Commento al Vangelo
Domenica 19 aprile, seconda di Pasqua, commento di don Renato De Zan
"Tommaso … non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo".
Gv 20,19-31 (forma riassunta)La sera di quel giorno, il primo della settimana,…venne Gesù… e disse loro: “Pace a voi!”….E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro…: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”. Tommaso … non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”. Otto giorni dopo…c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù…e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”. Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Tematica biblico-liturgicaL’atteggiamento sbagliato di Tommaso non sta nel volere le “prove” della Risurrezione, ma nel voler ridurre la Risurrezione alle prove da lui pretese. A ogni tipo di conoscenza occorre il suo strumento adatto: alle cose di fede è necessaria la fede, alle cose d’amore è necessario l’amore, alle cose di scienza è necessaria la scienza. Non si può ridurre la Risurrezione a un “fenomeno” puramente storico e, dunque, il metodo razionale storico-critico può servire, ma non può essere il metodo totalizzante e adeguato per avvicinarsi alla Resurrezione. La Risurrezione è molto di più: è una realtà escatologica avvenuta nella storia. È vero che spesso nel credente emerge la tentazione di ridurre la fede solo a ciò che è “razionale” ed “esperimentabile”: Questo, però, equivale a negare la fede stessa. La fede lascia le sue tracce nel razionale e nello sperimentabile. Per questo l’atteggiamento storico-critico è utile, ma non esaurisce la scoperta del suo oggetto. Non è facile credere a un uomo vivo, che è stato visto morto e deposto nel sepolcro. C’è da prendere paura. Di fronte al sepolcro vuoto e all’angelo, le donne furono piene “di spavento e di stupore”. In Lc 24,37 i discepoli furono “sconvolti e pieni di paura”. Gesù faticherà non poco a convincerli di essere Risorto. Tommaso poteva credere con facilità? Certamente no. Neppure noi abbiamo creduto con facilità. Ci siamo posti domande. Abbiamo riflettuto sui dati. Ne abbiamo verificato la fondatezza. Non si può credere per sentito dire. La predicazione apostolica che è giunta fino a noi, non era e non è solo annuncio, come qualcuno ingenuamente crede. Si trattava di un “annuncio dimostrativo” e la dimostrazione può avere diverse sfaccettature: i dati (sepolcro, apparizioni), le profezie adempiute (dell’Antico Testamento o di Gesù stesso), i fatti straordinari (dono dello Spirito, miracoli, esperienza mistiche, ecc.). È comprensibile, dunque, che Tommaso avesse i suoi giusti dubbi sulla testimonianza dei suoi colleghi. Tommaso avrebbe potuto fidarsi degli altri discepoli che avevano visto il Risorto. Avrebbe potuto, però, esigere di aver la stessa esperienza degli altri discepoli e vedere anche lui il Risorto per credere. Egli non scelse né la via della fiducia verso gli altri Apostoli (come, invece, facciamo noi), né la via della mistica che si apriva alla visione dell’apparizione. Volle la “prova” su misura. Si è trovato nella situazione di poterla avere. Vi rinunciò. Era evidente: il Maestro Risorto era davanti a lui. E questo fu più che convincente. La confessione di fede teologicamente più alta di tutto il Nuovo Testamento è sua: “Signore mio e Dio mio”.
Dimensione letterariaNon c’è differenza tra testo biblico e testo biblico-liturgico del vangelo (Gv 20,19,31). Il testo ha una narrazione (Gv 20,19-20) e una conclusione (Gv 20,30-31). Il testo narrativo è caratterizzato da marcatori di tempo e da ripetizioni. I marcatori di tempo sono due: v. 19: “La sera di quello stesso giorno…”; v. 26: “Otto giorni dopo…”. Le ripetizioni sono quattro: vv. 19.26 = “porte chiuse”; vv. 19.26 = “venne Gesù”; vv. 19.26 “stette in mezzo”; vv. 21.26 = “Pace a voi”. Questi elementi mostrano come il testo narrativo sia suddiviso in due parti. In Gv 20,19-25 leggiamo ciò che è avvenuto nel giorno di Pasqua, cioè l’apparizione ai discepoli senza Tommaso, il dono dello Spirito e l’incredulità di Tommaso. In Gv 20,26-31 leggiamo ciò che è avvenuto la settimana dopo, ovvero l’apparizione ai discepoli con Tommaso e la sua confessione di fede. La parte conclusiva (Gv 20,30-31) segna la prima conclusione o conclusione arcaica del vangelo. Il vangelo è stato, poi, completato e l’evangelista anonimo che compone la seconda conclusione (Gv 21,24-25) non ha toccato il testo precedente.
Riflessione biblico-liturgicaa. La missione del discepolo è quella di Gesù: con la forza dello Spirito far conoscere il Padre attraverso il perdono dei peccati.b. La prima conclusione del vangelo di Giovanni è molto importante: non si legge il vangelo per “curiosità” storica. Gesù, infatti, fece molto di più di quanto viene scritto sul vangelo. Quanto è scritto, ed è storicamente fondato, ha l’obiettivo di facilitare la fede in Gesù come Messia e come figlio di Dio.