Pandemia, scuola e comunità

Da più parti si chiede, anche in maniera veemente e sconclusionata, la ripresa delle attività scolastiche in presenza e lancia strali contro tutti e tutto perché ciò non avviene. La richiesta in sé è legittima, ma la realtà dice altro. 

In questi giorni scorre sugli schermi TV una simpatica pubblicità, mostra una bambina che reca in dono ai tutti i condomini del suo palazzo una fetta di torta sottratta alla mamma – e si conclude così “È bello far parte di una comunità”. Nel primo, rigido e necessario lockdown, iniziato a marzo dell’anno scorso, il paese Italia ha reagito come una comunità che si fa carico di sacrifici, fatiche, limiti per il bene comune. Il tuo bene è il mio bene, le tue fatiche sono le mie fatiche, i tuoi sacrifici sono i miei sacrifici.Ora pare che tutto ciò si sia molto stemperato, se non addirittura evaporato. Ciò che maggiormente sconcerta sono i comportamenti sciagurati che molti si ostinano a manifestare, senza la cura del bene comune.Da più parti si chiede, anche in maniera veemente e sconclusionata, la ripresa delle attività scolastiche in presenza e lancia strali contro tutti e tutto perché ciò non avviene. La richiesta in sé è legittima, ma la realtà dice altro. Il numero dei contagi, il rapporto tamponi/contagiati, il mitico Rt, la saturazione a livelli di collasso degli ospedali, lo sfiancamento degli operatori sanitari ci dicono inesorabilmente che aprire del tutto le scuole – come tutti desideriamo e vogliamo – al momento non è possibile. Non solo, tutti dovremmo cambiare stili e abitudini, almeno temporaneamente. Se vogliamo i nostri figli a scuola allora noi adulti dobbiamo evitare assembramenti, lo spritz serale, i luoghi della movida, le frequenze parossistiche nei centri commerciali eccetera eccetera affinché i parametri sopra detti abbiano da ridursi significativamente e i nostri ragazzi possano riprendere la frequenza scolastica in sicurezza. Ma questo non avviene.Sta a dire – forse – che la Scuola non è propriamente al centro dei nostri interessi!?Dobbiamo riscoprirci comunità capace di sacrifici e rinunce per le nuove generazioni, come quella bimba che rinuncia al dolce preparato dalla mamma e lo redistribuisce fra i condomini.Siamo chiamati tutti a rinunciare a parte della nostra libertà, ad agire esemplarmente per richiedere ai nostri giovani comportamenti altrettanto esemplari e così riprendere quanto prima la vita ordinaria. Questi nostri comportamenti così altamente responsabili sono la vera educazione civica per gli studenti italiani, che non può limitarsi alle sole conoscenze contenutistiche.Le aspettative riversate sui vaccini non devono esimere nessuno di noi dalle proprie responsabilità se vogliamo lasciare spazi vitali ai ragazzi e ai giovani: luoghi di relazione, di confronto, di adultità. A loro in questi mesi manca tutto ciò, ce lo dicono, ce lo fanno capire, magari anche scompostamente, e noi adulti dobbiamo raccogliere questa emergenza/sfida rispondendovi adeguatamente a partire dalle nostre scelte comportamentali e di fondo. Ciò è possibile.Sempre nel rispetto delle dovute cautele e precauzioni, in queste vacanze natalizie, diverse comunità cristiane si sono attivate per coinvolgere positivamente e in prima persona i ragazzi e i giovani con risultati lodevoli, dove il grazie degli stessi traspariva dai loro volti, dalla felicità del potersi ritrovare e lavorare insieme nelle modalità proprie dell’età, dall’assiduità della loro presenza. Comunità di adulti a servizio dei giovani, a servizio di tutti.*Dirigente scolastic