Favola di ferragosto

Un bambino malato che deve essere vegliato h24. Un papà piccolo imprenditore. La crisi che si mangia la fabbrichetta e si porta via la casa... un paese che si mobilita per loro e poi il Covid19 che blocca tutto fuorché il fallimento... ma ecco che l'impossibile si avvera: come nelle favole

E’ un ferragosto di ferie diverse, spesso a km quasi zero, in un’estate anomala di svaghi a febbre controllata e doverosa distanza. Mentre nel mondo continuano i contagi e incalzano ricerche e lotte per un vaccino che sia scudo a questo virus devastatore di vite ed economie, bypassando la politica che avvampa a singhiozzo in vista delle elezioni di settembre, ci sia concesso – scivolando verso ferragosto – il tempo sospeso di una favola dei nostri giorni.

E’ successa a Piazzola sul Brenta (Padova), dove una famiglia – una coppia con tre figli e fabbrichetta – ha consumato negli ultimi anni un doppio dramma.

Da una parte il figlio maschio, Leo, colpito dalla sindrome di Dravet, un’encefalopatia epilettica refrattaria altamente invalidante. Una malattia che richiede assistenza ininterrotta: qualcuno accanto giorno e notte, pronto a intervenire in caso di crisi. Così Leo vive attaccato a mamma Martina. La loro casa a due piani si è adattata a lui, che vive al piano terra tra letto e carrozzina. E mamma Martina lo veglia notte e giorno, dividendo un lettone: Leo non può essere lasciato solo neanche quando dorme.

Dall’altra parte il papà con la sua piccola azienda di saldature. Ma la crisi, che gira da tempo anche a nordest, si fa sentire: la fabbrica va in sofferenza, i debiti salgono fino a farsi insormontabili. Arriva la richiesta di sfratto.

E l’ora più buia: alla malattia di Leo, che intanto cresce, si somma il fallimento. La famiglia sta perdendo tutto, si trova senza entrate e casa. E Leo?

Per ricomprare all’asta quella casa speciale, fatta su misura per il figlio, servirebbero oltre duecentomila euro: troppi per chi ha appena perso tutto.

Ma è nei paesi si nasconde il cuore buono della gente. Il paese si mobilita e, capitanato dalla Pro Loco, all’inizio dell’anno dà vita ad una corale ricerca di risorse: i negozianti espongono le cassette pro Leo, si mettono in calendario iniziative per la raccolta di fondi. Nessuno poteva certo immaginare l’arrivo del Covid 19 e l’isolamento, i negozi chiusi e il blocco di ogni cena benefica. Così tutto si è fermato, senza che le cassette per Leo fossero piene a sufficienza.

Solo una cosa ha continuato a girare: il contatore dei giorni utili per ricomprare la casa con l’indicatore fisso al 3 settembre.

Ed è qui che il dramma si trasforma in favola: come se fosse possibile che, ogni tanto, i benefattori dal cuore d’oro escano dai libri per vedere se al mondo c’è qualcuno che ha bisogno di loro. E così sulla storia di Leo e della sua famiglia si sono posati gli occhi attenti e il cuore generoso di qualcuno che versato la cifra necessaria all’acquisto. Lo ha fatto ponendo una sola condizione: rimanere anonimo, anche per la famiglia stessa.

Così è stato: ora la casa è intestata alle due sorelle di Leo, con un vincolo di destinazione in favore del fratello meno fortunato.

Ma, siccome il bene è contagioso, mamma Martina ha ringraziato e rilanciato: mette a disposizione il capannone della ex azienda per farne un centro diurno per bambini disabili. Vorrebbe attrezzarlo, sistemarne gli esterni ed accogliere animali per la pet therapy. Lo spazio c’è e lei, che lo ha appena riavuto in dono, lo offre, in comodato d’uso, a chi vuole investire in questo sogno sociale. E’ proprio vero: l’avidità sottrae, il bene moltiplic