Commento al Vangelo
Domenica 12 luglio, commento di don Renato De Zan
E' la domenica della parabola del Buon Seminatore. E noi, che terreno siamo?
12.07.2020. 15° domenica del Tempo Ordinario
Mt 13,1-23 (forma riassunta)
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare…e disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare…una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, … quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno…». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia…..Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano….Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore….Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione….,egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Tematica liturgica
L’esperienza dell’ascolto è fondamentale nel cristianesimo. Paolo dice che “la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Rm 10,17). Nel verbo “ascoltare” – lo sappiamo già – c’è l’accoglienza, la comprensione, la memorizzazione e la trasformazione della Parola in stile di vita. Tutto questo lavorio interiore non è fatto solo dall’uomo, ma l’uomo opera in sinergia con la Parola che ha in sé una forza d’azione particolare. Questa particolare caratteristica ci è ricordata da Is 55,10-11 (prima lettura), brano che chiude il libro del Deutero-Isaia: la Parola di Dio esce dalla bocca di Dio, arriva dentro la storia e non torna a Dio senza aver operato ciò per cui è stata mandata. L’operatività della Parola consiste in due azioni: informa e agisce. La Parola di Dio come informazione apre la mente del credente non solo al mistero di Dio e al suo progetto di salvezza, ma anche al mistero dell’uomo, della realtà presente e del futuro escatologico. La Parola di Dio come azione entra nel mondo interiore dell’uomo attraverso l’ascolto, agisce, modella il modo di pensare, di giudicare, di decidere e di agire. In questa azione sinergico dell’uomo e della Parola, non c’è niente di “automatico”. Pietro, infatti, o chi per lui, spiega che la Parola può essere travisata. Per non incorrere in questo pericolo, bisogna essere credenti-perseveranti e coltivare una preparazione adeguata. Gli ignoranti e gli instabili (nella fede), invece, travisano la Parola per la loro propria rovina (cfr 2Pt 3,16).
La parabola del buon seminatore (vangelo, Mt 13,1-23), riletta secondo i suggerimenti dell’allegoria che l’evangelista attribuisce a Gesù, evidenzia tre dati: la Parola di Dio viene seminata abbondantemente; l’uomo è libero di accoglierla bene o di accoglierla in modo inadeguato; quando l’uomo libero accoglie in modo adeguato la Parola, la Parola lo ricompensa con un frutto inimmaginabile.
Paolo è testimone di questa dinamica. Ringraziando Dio per la fede dei Tessalonicesi, dice che essi hanno accolto la Parola di Dio consapevoli che era Parola di Dio: “L’avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete” (1Ts 2,13). E la Parola opera al di là di ogni calcolo umano.
Dimensione letteraria
Il vangelo di Matteo ha una introduzione (vangelo dell’infanzia di Gesù) e una conclusione (passione, morte, resurrezione). Il corpo del vangelo è composto da cinque unità (pentateuco cristiano), ognuna della quali è suddivisa in due momenti: c’è una parte narrativa e una parte discorsiva. Mt 11-13 è la terza unità matteana. Ha una parte narrativa (Mt 11-12) e un discorso parabolico (Mt 13). Di questo discorso la Liturgia legge la prima pericope (Mt 13,1-23). Il testo evangelico si suddivide in tre grandi unità: la parabola (Mt 13,1-9), la spiegazione sul fatto che Gesù parli in parabole (Mt 13,10-17) e la spiegazione della parabola (Mt 13,18-23). In origine – a livello del Gesù storico – la parabola, forse, venne pronunciata da Gesù per incoraggiare i suoi discepoli dopo una missione non entusiasmante (cf Mt 17,14-21). L’evangelista, custodendo la parabola originale ha voluto caricarla di un significato più ampio, attingendo sempre all’insegnamento del Maestro.
Riflessione biblico-liturgica
a. Il seme è la Parola di Dio, il terreno sono gli uomini e il frutto è la conversione-salvezza. La spiegazione alle volte confonde i piani (v. 22: “Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la Parola….”: chi è la Parola il seme o chi ascolta?), ma il messaggio resta forte. La Parola salva.
b. Gesù parla in parabole perché il messaggio è facile da accogliere. Non può essere sottoposto alle cavillose discussioni dei maestri della Legge.