Suor Maria Grazia Mirafiori infermiera al Cro da 17 anni

La testimonianza

 

Era già infermiera prima di farsi suora. La chiamata a dedicare totalmente la propria vita al Signore era arrivata durante il servizio in una casa per malati terminali di Aids. L’aveva colpita la dedizione non giudicante delle suore elisabettine che si stavano prendendo cura di pazienti spesso condannati dall’opinione comune. Una testimonianza che l’aveva raggiunta nel profondo e che l’aveva indotta a interrogarsi intensamente circa l’orientamento da dare alla propria vita.

Stiamo parlando della chiamata arrivata inattesa a Maria Grazia ( suor Mary) che oggi è francescana elisabettina e da 17 anni opera nel Dipartimento di Chirurgia del Cro di Aviano.

“Nella mia attuale esperienza di servizio ai pazienti oncologici incontro una grande varietà di vissuti e di drammi. Ogni persona arriva con sentimenti molteplici, tra i quali prevalgono spesso rabbia e disperazione. E in tutti emerge una forza erculea per la vita. Io mi accorgo il più delle volte che la fede aiuta molto e dona un’energia quasi impensabile. E’ vero che se molti la scoprono nel momento della prova, altri vanno in crisi, l’abbandonano e si allontanano. Ma poi, quando mi fermo per un ascolto paziente, emerge quasi sempre il bisogno di Dio o comunque di valori che si proiettano in un Oltre in cui si compendiano l’Amore, la vicinanza e la condivisione. A volte bastano un momento di ascolto, un sorriso e una carezza. La fede può andare in crisi, ma c’è chi la scopre e chi la ritrova. Anche chi si definisce non credente accetta sempre una parola di speranza che vada oltre le contingenze dolorose del presente. Altrettanto vale per i familiari di questi pazienti dei quali in qualche modo dobbiamo prenderci cura. Sempre il Signore arriva per strade misteriose che a noi non sempre è dato di comprendere, anche se percepiamo che un contatto profondo è avvenuto”.

Con questo sguardo sulle profondità del mistero custodito in ogni persona, suor Mary ricorda come il divieto delle visite ai pazienti conseguente al Covid abbia aumentato in modo esponenziale negli ammalati oncologici il bisogno di vicinanza e di ascolto; e lo stesso vale per i familiari con i quali è possibile solo il contatto telefonico.

A volte suor Mary segue i suoi pazienti fino nella fase estrema presso il vicino Hospice Via di Natale. Li vede andare con consapevolezza incontro al Signore; e spesso sono i morenti stessi a trasmettere serenità e coraggio ai propri cari.

“Io credo che il Signore passi sempre, ma in questo tempo di smarrimento è stato cercato e invocato con maggiore intensità. Io ho sempre cercato di fare in modo che le persone possano incontrare il Signore: è proprio questo il senso della mia presenza tra gli ammalati oncologici. Desidero dire che ho apprezzato e sto apprezzando molto il senso di dedizione e di umanità di tutti i miei colleghi: sono convinta che attraverso questa loro profonda disponibilità passi la presenza del Signore”.

Suor Mary ricorda che la sua fondatrice, Elisabetta Vendramini, diceva alle sue suore che il loro compito fondamentale è rivelare l’Amore misericordioso di Dio. “Io non sono rimasta mai delusa da questo Amore che cerco di trasmettere ai miei pazienti dai quali ricevo molto più di quanto possa donare. Tutto mi ritorna moltiplicato: è sempre Lui a spiazzarmi con il suo Amore gratuito quale mai avrei potuto immaginare”.