Speciali
Dieci anni di cammino con il Vescovo Giuseppe: “Un sacerdote e un vescovo sempre in movimento”
Una prima impressione confermata negli anni
Quando l’ho incontrato la prima volta, mons. Giuseppe Pellegrini con una mano teneva una cassetta di verdura, con l’altra mano mi dava il benvenuto presentandosi come il Direttore della casa, e mi aveva indicato numero e piano della mia stanza. Era il gennaio del 2007, io ero appena andato in Casa assistenti (a Roma), per i miei primi giorni di servizio in Caritas italiana. Allora mons. Giuseppe era direttore della Casa Assistenti che accoglieva (e avviene ancora oggi) alcuni preti in servizio presso gli uffici della Conferenza episcopale italiana. E, contemporaneamente, dirigeva l’Ufficio di Cooperazione Missionaria tra le Chiese.
Mons. Pellegrini ha sempre fatto tante cose insieme. È una sua caratteristica. Non si tira indietro, mai.
Nello stemma della sua ordinazione ci sono – tra gli altri simboli – una bisaccia del pellegrino e un bastone da viaggio. Ecco, lui è sempre in cammino, e allo stesso tempo spinge anche gli altri ad andare avanti, senza esitazione, incitando “fai, fai”. Non lascia in pace nessuno fino a quando non è contento di vedere qualche risultato. Non si rassegna di fronte alle difficoltà, le affronta. E in questo periodo non mancano le problematiche e le fatiche, che non sono risparmiate nemmeno a lui. Ma non si è tirato indietro.
Ogni tanto rileggo la sua omelia pronunciata il giorno della mia Ordinazione Episcopale, avvenuta a Concordia poco più di tre anni fa; in essa mi suggeriva di stare sempre in mezzo alla gente. È quello che ho cercato e che cerco sempre di fare, compatibilmente con le circostanze difficili di oggi. Non dimentichiamo che lo Spirito parla nella preghiera e nel popolo.
Nello stemma di mons. Giuseppe ci sono anche il libro dei vangeli e la parola “Andate”. Il vangelo va portato in mezzo alla gente, seminato come fermento di vita nella carne ferita degli uomini e delle donne di ogni tempo e di ogni luogo. Ma va anche riconosciuto.
In questo anno pastorale, alla mia gente ho indicato come pagina evangelica l’invito che Gesù rivolge ai suoi discepoli di dare da mangiare alla gente, utilizzando queste parole: Quanti pani avete? Andate a vedere! C’è un vangelo da portare, ma c’è un Vangelo da scoprire già vivo e che ci precede. Credo che sia questo uno stimolo che continuamente ci indica mons. Giuseppe: non perdetevi di coraggio, il Signore ci ha dato già quello che ci serve, andate a scoprirlo in mezzo alla gente. E questo è il motivo ispiratore di quando promuove iniziative che toccano tanti e diversi ambiti della pastorale: le vocazioni, i giovani, le missioni, la fraternità sacerdotale.
Il sogno di mons. Giuseppe è anche il sogno di Giuseppe: custodire il Vangelo di Gesù che ci è stato affidato, per farlo crescere nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità e nel mondo intero. E Giuseppe, all’invito dell’angelo, si alza e risponde subito, senza esitazione.
Auguro a don Giuseppe, confratello nell’episcopato, di continuare a spingerci per rispondere alle esigenze del nostro tempo, ma anche ad avere pazienza. Lo dico a me, prima ancora che a lui.
Permettete, concludo con una battuta: se al posto di san Giuseppe ci fosse stato don Giuseppe, forse Gesù non sarebbe stato trent’anni nella casa di Nazareth!