Domenica di Resurrezione

Cristo, morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita

04.04.2021. Domenica di Pasqua

 

Mc 16,1-7 (vangelo della veglia pasquale). Le donne vanno al sepolcro, trovano la pietra ribaltata e l’angelo che spiega loro perché il sepolcro è vuoto: Gesù Nazareno è risorto e precede i suoi discepoli in Galilea. Le donne restano, sconcertate, impaurite e silenziose.

 

Gv 20,1-9 (vangelo del giorno). Maria di Magdala, visto il sepolcro vuoto, corre ad avvisare Pietro e il discepolo che Gesù amava. Vanno al sepolcro e vedono le bende afflosciate e il sudario al suo posto, dentro le bende. Il discepolo che Gesù amava, davanti alle tracce del Risorto, vede e crede.

 

Lc 24,13-35 (vangelo della sera). Due discepoli da Gerusalemme vanno verso Emmaus. Vi si aggiunge un pellegrino che, strada facendo, spiega loro come l’Antico Testamento aveva profetizzato quanto è successo a Gesù. Giunti presso a Emmaus, il pellegrino si siede a mensa con gli ospiti e spezza il pane. Questo gesto lo rivela: il pellegrino è Gesù Risorto.

 

 

1. Paolo, all’Areopago di Atene, conclude il suo intervento parlando di un uomo designato da Dio come giudice degli uomini e costituito come tale attraverso la risurrezione. Luca annota: “Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: «Su questo ti sentiremo un’altra volta»” (At 17,32). L’atteggiamento degli Ateniesi è un atteggiamento che ha attraversato tutta la storia: per la ragione umana è impossibile pensare che un morto risorga. Eppure Cristo è risorto. Ci sono i testimoni, ci sono i documenti del cristianesimo primitivo, c’è la testimonianza ininterrotta dei mistici.

 

2. La risurrezione di Gesù non è riducibile a una semplice esperienza “interiore” e “soggettiva” dei discepoli. è un fatto realmente accaduto nella storia e nel testo biblico ci sono elementi adeguati bastanti per affermarlo. Nessuno ha visto Gesù risorgere, ma gli apostoli e le donne lo hanno visto Risorto. Nessuno era nel sepolcro a contemplare la trasformazione del corpo mortale di Gesù nel corpo glorioso del Risorto, ma il sepolcro e le bende sono testimoni, silenziosi ed eloquenti insieme, del miracolo. Le tracce del Risorto sono ricche e profonde. La comunità nascente le scopre e le vive tra sentimenti contrastanti. C’è la paura di fronte al fatto inatteso e inspiegabile (Mc 16,8: “Fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento”). C’è la fede meravigliata di chi, una volta capita la Scrittura, vede le bende afflosciate e intatte (Gv 20,8) e si rende conto dell’avvenimento straordinario. C’è la gioia profonda e convinta di chi lo abbraccia vivo (Maria Maddalena). C’è l’esperienza, mediata dalla parola e dal gesto, che porta all’incontro personale con il Risorto stesso (Emmaus e pesca miracolosa sul lago).

 

3. Il nostro mondo è caratterizzato dalla finitudine: Lazzaro, la figlia di Giàiro e il figlio della vedova di Nain sono tornati in vita per tornare a morire. Gesù è risorto per sempre: appartiene a quel mondo, dove la finitudine non c’è. Con la risurrezione di Gesù l’eterno è entrato nella storia e ogni esperienza che il credente fa del suo Signore è un’esperienza che contiene la potenza dell’eternità. La storia non è più storia pura: essa, infatti, ospita già l’eternità. Il tempo non è più indefinito, ma si accorcia sempre più. Paolo già lo diceva in 1Cor 7,29: “Il tempo si è fatto breve”. I credenti celebrano la risurrezione e la celebrazione non è rappresentazione di ciò che è accaduto, ma ripresentazione: ciò che è accaduto è qui.

Con la risurrezione di Gesù la morte è stata vinta. Non ha più l’ultima parola sull’uomo. La morte è il nemico vinto e soggiogato, destinato ad essere ridotto al nulla (cfr 1Cor 15,26). La Liturgia sintetizza questo concetto con parole semplici: “O Padre,….per mezzo del tuo Figlio unigenito, hai vinto la morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna…”.

 

4. La risurrezione di Gesù è profezia perché Gesù è già ciò che noi saremo e ciò che sarà anche il creato: nuove realtà nella nuova creazione dove ci saranno cieli nuovi e terra nuova. “Per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta” (Eb 9,27). La Parola di Dio è chiarissima: non ci sono possibilità di morire più volte e di rivivere più volte (reincarnazione). A livello di anticipo simbolico la morte visita l’uomo attraverso le sconfitte, il dolore, la solitudine e tutto ciò che per davvero uccide qualche cosa dentro. Con Gesù, il cristiano vive l’esperienza della morte, ma non come situazione dove permanere, ma come passaggio dalla storia all’eternità (che, comunque, ha già in parte assaporato nella storia). Da questa visione teologica nasce in Giovanni il concetto del “già, ma non ancora”, che il cristiano vive – per esempio – nel Battesimo. Per il Battesimo, infatti, il cristiano è stato “innestato” in Cristo ed è una cosa sola con il Risorto. Il cristiano perciò è “già risorto”, ma non ancora “manifestato”: “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo…. Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.” (Col 3,1-4). Alla fine del mondo il corpo del cristiano non sarà quello che è stato lasciato dentro alla storia. Sarà un corpo nuovo, una nuova creazione: “è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità – dice s. Paolo -; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale (= corpo che obbedisce alle regole dello Spirito Santo)” (1Cor 15,42-44).