Emanuele Supereroe contro una sindrome rara

Ha compiuto 17 anni il 17 ottobre: da oltre 80 giorni è in terapia intensiva a Udine dove lotta contro una sindrome così rara che ne esistono solo tre casi. L'appello di papà Andrea Spessotto e mamma Cristina per il loro Supereroe Ema.

  l 17 ottobre compie 17 anni: lui è Ema, un supereroe. La sua impresa straordinaria? Combattere la sindrome di Kearns-Sayre (KSS), una malattia mitocondriale così rara che al mondo, nella forma che ha colpito Emanuele, ce l’hanno solo in tre. Questa sindrome dal 28 di luglio lo tiene inchiodato in un letto della terapia intensiva della Cardiochirurgia di Udine.Di lui ci ha parlato il papà, Andrea Spessotto, 55 anni, pordenonese di nascita e di fama, anche se attualmente residente a Udine. Andrea è noto a Pordenone per aver fondato la Naonis Basket, squadra che l’anno scorso ha festeggiato il suo trentesimo anno di attività ed è proprio questo il motivo per il quale anche Emanuele ama questo sport, pur se ha potuto praticarlo solo per pochissimo.La storia di Emanuele è incredibile. Nato il 17 ottobre 2002 è un bambino che affronta le normali tappe della vita: asilo, scuola. C’è qualche difficoltà con la vista e con la parola, a scuola ha il sostegno, ma niente di quello che ora lo lega a un letto, che gli ha tolto la vista, che gli ha fatto perdere l’uso delle gambe e che ha motivato i suoi due mesi e mezzo di terapia intensiva, era lontanamente sospettato né sospettabile.La diagnosi avviene nel 2015: “Tutto è partito da una visita oculistica – spiega il papà – un medico ha trovato qualcosa che non andava. Da lì ci siamo recati al San Raffaele di Milano dove alla stranezza è stato dato il nome giusto: sindrome di Kearns-Sayre, una malattia mitocondriale che va a colpire i mitocondri ossia centri energetici delle cellule e come conseguenza gli organi vitali del corpo come vista e cuore. Ema in poco tempo li ha persi entrambi”.Dopo la diagnosi Emanuele – Ema per i suoi cari -, è seguito dall’Istituto neurologico Besta di Milano ed effettua le analisi cardiologiche di routine al Burlo di Trieste. Il 15 ottobre 2018, durante un normale controllo, viene riscontrata un’anomalia ed Emanuele viene ricoverato d’urgenza in unità coronarica al Cattinara dove, due giorni, dopo soffia sulle candeline per il suo sedicesimo compleanno.Per questioni logistiche la famiglia, residente a Udine, lo fa trasferire lì. “Senza saperlo – spiega Andrea – siamo capitato in uno dei tre migliori centri d’Italia per trapianti”. In pochi giorni Ema peggiori a tal punto che, il primo novembre 2018, a sedici anni appena compiuti, subisce il trapianto di cuore.”Il periodo non è stato facile – spiega il papà -. L’intervento, la riabilitazione, mesi di ospedale ma se mi giro indietro, rispetto ad oggi, mi sembrano quasi una sciocchezza. Comunque in qualche modo, grazie alla sua forza e alla sua tenacia, superiamo tutto e a giugno di quest’anno Emanuele è pure potuto ritornare per una settimana a scuola”.La gioia ha però i giorni contati: poco più di un mese dopo, il 28 luglio 2019, mentre è a casa Emanuele ha il primo arresto cardiaco e respiratorio. I genitori riescono a tenerlo in vita col massaggio cardiaco, che non avevano mai fatto prima, guidati al telefono dal 118 finché non è arrivata l’ambulanza. Ema viene ricoverato in terapia intensiva, la situazione è grave ma rientra e il decorso fa sperare. Però, la notte del 14 agosto, nuovamente precipita, altro arresto cardiaco e respiratorio. Una macchina pratica il massaggio cardiaco ad Ema per oltre un’ora, due équipe mediche di cardiochirurghi, anestesisti e chirurghi polmonari lavorano otto ore per tenerlo in vita, ed Ema – da supereroe – ce la fa, supera anche questa seconda crisi.Oggi, dopo oltre 80 giorni, la situazione resta complicata. “Ci hanno concesso il reparto di terapia semintensiva – racconta il papà -, ma sappiamo che è per permettere a noi di stargli vicino in condizioni diverse rispetto ad una sola ora al giorno che la terapia intensiva consente”.E così arriviamo all’oggi con Ema che non vede, non può parlare ed è immobile. Ma è vigile e attento. Mamma Cristina e papà Andrea sanno capirlo dalle sue espressioni, da come spalanca gli occhi. Sanno leggere quello che dice, movendo silenziosamente le labbra.Ema è un grande appassionato di arie e opere classiche che ben conosce. “Per via dei nonni – spiega Andrea – fin da piccolo ha amato ascoltare le opere. Le racconto un aneddoto che possa far capire cosa è Emanuele e quanto sia presente: due domeniche fa, la mattina, la Rai trasmetteva “I Puritani” e io, entrando in stanza, gli ho detto: “Ema, ascolti I Puritani di Verdi”. E lui, subito ha alzato il dito indice e ha fatto segno di no, mentre con le labbra ha sillabato Bellini”. E, commuovendosi fino al groppo in gola, il papà ripete: “Ema c’è, con la testa c’è. Ema è qui con noi”.Per lui sono state realizzate più cose: un logo (un cuore con la scritta Forza Ema) e una caricatura/fumetto, opera del maestro pordenonese Federico Cecchin che lo ha rappresentato come un supereroe con la tutina rossa e azzurra, la benda azzurra sugli occhi a mo’ di Zorro.Per SuperEma, come lo chiama il papà Andrea, molti hanno già corso per Telethon a Udine, corso un Rally (domenica 6 ottobre), la squadra di basket di Udine (Apu, serie A2) gli è vicina, ha firmato la maglietta col cuore rosso e la squadra di Pordenone domenica gli ha mandato un audio videomessaggio – Ema non può vedere ma può ascoltare -, dedicandogli la prima vittoria del campionato e un video dove tutti i tifosi presenti nel palazzetto hanno gridato ” Forza EMA”.”Gli sportivi hanno un cuore grande – dichiara il papà – ma i giocatori e i tifosi di pallacanestro ce l’hanno ancora più grande, ed è bello che “’Forza Ema’  arrivi da tutti loro”.Andrea aggiunge: “Ci sono anche centinaia di persone che pensano e pregano ogni giorno per Ema e vogliamo ringraziarle tutte perché tutte sono importanti e ci aiutano a continuare a crederci”.Per certo c’è un sogno ancora più grande e inconfessabile, al quale anche Il Popolo si unisce.Nel frattempo, facciamo nostro anche l’appello di Andrea e Cristina: se ci fosse un medico in grado di aiutare Ema da qualsiasi parte del mondo ci andrebbero subito. Ma sanno che la sua è una malattia rarissima e sono consapevoli che per le malattie rarissime anche la ricerca può fare quel che può fare, perché sui numeri piccoli le case farmaceutiche non investono. “Il punto su cui insistiamo è quello della ricerca – confermano però mamma e papà -. Ci sono bambini che soffrono così tanto e non lo meritano. Ecco perché la ricerca va spinta e sostenuta, perché tante piccole gocce formano il mare, perché Ema e tutti i bambini che soffrono a causa di malattie rare abbiamo la possibilità di avere amici, andare a scuola, correre con un pallone, andare in bicicletta, nuotare camminare per mano con mamma e papà, che tutti loro abbiano la possibilità di sognare, sorridere, fare progetti, imparare: vivere. Ecco perché bisogna puntare tanto sulla ricerca, malattie rare comprese e per questo motivo ci piacerebbe che nella stampa, nelle trasmissioni televisive, nelle scuole, negli stadi e nelle chiese si parlasse di più di questo argomento”.Andrea chiude: “Siamo all’inferno, ma sappiamo che Ema questa vita, che pur lo ha sempre preso a pugni, la vuole vivere e allora si combatte e non si molla di un centimetro”.E allora, caro Ema, sfodera tutti i tuoi superpoteri. E da noi tutti, redazione e lettori de Il Popolo, ti giunga il ’Buon compleanno’ più potente – più super potente – del mondo.