Il Vescovo Pellegrini a San Vito nel primo giorno dell’anno 2021

Omelia del Vescovo Giuseppe, 1° gennaio 2021, chiusa con questo invito: "Prendendoci cura gli uni degli altri, amiamo come ama Dio. Non ci sono altre opzioni; questa è l’unica via per un futuro migliore!"

OMELIA SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELLA MADRE DI DIO – 54° GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

LA CULTURA DELLA CURA COME PERCORSO DI PACE

Duomo di San Vito al Tagliamento, 01 gennaio 2021

Carissimi, iniziamo il nuovo anno con tanta speranza anche se siamo ancora immersi nella tragedia del Covid che porta dolore, sofferenza e tanta paura dentro di noi, nelle nostre famiglie e in tutto il mondo. Siamo qui raccolti in preghiera consapevoli che la gioia e la serenità non sono frutto solamente dei nostri sforzi e delle nostre capacità, ma sono un dono di Dio da invocare e chiedere. Infatti, per evitare il peggio non serve consultare l’oroscopo ma affidarsi a Dio che ci ama e che vuole il nostro bene. “Ti benedica il Signore e ti custodisca … rivolga a te il suo volto e ti conceda la pace” (Numeri 6, 24.26). Con questo augurio la Parola di Dio ci fa iniziare nel migliore dei modi il nuovo anno, invitandoci ad accogliere la benedizione di Dio. Benedire significa donare agli altri la propria forza. Con la sua benedizione Dio ci trasmette la sua potenza e il suo amore perché noi possiamo vivere in pienezza la nostra vita, dentro la storia umana, diventando a nostra volta i suoi testimoni e portatori nel mondo della sua benedizione.

È significativo iniziare il nuovo anno sotto lo sguardo e la protezione di Maria, venerata con l’antichissimo titolo di Madre di Dio – Teotòkos – in sintonia con i nostri fratelli ortodossi. In questo modo la Chiesa vuole mettere sotto la protezione di Maria il nuovo anno. Lei e la madre di Dio, perché Gesù, il figlio di Dio, si è fatto uomo attraverso di Lei. Venerando Maria noi siamo invitati ancora una volta a fissare il nostro sguardo su Gesù che ci offre la salvezza e l’amore. È lui che siamo chiamati ad accogliere e seguire. La parola di Dio proclamata in questa festa, ci ricorda che con l’incarnazione, Gesù entra nella storia e nella vita di un popolo, assumendone tutte le conseguenze. “Quando venne la pienezza del tempo – dice san Paolo nella lettera ai Galati – Dio mandò il suo figlio, nato da donna, nato sotto la legge” (4,4-5). Con l’incarnazione Gesù è entrato nel mondo e nella storia, facendoli divenire tempo di salvezza per tutti. Anche il Vangelo odierno di Luca ci presenta Gesù che sottomettendosi alla legge ebraica, gli viene affidato un nome. Per la cultura ebraica il nome indica la realtà stessa, l’essenza della persona, la missione che Dio affida a ciascuno. Il nome Gesù significa Dio salva, Dio è la mia salvezza. Nel testo di Matteo, con le parole dell’angelo a Giuseppe, viene esplicitato il significato del nome di Gesù: “Lo chiamerai Gesù: Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (1,21). Gesù è presentato al tempio per consacrare tutta l’umanità, per accoglierci e per dare un significato pieno alla nostra vita. Attraverso Maria, Gesù è entrato nella storia umana diventando nostro fratello. Gesù è il Dio con noi, colui che dall’interno ci conosce, ci ama e vuole solo il nostro bene, vuole che noi siamo felici. Veramente quella gioia e quella felicità che noi cerchiamo, il futuro che desideriamo più bello, ha un volto è un nome: Gesù. Gesù salva, lui è il principe della pace.

Carissimi, il nuovo nome della salvezza messianica è la pace. Gesù viene e ci porta la pace, che non è solo una serenità esteriore o un sentimento passeggero, ma la pace interiore e necessaria, che sentiamo nel profondo di noi stessi, nel nostro cuore, e attraverso di noi si diffonde nel mondo intero. Il significato del termine pace in ebraico, Shalom, indica la pienezza e la totalità dei beni messianici, che è il nome stesso di Dio. “Gesù è la nostra pace” (Efesini 2,14). La pace è un impegno da accogliere e vivere per tutta la vita. Non è un caso che tra le Beatitudini, che rappresentano il progetto di vita che Gesù ci ha lasciato, ci sia: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Matteo 5,9). Sono beati, fortunati e felici quelle persone che quotidianamente edificano e vivono la pace, coloro che creano relazioni di pace.

Da 54 anni la Chiesa celebra nel primo giorno dell’anno la Giornata Mondiale della Pace. Per la giornata di quest’anno Papa Francesco, provocato dagli avvenimenti e da quello che viviamo in questo periodo, fissa l’attenzione sull’importanza del prendersi cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una nuova umanità, una società più giusta e più accogliente, fondata sull’amore. Tema di quest’anno: “LA CULTURA DELLA CURA COME PERCORSO DI PACE”. Scrive all’inizio del messaggio: “Alle soglie del nuovo anno … duole constatare che accanto a numerose testimonianze di carità e solidarietà, prendono purtroppo nuovo slancio diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia e anche guerre e conflitti che seminano morte e distruzione” (n.1). È necessario che sempre più prenda piede la cultura della cura, per vincere la cultura dell’indifferenza, dell’odio, dello scontro tra popoli che è ancora presente nella nostra umanità. Le due ultime encicliche di papa Francesco: Laudato sii e Fratelli tutti, esprimono in profondità il significato e il valore del messaggio di quest’anno. Come uomini e donne di buona volontà, come credenti, dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri e prenderci cura del creato, perché solo così potremmo essere costruttori di una umanità nuova e di un mondo felice. Gesù è inviato dal Padre per prendersi cura dei malati nel corpo e nello spirito; è il buon samaritano che si china sulle persone ferite. E tra le tante povertà e sofferenze che l’umanità vive, le guerre e le distruzioni sono ancora presenti. Scrive papa Francesco nella Fratelli tutti: “Nel nostro mondo ormai non ci sono solo ‘pezzi’ di guerra in un Paese o nell’altro, ma si vive una ‘guerra a pezzi’, perché le sorti dei Paesi sono tra loro fortemente connesse nello scenario mondiale” (n. 259). Non sono solo racconti che vediamo nei media, è la tragedia di tantissime persone che a causa della guerra, dei bombardamenti e delle distruzioni, sono costrette a fuggire lasciando dietro di sé non solo le proprie case ma il proprio cuore!

Desidero richiamare l’attenzione di tutti, su un passaggio significativo del messaggio del papa: “Quanta dispersione di risorse vi è per le armi, in particolare per quelle nucleari, risorse che potrebbero essere utilizzate per priorità più significative per garantire la sicurezza delle persone, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari. Anche questo, d’altronde, è messo in luce da problemi globali come l’attuale pandemia da Covid-19 e dai cambiamenti climatici. Che decisione coraggiosa sarebbe quella di costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari un “Fondo mondiale” per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri” (n.7). Riporto quanto ho detto nell’omelia di Pasqua: “Per il contenimento del contagio, giustamente il governo ha chiesto di fermarci tutti e di fermare le industrie, tranne quelle essenziali. Peccato che siano state considerate essenziali le fabbriche di armi. Continua così l’assemblaggio degli F-35 da 150 milioni l’uno. Quanti respiratori, mascherine o posti letto si potevano realizzare?”. La conferenza delle Nazioni Unite, il 7 luglio 2017 ha approvato il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN) che dovrebbe entrare in funzione il 22 gennaio 2021. Uso io il condizionale, perché il Consiglio politico della NATO si è opposto a questo trattato in quanto non riflette il contesto di sicurezza internazionale e non tiene conto del trattato precedente del 1970 di non proliferazione! Ci

ricorda papa Francesco che: “Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. Domandiamo alle vittime. Prestiamo attenzione ai profughi, a quanti hanno subito le radiazioni atomiche o gli attacchi chimici, alle donne che hanno perso i figli, ai bambini mutilati o privati della loro infanzia. Consideriamo la verità di queste vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace.” (Fratelli tutti, 261). Sono riflessioni che come credenti ci devono far riflettere e anche farci prendere qualche posizione perché i nostri governi veramente si prendano cura della salute e delle povertà, riducendo le spese militari

Concludo con un invito alla preghiera, perché il Signore apra i nostri cuori e ci dia il coraggio e la forza per essere tutti noi, autentici operatori e costruttori di pace, disposti ad avviare processi e a sporcarci concretamente le mani, con audacia e coraggio. Prendendoci cura gli uni degli altri, amiamo come ama Dio. Non ci sono altre opzioni; questa è l’unica via per un futuro migliore!

Buon anno 2021 a tutte e a tutti.