Il 1° maggio il Vescovo ha celebrato al mobilificio San Giacomo

"Il magistero sociale della Chiesa insiste ricordandoci che ogni attività lavorativa prolunga l'opera del Creatore": le parole del Vescovo Pellegrini (1 maggio)

«Nella “Fase 2” ogni azienda superi invidie e gelosie.

E’ tempo di coesione tra tutti noi»

 

 

Un piccolo tavolo di legno in mezzo a un’enorme fabbrica di mobili, camion fermi, macchine bloccate. La “San Giacomo” mobili – nella persona del titolare Gabrielle Piovesana – ha accolto il Vescovo a porte chiuse per celebrare la S. Messa nel giorno del 1° maggio. Il silenzio surreale dell’azienda è stato mitigato dalla squisita accoglienza del dott. Piovesana assieme alla moglie e ai tre figli Maurizio, Loris, Stefano.

Iniziare da un’azienda (lunedì santo alla Savio) e proseguire al fianco dei lavoratori e imprenditori in un’altra azienda (1° maggio alla San Giacomo): è questa la cifra pastorale del Vescovo Giuseppe Pellegrini come incarnazione del messaggio evangelico nel territorio dove opera come pastore da 9 anni.

405 operai (di cui il 20% stranieri), 15 autisti, 100 artigiani terzisti, diversi operai disabili che lavorano come progetto inclusivo nel mondo del lavoro. Questa è la San Giacomo nata nel 1968 a Brugnera e nel 2018 ha tagliato il nastro dei 50anni di lavoro. Il suo nome lo si deve al patrono di Brugnera (San Giacomo apostolo), un nome che si presenta con i suoi articoli del soggiorno e della notte nelle case di tutto il mondo, soprattutto in Europa. Mercati nascenti e ben promettenti sono la Cina, gli Stati Uniti, l’Africa e il vasto il mondo arabo.

 

Il Vescovo, accompagnato da don Orioldo Marson Vicario Generale, e da don Lelio Grappasonno parroco di Cecchini, ha offerto nell’omelia la seguente riflessione:

 

«Carissimi anche se non è facile celebrare in questo contesto la giornata per la festa del lavoro, in un clima difficile, sono contento di essere oggi qui in questa azienda della “San Giacomo” mobili accolto squisitamente dalla famiglia. Sono qui per pregare per voi, con voi, per questa fabbrica e per tutte le aziende del territorio, i lavoratori e le lavoratrici della nostra realtà diocesana.

Fare scelte non è facile e ogni scelta porta in sé ogni aspetti positivi da una parte e negativi dall’altra: se si sceglie per la difesa dal contagio e della salute, allora si mettono in ginocchio le aziende e l’economia; se si sceglie per una boccata di ossigeno all’economia e alle aziende – come si sta facendo in questa “fase2” è ovvio che tutti sono preoccupati che il contagio possa riprendere. Ecco perché è giusto ritrovarci a pregare e invocare San Giuseppe lavoratore proprio per presentare al Signore tutte le nostre fatiche e preoccupazioni; gli chiediamo che interceda al Signore per la fine della pandemia e soprattutto perché le nostre famiglie e la nostra società recuperi la speranza di un futuro migliore, che abbiamo visto anche in questi giorni fondarsi sulla solidarietà e sul rispetto dei valori che ci hanno accompagnati nei secoli e che anche oggi sono importanti e necessari.

I posti di lavoro dove operai e imprenditori passano tantissime ore della loro giornata, diventino sempre più un ambienti familiari, di incontro, di condivisione delle gioie e anche delle preoccupazioni della vita superando invidia e gelosia. Più l’ambiente lavorativo è sereno più si sta meglio con se stessi e anche con i propri cari. Tante difficoltà e tensioni nascono perché non si è sereni nell’ambiente lavorativo che occupa buona parte delle nostre giornate.

Il magistero sociale della Chiesa insiste ricordandoci che ogni attività lavorativa prolunga l’opera del Creatore, provvedendo così al benessere delle persone. Lavorando partecipiamo all’opera creatrice di Dio che continua anche oggi a crearci figli e figlie suoi.

Nel testo del Vangelo, che abbiamo ascoltato, quanti pregiudizi i compaesani di Gesù avevano su di lui, tanto che non solo non l’hanno ascoltato ma l’hanno rifiutato. Questo passaggio del vangelo è importante perché ci richiama l’umanità di Gesù: anche lui come ogni persona ha lavorato e con molta probabilità ha seguito le orme di suo padre facendo il falegname (oggi potremmo dire facendo mobili!). Questo gli ha provocato la reazione dei suoi compaesani che non accettavano che uno come lui potesse predicare “Ma questo non è il figlio del falegname…”. Quanti pregiudizi anche noi abbiamo nei confronti degli altri. Ciò che conta è la comprensione e rispetto degli altri.

Carissimi, in questi ultimi mesi tutto è cambiato: quello che faticosamente si era costruito – passando attraversando la grandi crisi economica che si era abbattuta sulle attività produttive – in due mesi è crollato tutto sotto i colpi di un invisibile virus che ci sta facendo tornare indietro e che sta spostando indietro le lancette della storia. Ora è il tempo della preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé.

Abbiamo snobbato in questi anni il senso vero dell’essere creature ci sentivamo onnipotenti, con il mondo ai nostri piedi. E ora la natura pian piano fa il suo corso e sta recuperando tutto ciò che gli abbiamo rubato.

Le scelte che si dovranno fare non saranno facili, però è importante che tutti ci sentiamo responsabili di tali scelte, non solo alcuni ma tutti. Penso innanzitutto all’Europa perché non è più tempo di egoismi ma è tempo della solidarietà; il Governo italiano deve impegnarsi per favorire la ripresa con l’apertura anche di quelle categorie più colpite e sono contento che anche voi come mobilificio possiate riaprire insieme ad altre aziende del territorio.

Ma penso soprattutto a quelle categorie più in difficoltà nella riapertura: ho ricevuto telefonate da numerosi commercianti, dalla Confcommercio per avere sostegno e dire una parola anche per loro e lo faccio ben volentieri.

Se tutti facciamo la nostra parte, veramente il nostro Paese potrà risorgere e camminare ancora meglio. Questo è il mio augurio per il nostro territorio come opportunità di ripartenza non come prima, ma meglio di prima perché più corresponsabili tra noi e più attenti ai bisogni e alle necessità degli altri e dell’umanità».

 

 

A conclusione della S. Messa – trasmessa in diretta streaming sul canale Youtube della Diocesi “Comunicare la speranza” nel pieno rispetto delle norme anti SARS-CoV-2 e a porte chiuse – il Vescovo ha ricevuto in dono un piccolo albero intagliato in legno simbolo della crescita e della ricrescita che si auspica da questa “Fase2” in poi. L’albero intagliato sarà presente nella cappella privata del Vescovo assieme agli altri segni-simbolo ricevuti dai vari luoghi visitati in questo tempo di pandemia.