L'Editoriale
Un’estate di nuvole nere
Che sia estate lo dice il caldo, ma all’orizzonte di questa anomala stagione, anch’essa colpita dal virus, si stagliano nuvoloni neri. Lo spettro che incombe ha due volti. Da un lato quello sanitario, dall'altro quello economico. Pesantissimi entrambi
Che sia estate lo dice il caldo, ma all’orizzonte di questa anomala stagione, anch’essa colpita dal virus, si stagliano nuvoloni neri che nessuno spensierato tormentone riesce ad allontanare.
Lo spettro che incombe ha due volti. Da un lato quello sanitario, con il timore non immotivato di recrudescenze autunnali di una pandemia altrove tuttora feroce e che solo i nostri corretti comportamenti possono contenere.
Dall’altro quello economico, con i primi bilanci dei mesi passati e le stime per quelli che verranno. Sono quaderni dolenti ma è giusto conoscerli, senza illusioni e negazionismi.
Nel quadro dipinto dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), le economie mondiali subiranno nell’immediato futuro un crollo del Pil: dell’8% in America del Nord, 9% quella del Sud, 4-5% India e Cina (l’unico paese sul pianeta che non andrà in recessione nel 2020), 7-8% Germania e Paesi Bassi, 10% Regno Unito. I peggiori, col -12%, risultano Francia, Spagna e Italia (per la quale si parla di -14% in caso di seconda ondata e di un debito pubblico in salita dal 134,8 al 166% del Pil).
L’Istat con i suoi dati reali ha confermato: nel primo trimestre 2020 il Pil italiano ha già segnato un -5,3% a fronte della contrazione dei consumi. Una tendenza mantenuta dopo il lockdown: gli italiani hanno meno e spendono meno.
Nuvoloni oscurano anche il fronte occupazione: l’Ocse ha prospettato un picco di senza lavoro del 12,4% per il 2020, in timida ripresa nel 2021 (11%). Soffre il popolo dei precari, che non hanno aiuti come la cassa integrazione. Soffre quello delle partite iva (l’80% ha subito un calo di reddito) e dei lavoratori autonomi (uno su tre ha perso almeno metà delle sue entrate). Non va meglio alle imprese: 270 mila sono dette a rischio. Una parte del commercio è in ginocchio, grandi e piccole realtà, fatta eccezione per gli alimentari. Il turismo lamenta presenze dimezzate anche a luglio.
Venendo alla situazione di casa, la fondazione Think Tank Nord Est ha pubblicato uno studio secondo il quale col lockdown le imprese del Friuli Venezia Giulia hanno perso quasi 5 milioni di fatturato; un miliardo quelle del Veneto Orientale. Nessuna schiarita per il futuro: secondo la stessa fondazione metà delle imprese rischia di essere senza lavoro tra tre mesi. Drammatico dato locale che riecheggia quello nazionale rivelato dalla Banca d’Italia: il 38,8% delle imprese denuncia fattori economici e organizzativi che le portano a rischio chiusura entro l’anno, coinvolgendo in questo 3,6 milioni di addetti.
La Camera di commercio di Pordenone e Udine, qualche giorno fa, ha fotografato la situazione del territorio: crollo dei fatturati per l’80% delle imprese (83% a Pordenone e 79% a Udine), crollo degli ordinativi (in media per il 75%). Il Covid19 ha avuto un impatto negativo sul 70% delle imprese, spingendole a modificare struttura organizzativa (nel 45% dei casi) o modalità di approvvigionamento, produzione e distribuzione (37%). Il 66% delle aziende ha fatto ricorso alla cassa integrazione e agli strumenti di sostegno messi in atto per i lavoratori dipendenti. Un’impresa su cinque ha sospeso l’attività, il 35% l’ha ridotta.
La stessa regione Fvg ha dichiarato che il Pil regionale rischia un crollo dell’11%, mentre il Bilancio regionale, nei soli mesi di maggio e giugno, ha perso 133 milioni di euro e rischia di trovarsi a fine anno con 6-700 milioni di euro in meno. E piangono pure le casse dello Stato: l’assestamento di bilancio di metà anno ha chiuso prevedendo un ammanco di 50 miliardi.
Alla luce di tali prospettive acquistano concretezza gli allarmi lanciati a pochi giorni di distanza prima dal commissario Ue per l’economia, Gentiloni, poi dalla ministra dell’Interno Lamorgese: entrambi hanno dichiarato di temere un autunno di forti tensioni sociali, figlie della crisi da Covid.
Stando così le cose non stupisce che la Commissione europea, dopo le più ottimistiche stime economiche di maggio, il 7 luglio le abbia ritoccate al ribasso per tutta l’eurozona: la ripresa è a macchia di leopardo. Preoccupa l’Italia, che registra una recessione (-11,2%) doppia rispetto a quella tedesca (-6,3%). Tutto ciò aumenta le attese per la riunione del Consiglio europeo di questo fine settimana dedicato al Recovery Fund.
Non è dunque un’estate da cicale. Ma, sia pur nello stile di previdente e operosa formica, chi può non dimentichi chi soffre di più: le piccole realtà di paese, il commercio sottocasa, il caffè che ha chiuso per mesi. Sostenendo a km zero, non si mina né la salute né l’economia di chi ci circonda. Si corre solo il bellissimo rischio di aiutarci l’un l’altro.