandonato, ma è vivo e cammina con noi! Vi invito a invocare lo Spirito Santo perché doni alla nostra Chiesa coraggio e suggerisca nuovi cammini da vivere insieme per un annuncio del Vangelo di Gesù più incisivo e più efficace.Buon cammino sinodale.(omelia del 10 aprile)