Omelia del Vescovo Pellegrini alle ordinazioni del 19 marzo in Seminario

"Carissimi istituendi lettori Alex, Riccardo F., Riccardo M., Diego e Luca, e accoliti Pasquale Elio del seminario diocesano e Antonio, Martino e Vladi in cammino verso il diaconato permanente, san Giuseppe insegna a tutti noi, e in particolare questa sera a voi, ad assumere fino in fondo il ruolo che Lui ha accolto e vissuto intensamente: essere padre di Gesù..."

 

 

Nella lettera ideale che il vescovo Tonino Bello aveva scritto a san Giuseppe, mi hanno colpito due passaggi che vi propongo, perché ci aiutano a comprendere ancora di più il significato della figura di san Giuseppe nella Storia della Salvezza. “Mio caro san Giuseppe, io sono venuto qui, soprattutto per conoscerti meglio come sposo di Maria, come padre di Gesù e come capo di una famiglia per la quale hai consacrato tutta la vita. E ti dico subito che la formula di condivisione espressa da te come marito di una vergine, la trama di gratuità realizzata come padre del Cristo e lo stile di servizio messo in atto come responsabile della tua casa, mi ha da sempre incuriosito”. E quest’altra considerazione: “Hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore”. Proprio in tempo non facile, come quello che stiamo vivendo, sia per la situazione sociale provocata dalla pandemia, ma anche per la vita della Chiesa, san Giuseppe ci appare come una persona di cui sentiamo il bisogno, perché lui non si è mai perso d’animo, anche nei momenti più difficili e intricati, non si è mai arrabbiato né si perso in discorsi superflui – sappiamo che i vangeli non ci riportano parole di san Giuseppe – sapendo portare dentro di sé gli interrogativi angoscianti e più profondi della vita, e impegnandosi ad andare avanti e a trovare, con l’aiuto di Dio, delle soluzioni che gli venivano dalla sua grande fede. “Una fede – come ricorda l’apostolo Paolo ai Galati – che si rende operosa nella carità” (5,6).  

 

La figura di san Giuseppe è legata ad una parola che ricorre nelle tre letture proposte dalla liturgia: padre! Una delle parole fondamentali nella storia dell’umanità e che oggi, nella cultura post moderna, sembra necessario riscoprire. Entrano in scena tre padri. Prima di tutto Abramo, che per tre volte si dice che era “padre di tutti noi, di molti popoli” (Romani, 4,16.17.18). Abramo, che fin da subito ha creduto nell’unico Dio, ci ricorda che la fede inizia con un cammino ed è la risposta dell’uomo a Dio che aderisce alla sua volontà e al suo progetto. Abramo, passo dopo passo, conosce Dio che si è manifestato, diventando così, il simbolo di tutti coloro che nella vita cercano di dare un senso e un significato più profondo. Ci precede come un vero padre, modello di accoglienza e di disponibilità a fidarsi di Dio. Ecco la prima paternità, la paternità spirituale di tutti i credenti, la paternità nella fede. La seconda paternità è quella di Davide, preannunciata dal profeta Nathan. Questa paternità e questa discendenza hanno una caratteristica particolare: è la discendenza messianica. Il terzo padre è Giuseppe, il padre legale di Gesù.  Maria ha dato un volto umano al Figlio di Dio e Giuseppe, di discendenza davidica, lo fa vedere come compimento delle antiche promesse. La piena rivelazione di Dio nel suo Figlio, si manifesta nel Si di Maria e nel silenzio obbediente di Giuseppe che accoglie il piano di Dio anche se umanamente incomprensibile.  Questi tre padri hanno un unico punto di convergenza, Gesù.

 

Di questi tre padri, la pagina evangelica fa memoria di Giuseppe di Nazareth, il padre di Gesù, come diceva papa Francesco, capace di essere uomo, di parlare con Dio e di entrare nel mistero di Dio. Desidero riprendere qualche tratto del suo essere padre, per imparare anche noi ad essere ai nostri giorni, padri come lui. Nella Lettera apostolica Patris Corde – con Cuore di Padre – papa Francesco, ricordando il 150mo anniversario della proclamazione di san Giuseppe patrono della Chiesa universale, mette in luce i tratti caratteristici della paternità di san Giuseppe, che ha fatto dono di sé mettendosi a servizio di Gesù, descrivendo in modo tenero e toccante la paternità di san Giuseppe: padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza, padre dal coraggio creativo, lavoratore. In Giuseppe, Gesù ha sperimentato la tenerezza e la misericordia di Dio. La vocazione paterna di san Giuseppe e il ruolo che ha interpretato nella storia della salvezza è unico. Non fu un ingenuo sognatore, fu l’uomo dell’ascolto. Non si è lasciato guidare dai sogni ma dalla rivelazione di Dio. L’evangelista Matteo ci ricorda che “Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto” (1,19). Giuseppe, infatti, abbandona i suoi ragionamenti e le sue decisioni per fare spazio a Dio nella sua vita. In questo modo ha fatto della sua vita un servizio, un sacrificio al mistero dell’Incarnazione. È l’inizio della sua vera fede, che lo accompagnerà in ogni scelta, diventando l’icona perfetta del credente: camminare nella fede! Una fede che non spiana la strada, che non rende immuni o intaccabili dal male. Una fede che non toglie le difficoltà della vita né rimuove gli ostacoli, ma aiuta a riconoscerli e ad affrontarli con coraggio: “Non temere di prendere con te Maria, tua sposa” (1,20). Dio non promette nessun intervento straordinario. Fa intravedere la soluzione e incita a compierla.

 

Carissimi istituendi lettori Alex, Riccardo F., Riccardo M., Diego e Luca, e accoliti Pasquale Elio del seminario diocesano e Antonio, Martino e Vladi in cammino verso il diaconato permanente, san Giuseppe insegna a tutti noi, e in particolare questa sera a voi, ad assumere fino in fondo il ruolo che Lui ha accolto e vissuto intensamente: essere padre di Gesù, senza averlo generato biologicamente. Ogni pastore è chiamato ad essere e ad esercitare nella Chiesa e nel mondo la paternità. Ricordavo all’inizio dell’omelia quanto è importante riscoprire il ruolo del padre. L’assenza dei padri pare essere una delle piaghe del nostro tempo. Ne parla spesso anche il papa. Scrive nell’Amoris Laetitia: “Il sentimento di essere orfani che sperimentano oggi molti bambini e giovani è più profondo di quanto pensiamo (n.173). Si dice che la nostra società è una “società senza padri”. Nella cultura occidentale, la figura del padre sarebbe simbolicamente assente, distorta, sbiadita. … Il problema dei nostri giorni non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto piuttosto la loro assenza, la loro latitanza. … Inoltre oggi l’autorità è vista con sospetto e gli adulti sono duramente messi in discussione (n. 176)”.

 

Il ministero del lettorato e dell’Accolitato che ricevete sono due tappe importanti nel cammino di preparazione al ministero ordinato, per alcuni il diaconato e per i seminaristi anche il presbiterato. Tappe che sono fondamentali nella vostra vita, non solo per il domani, ma anche per l’oggi. Siete chiamati a vivere intensamente un rapporto personale e profondo con il Signore Gesù, da nutrire quotidianamente mediante l’ascolto della sua Parola e la celebrazione dell’Eucaristia. Ministeri che vanno vissuti come servizio ai fratelli e alle sorelle che incontrate nella vostro cammino. Come vivere oggi il servizio? Con lo stile di padre. Parafrasando le parole del papa, con cuore di padre, come san Giuseppe. Carissimi, preparatevi a vivere il ministero ordinato come padri. Non conta l’età e nemmeno la paternità fisica. Con cuore di padre, facendo della vostra vita un dono di sé. Gesù nel chiedere ad alcuni di voi di rinunciare alla capacità generativa, vi invita ad amare sempre, tutti e per primi. Questa è la caratteristica della paternità di san Giuseppe che ha saputo amare Gesù, Maria e tutti gli altri, con un cuore grande e libero. Se non fosse stato così, san Giuseppe sarebbe un fallito, uno che non si è realizzato pienamente, rinunciando ad amare. Non è facile un amore di padre così. Ha un valore grandissimo anche la paternità fisica. Ma sappiamo che il Signore chiama alcuni anche ad un’altra paternità, alla paternità spirituale, che chiede delle rinunce, ma soprattutto una grande capacità di amare, di amara gratuitamente, come segno dell’amore che Dio Padre ha per tutti noi. Voi ora siete chiamati ad essere padri con la Parola e con il servizio alla mensa eucaristica e ai poveri. Sono tante le persone che hanno bisogno di voi, di padri veri, che sanno amare e donare tutto se stessi. Sempre.

 

 

                                                                       + Giuseppe Pellegrini

                                                                                   vescovo