Libia: doppia incognita

La Libia è al centro di attenzioni ed appetiti internazionali. Due le questioni, entrambe cruciali: gestione dei migranti ed escalation di tensioni. Entrambe comportano decisioni ed equilibri difficili. L'Italia ne è due volte coinvolta.

La Libia è al centro di attenzioni ed appetiti internazionali. Due le questioni, entrambe cruciali: gestione dei migranti ed escalation di tensioni. Entrambe comportano decisioni ed equilibri difficili. L’Italia ne è due volte coinvolta.

Sulla prima questione, quella dei migranti ci sono due fronti: uno italiano e uno europeo.

Sul fronte italiano: giovedì 2 luglio si riaprono i negoziati per la modifica del Memorandum Italia-Libia, sottoscritto dal governo Gentiloni il 2 febbraio 2017, valido tre anni e automaticamente prorogato per altrettanti, salvo richieste di modifica. Nato per regolare la questione migranti tra Libia (paese di partenza) e Italia (paese di sbarchi) è dal Memorandum che viene la collaborazione con la Guardia costiera libica, il cui operato è stato più volte contestato, tanto che l’Onu l’ha accusata di traffico e detenzione di esseri umani, dopo ripetuti episodi di respingimenti, naufragi, maltrattamenti e torture (nei centri di accoglienza libici). Indagini e reportage giornalistici li hanno mostrati, tanto che appelli alla modifica dell’accordo sono arrivati da varie agenzie per i diritti umani, ma nulla si è fatto e, ai primi di febbraio, è scattata l’automatica proroga. Pochi giorni dopo, su tutto è calato il Covid19. Ora, però, se ne riparla.

Anche sul fronte europeo la questione migranti attende da tempo di essere ripresa in mano. La commissaria agli Affari interni, la svedese Ylva Johansson, causa pandemia ha rinviato l’atteso Patto su asilo e migrazioni, strumento che dovrebbe finalmente dare alla questione una regia Made in Ue. Previsto per luglio è facile, per ammissione della Commissaria stessa, che scivoli a settembre: il Bilancio e gli strumenti di sostegno a un’economia globalmente in crisi stanno assorbendo del tutto l’Unione. Se la emergenza metterà in ombra e minerà la risposta unitaria alla questione umanitaria si vedrà. La Johansson è possibilista: a suo dire il Covid sta insegnando che solo unita l’Europa può dare risposte importanti alle questioni epocali. E tanto il coronavirus quanto i migranti lo sono.

La Libia è però sotto i riflettori per una seconda pesantissima ragione, alla quale l’Italia non è estranea. E’ di pochi giorni fa la visita del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a Tripoli per incontrare il premier Fayez al-Sarraj. La ragione prima era la ridiscussione del Memorandum, ma non può essere stata ignorata la situazione della Libia, nazione dove Turchia e Russia si mostrano i muscoli per il controllo dei porti petroliferi (la linea “Sirteal-Jufra”). Si teme che l’escalation della tensione arrivi al confronto armato. E si sa che la guerra è un acceleratore di migrazioni. Mentre sull’intricata vicenda tacciono gli organismi internazionali, Onu e Nato, chi ha alzato i toni contro l’avanzata turca è il presidente della Francia, Macron, che ha parlato di possibili “nuovi conflitti simmetrici” ovvero di esercito contro esercito. E l’Egitto, schierato con il generale Haftar, antagonista di al-Sarraj, dietro il paravento di intese petrolifere internazionali va tessendo la sua trama di accordi nel Mediterraneo.

Si tratta insomma di un pericoloso groviglio, in cui sarebbe meglio si muovessero le diplomazie prima che le armi. Se l’Italia possa avere un peso è ambizioso pensarlo, ma se l’unità conta, allora questo è per l’Unione – già alle prese con Covid, crisi economica e nodo migranti – un ulteriore banco di prova.