Commento al Vangelo
Domenica 8 marzo, commento di don Renato De Zan
La trasfigurazione di Gesù ha nel vangelo molteplici valenze teologiche: valore profetico, epifanico e esemplificativo. Preannuncia, rivela ed esemplifica
Mt 17,1-9In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”. All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”.
Tematica liturgicaAbramo viene chiamato da Dio e deve intraprendere un cammino (prima lettura, Gen 12,1-4a). Allo stesso modo anche il discepolo di Gesù è chiamato con una “vocazione santa” (seconda lettura, 2Tm 1,8b-10) a fare un cammino verso “il luogo indicato da Dio”. Questo “luogo” è il Figlio amato: il messaggio è racchiuso nell’episodio della trasfigurazione (vangelo, Mt 17,1-9). La trasfigurazione di Gesù ha nel vangelo molteplici valenze teologiche: valore profetico, epifanico e esemplificativo. Come valore epifanico la Trasfigurazione manifesta Gesù come Figlio di Dio (“Questi è il mio Figlio prediletto”) e Servo di Yhwh (“nel quale mi sono compiaciuto”). Come valore profetico, anticipa per i tre discepoli – Pietro, Giacomo e Giovanni – il mistero di Gesù Risorto. Come valore esemplificativo, la Trasfigurazione presenta Gesù come colui che i discepoli sono chiamati ad ascoltare. Questo invito del Padre (“Ascoltatelo”) è la parte centrale del messaggio evangelico presente nella lettura liturgica del testo biblico: nell’amplificazione della colletta generale, infatti, si dice esplicitamente “O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio”. L’ascolto di Gesù, dunque, è la proposta vocazionale di Dio al credente. È una vera e propria chiamata come quella abramitica. Il verbo ebraico, shamà’ – ascoltare, significa “udire, ascoltare, accogliere, obbedire, comprendere”. Il primo passo dell’ascolto, dunque, è ascoltare il messaggio di Gesù, accoglierlo e ubbidirgli. Il secondo valore si trova un po’ più in profondità. Ascoltare un persona (Gesù), significa cogliere non solo il suo linguaggio verbale (messaggio), ma anche il suo messaggio non verbale. Ascoltare Gesù, perciò, significa anche prestare somma attenzione a tutto ciò che egli fa e ciò che egli è. Infine c’è un terzo significato ancora più profondo. Nell’Antico Testamento Dio aveva detto al suo popolo: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,4-5). L’ascolto era legato al fondamento della fede (Dio è uno) e al fondamento della morale (amare, essere totalmente fedeli a Dio). Nelle parole del Padre non ci sono più due verità (fede e morale), ma una persona: ascoltate lui. Gesù, perciò, diventa la fede e la morale del discepolo. Come Gesù si è rapportato a Dio, alla vita, alla morte, alla gioia, al dolore, agli altri, così il discepolo sceglie di rapportarsi (fede). Come Gesù ha giudicato, deciso e agito, così il discepolo sceglie di comportarsi (morale).
Dimensione letterariaIl racconto biblico originale di Mt 17,1-9 incomincia con l’espressione “Dopo sei giorni”. Questa espressione cronologica – stranissima in Marco – riprende l’indicazione cronologica di Es 24,16: “La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube”. E poi avviene la teofania (si manifestò la gloria di Yhwh). Il legame tra i due episodi porterebbe indirizzare il lettore a comprendere la Trasfigurazione come teofania. La Liturgia, sostituendo l’espressione originale “Dopo sei giorni” con l’incipit liturgico “In quel tempo”, toglie all’assemblea la possibilità di vedere nella Trasfigurazione una teofania. Letterariamente il testo della trasfigurazione, Mt 17,1-9, è aperto e chiuso (inclusione) dal movimento legato al monte: “E li condusse in disparte, su un alto monte” (v. 1) e “Mentre scendevano dal monte” (v. 9). Dentro al testo viene ripetuta due volte l’espressione “ed ecco” (vv. 3.5): in occasione dell’apparizione di Mosè ed Elia e per introdurre la voce celeste. Ciò produce una ripartizione del testo in quattro parti: Gesù trasfigurato (Mt 17,1-2); l’apparizione di Mosé ed Elia con la reazione di Pietro (Mt 17,3-5a); la voce celeste e reazione dei discepoli (Mt 17,5b-6); conclusione dell’episodio, che evidenzia il legame tematico tra trasfigurazione e resurrezione (Mt 17,7-9).
Riflessione biblico-liturgicaIl linguaggio di Matteo è apocalittico: il volto e le vesti indicano che l’eterno è entrato nella storia. È anche profetico: Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti, hanno anticipato tutto ciò che Gesù ha vissuto (essi sono l’annuncio e Gesù l’adempimento). Ed è, infine, sapienziale: di fronte a Gesù non c’è niente da temere, ma solo da ascoltare (allusione ampia e non definizione).