Lo Psicologo
Noi e l’uso che facciamo dei social
Social. Ancora in troppi non hanno capito come vanno utilizzati
Qualche giorno fa mi ritrovavo a scorrere le pagine di un noto social col mio cellulare. Mentre più o meno distrattamente proseguivo nella veloce lettura dei diversi post, la mia attenzione viene catturata da un video. Non entrerò nei dettagli perché piuttosto raccapriccianti e duri, sarà sufficiente dire che in esso compariva un bambino di pochi anni, quasi nudo e piangente mentre un adulto, presumibilmente il padre, lo sculacciava con una ciabatta. La mia reazione è stata immediatamente di rifiuto nel proseguire la visione ma non ho potuto non andare a vedere chi avesse postato quel video. Ho dovuto constatare che il post era di un adulto, genitore, attivo nei social come tanti. Certamente non era lui l’autore del video ma si era sentito, per qualche motivo, di pubblicarlo e renderlo noto quantomeno ai suoi “amici” di social e quindi ad altri adulti, a ragazzi e ragazze e verosimilmente a tutta una serie di bambini, figli di amici, che, come è consuetudine, si aggirano con una certa libertà tra le pagine dei social dei genitori.Questo episodio pone numerosi e diversi interrogativi ai quali siamo chiamati a rispondere sia come collettività che personalmente. Sappiamo davvero che cosa siano i “social”? Li sappiamo utilizzare i modo corretto? Qual è il modo corretto? C’è un’area di discrezionalità che attiene ai contenuti da pubblicare o meno? I minori vanno tutelati? Eventualmente, come? C’è un’etica nei social? Sono un contenitore dove si è sempre liberi di dire e pubblicare qualsiasi cosa si desideri?Alcuni sostengono che debba essere il social stesso a selezionare mediante algoritmi ciò che si può o non si può pubblicare. Mi pare un aspetto sacrosanto e doveroso nel senso che il social ha il dovere di esprimere la propria parte di valori e regole e di testimoniarli efficacemente.Mai i social siamo anche noi, siamo soprattutto noi. Temo che affidare ad altri, in questo caso agli amministratori dei social, il compito di regolarne l’uso per sentirci esonerati dal pensarci per conto nostro ed individuare per noi stessi delle linee guida condivise e condivisibili sia un atteggiamento che denota ancora una certa immaturità e necessità di crescere e sviluppare davvero un atteggiamento adulto. Sempre di più si ha l’impressione di assistere ad una generazione di adulti che si trova profondamente impreparata a gestire con la necessaria maturità e consapevolezza degli strumenti di grande potenza. Contemporaneamente, tuttavia, il proliferare di occasioni di confronto su questi temi sembra aver acceso delle curiosità favorendo la nascita di una maggiore attitudine al mettere in discussione il proprio rapporto col mondo dei social che dovrà essere mantenuta alta e costante innanzitutto rappresentandola da noi stessi come necessaria oltre che opportuna come appartenenti alla comunità degli adulti.Federico CarnielloPsicologo e Psicoterapeuta