Lo Psicologo
“Se divento invisibile tutto è più sopportabile”
Gli adulti non facciano indagini ma mostrino piuttosto curiosità per il mondo dei ragazzi
Iris, nome di fantasia, è una giovane ragazza di 15 anni che spinta dei genitori è giunta al consultorio ed alla consulenza con me.Mamma e papà sono molto preoccupati per gli atteggiamenti di chiusura o ostilità che Iris mostra in casa con loro. La scuola inoltre da tempo non rientra nei suoi interessi.Apparentemente timida, un po’ impaurita, fatica a raccontarmi di sé e della sua vita. Mano a mano che il nostro primo incontro prosegue la vedo distendersi, sciogliersi un po’ quasi come un soldato che capisce di non avere di fronte un nemico. Questa impressione si forma nella mia mente e mi accompagna anche negli incontri successivi.Un giorno, al nostro quinto colloquio, mi racconta che quando va a scuola si sente come in guerra. Le chiedo se può specificarmi meglio questa cosa e prosegue affermando che a scuola per “loro”, intendendo quelli come lei cioè quelli che non stanno dalla parte dei “conformisti “(sue parole), ogni giorno entrare a scuola significa doversi difendere, difendersi dagli attacchi, dall’essere oggetto di giudizio e discriminazione. Ma lei aggiunge di aver trovato una soluzione: sparire. “Se divento invisibile allora è più sopportabile, così me ne sto in disparte, non parlo con nessuno e casomai trovo amicizie da altre parti (sotto inteso: internet) dove non sono esposta a tutto quello che c’è a scuola”.Questo breve spaccato credo renda bene l’idea di quale punto di vista possa avere un giovane studente rispetto ad un ambiente, quello scolastico, che mano a mano che gli anni avanzano diventa sempre più complicato da vivere e gestire. Non entrerò qui in maniera dettagliata sui vissuti adolescenziali e sulle problematiche connesse, quello che mi pare utile sottolineare è che dietro ai comportamenti manifesti che come genitori si può registrare ed osservare in famiglia, vale la pena pensare che ci siano dei vissuti che li sostengono e che è lì che è necessario provare ad intercettare i ragazzi. Certamente il mio ruolo di psicologo facilita le cose perché non ho altre implicazioni che intervengono come per un genitore, tuttavia non è una missione impossibile. La parola d’ordine è curiosità. Dimostrarsi curiosi di conoscere il mondo dei figli è un ingrediente necessario. Curiosità e non indagine, curiosità e non controllo. “Raccontami come è fatto il tuo mondo, fammelo conoscere”: testimoniare questo atteggiamento comunica anche che posso sopportare l’idea che in questo momento sia orrendo. Inoltre posso anche aprirmi alla scoperta di spazi sconosciuti, di dinamiche imprevedibili (posso garantire che sentire i racconti di come i ragazzi utilizzano chat e simili per comunicare tra loro apre ad una creatività imprevista). E’ un esercizio di conoscenza quello che va fatto, con coraggio perché se noi adulti siamo coraggiosi allora anche loro possono pensare di esserlo.