3 febbraio San Biagio: un culto e una devozione molto diffusi in Diocesi

la biografia di un santo la cui devozione è molto diffusa in diocesi. Il protettore della gola ricordato il 3 febbraio

BIOGRAFIA E CULTO

i sono più Santi di nome Biagio celebrati in Italia, ma quello che maggiormente coincide con l’iconografia e la tradizione è il Santo che si celebra il 3 febbraio. Anche per San Biagio, come per tanti Santi dei primi secoli, le scarse e incerte notizie storiche si uniscono a una ricca fioritura di leggende.Il culto del Santo è molto diffuso in Oriente ed Occidente. Biagio era un cristiano esemplare che il popolo di Sebaste in Armenia acclamò Vescovo. Si ritirò a vivere in una grotta, protetto dagli animali. Catturato durante la persecuzione di Licinio nel 316, non abiurò la fede e venne condannato a morte.In cella compì alcuni miracoli: guarì un ragazzo che stava per soffocare causa una lisca di pesce che gli si era conficcata in gola. Ecco perché è invocato a protettore della gola.Fu decapitato dopo aver subito una tortura con dei pettini di ferro, utilizzati per cardare la lana. L’attributo principale del Santo che spesso veste i paramenti dei vescovi, è il pettine da cardare.Le sue spoglie furono portate nell’ottavo secolo verso Roma. Una tempesta fece terminare il viaggio a Maratea, dove venne costruita una basilica in suo onore. Non tutto il corpo riposa a Maratea, ma alcune parti in altri luoghi d’Italia e anche a Ragusa (Dubrovnik). Sono reliquie molto venerate.E’ patrono o protettore di molte città, di pastori, agricoltori, cardatori di lana, suonatore di strumenti a fiato.Invocato contro il mal di gola. In molti luoghi è in uso il rito della benedizione della gola con due candele incrociate, benedette il giorno precedente il 3 febbraio, festa della Presentazione di Gesù al tempio, detta “La candelora”.

TRA FEDE E DEVOZIONR POPOLARE

iovedì 3 febbraio 1944 – si legge nel diario di un cronista pordenonese – abbiamo iniziato la giornata con la consumazione delle mele, benedette la vigilia dell’Epifania, ricorrendo oggi la festa di San Biagio, protettore contro il mal di gola”.Mentre nelle poche parrocchie del Friuli Occidentale che dipendono dalla diocesi di Ceneda-Vittorio Veneto si benedicono le mele e altri frutti il giorno stesso di S. Biagio, nel Friuli concordiese, si mangiano a S. Biagio le mele benedette la sera del 5 gennaio (Informazioni raccolte dal. Prof. Giosué Chiaradia). L’antico rito della benedizione aquileiese dell’acqua, del sale e della frutta celebrava il mistero del Battesimo di Cristo nelle acque del Giordano, si tratta di un elemento che indica chiaramente per Oriente e Occidente, una matrice comune.La benedizione dell’acqua, la vigilia dell’Epifania, era la celebrazione del Battesimo del Signore. La festa a sé stante del Battesimo di Gesù fu costituita solamente nell’anno 1955, celebrata il 13 gennaio. Nel Rito Romano invece la domenica dopo l’Epifania. Non esisteva quindi prima del 1955 una festa a sè stante in memoria del Battesimo di Gesù, ma nella tradizione aquileiese e di alcune zone della Dalmazia proprio questa benedizione dell’acqua il giorno precedente l’Epifania lo celebrava in maniera solenne.L’acqua benedetta, secondo la tradizione, veniva conservata a casa per benedire il cielo all’approssimarsi di tempesta e forti temporali estivi, a volte con un ramo d’olivo benedetto la domenica delle palme, oppure serviva in caso di un lutto per benedire la salma.Le mele, invece, appena portate a casa venivano conservate al fine di garantirne il mantenimento fino al 3 febbraio (San Biagio) quando venivano mangiate di primo mattino per preservare dai malanni del mal di gola. Nulla veniva buttato, se mai bruciato.Con le mele qualcuno portava a benedire un’arancia. Questa la tradizione che nelle famiglie della diocesi di Concordia Pordenone ancora oggi si ripete.Una gentile signorina docente di Fossalta di Portogruaro, dove sorge “el cesiol” di San Biagio, ci ha raccontato che ” poneva e tuttora pone la mela benedetta in una retina e appesa in luogo buio e fresco per conservarla fino al giorno di San Biagio”.La medesima collaboratrice ricorda che, benedetto il sale portato in piccoli cartocci, al termine del rito in parrocchiale il sacrestano Venanzio detto “Nansio” passava tra la gente a raccogliere un po’ di sale da ogni cartoccio per riporlo in uno più grande. Secondo una sua interpretazione quel sale, in tempo di miseria, serviva per i Battesimi.A questa tradizione della nostra diocesi, se ne aggiungono altre, la benedizione del pane e quella di una fetta di panettone natalizio nel milanese, da consumare a San Biagio a protezione della gola: è l’ultimo panettone dell’anno.

IL SANTO IN DIOCESI

el territorio dell’antica diocesi di Concordia a dispetto della grande fortuna che a livello popolare ha conosciuto anche da noi il culto di San Biagio, esso lascia meno tracce di quello che ci si possa aspettare in quanto ad intitolazioni di chiese. Sappiamo invece che nel 1584 gli altari a lui intitolati erano in tutto una decina. A ben guardare però le attestazioni relative al culto per il Santo di Sebaste sono molto più numerose se si vanno a contare ancone votive, capitelli ed altre testimonianze della devozione popolare. La distribuzione del culto è concentrata soprattutto nella media e bassa pianura” (informazione tratte da Eugenio Marin).A Fossalta di Portogruaro si trova “el cesiol di San Biagio”. Alla periferia di Alvisopoli, lungo la strada provinciale che conduce a Fossalta, su uno spazio erboso sorge un piccolo oratorio, “un cesiol” dedicato a San Biagio. Era in realtà un edificio molto più grande e di antichissima costruzione. La tradizione vuole che la chiesa di San Biagio fosse la più antica tra quelle erette nel territorio fossaltese e che abbia servito a lungo come chiesa parrocchiale al posto di quella del capoluogo. Sul “cesiol di San Biagio” molto si è scritto da parte di mons. Leonardo Zannier, mons. Giovanni Della Valentina, parroci di Fossalta, Eugenio Marin, Andrea Battiston, attingendo a vasta documentazione, visite pastorali, a partire da quella del Nores, che avrebbe voluto l’abbattimento della primitiva chiesa e decretò il trasferimento della “fraglia di San Biagio” nella parrocchiale di San Zenone. Abbattuto o ridimensionato, certamente restaurato, l’ultima volta nel 1963 a cura della Cassa Rurale artigiana San Biagio, più vicino ad Alvisopoli che a Fossalta “el cesiol di San Biagio” ha visto interventi a spese dei Mocenigo, della contessina Amalia nel 1910 sulla pala d’altare con la Vergine il Bambino, San Biagio e Santa Fosca (vedi foto in alto).La chiesa o meglio “el cesiol di San Biagio” – come vuole ricordare la nostra informatrice in loco – è ancora uno degli edifici sacri più significativi di Fossalta. L’informatrice ci ricorda la celebrazione del 3 febbraio. La gente da tutte le frazioni arrivava in bicicletta, mettendola poi nei fossati laterali alla strada, all’epoca tanto frequentata. L’ultima celebrazione fu tenuta da don Lino Pigatto. Si celebrava all’esterno perché el cesiol ospitava poca gente. Si procedeva alla benedizione della gola. Freddo, tanto freddo. Nella parrocchiale di San Zenone San Biagio è in una pala di Giacomo Carneo. Dedicata a San Biagio è la parrocchiale di Cinto Caomaggiore. La chiesa nel tempo è stata più volte modificata, fino al secolo scorso, quando venne rifatta la facciata, causa la caduta della precedente. Un tempo nei pressi di Cinto esistevano una serie di boschi, tre con piccole comunità, uno era chiamato di San Biagio. A questo, dove tanti erano il lupi, pare risalga l’intitolazione della parrocchiale. Il Santo, oltre ad essere protettore della gola, lo è anche contro gli animali che assalgono.A Istrago un’altra parrocchiale intitolata a San Biagio. Ogni anno la ricorrenza liturgica del Santo è celebrata solennemente. Durante i primi giorni di febbraio ogni fedele può recarsi presso la chiesa del paese per avere i tre simboli del Santo: il pane benedetto, le candele e il santino con la preghiera. Il giorno 3 la messa e la benedizione della gola. Il sacerdote incrocia al collo dei fedeli due candele benedette, invocando la protezione di San Biagio con queste parole: “Per le preghiere e i meriti di San Biagio, Dio ti liberi dai mali della gola e da ogni altro male”.La Parrocchiale di Manazzons, rifatta dopo il terremoto del 1976, è pure dedicata a San Biagio. E’ stata unita a quella di Pinzano dedicata a San Martino nel 1978. A Giais, nella campagna avianese, sorge l’oratorio di San Biagio. Tra i tanti altari dedicati al Santo ricordiamo quello in duomo concattedrale di San Marco a Pordenone con pala del Fogolino.