Mattarella: nuove consultazioni martedì 27 agosto

La matassa non è ancora sciolta e dopo le consultazioni del 21 e 22 agosto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ascoltate tutte le forze politiche, di fronte a un non quadro definitivo emerso rimanda alla prossima settimana la sua decisione, lasciando un altro spiraglio per la risoluzione della crisi. Appuntamento a martedì 27 agosto: o si risolve o non restano che le urne.

Ci sarà un nuovo giro di consultazioni, tra martedì 27 e mercoledì 28 agosto, perché alcuni partiti – giovedì 22 agosto – hanno comunicato che “sono state avviate trattative per un’intesa” e anche “da parte di altre forze politiche è stata espressa la possibilità di ulteriori verifiche”. Una fotografia che coglie l’ambiguità dei movimenti in corso, con il confronto tra M5S e Pd da un lato e la Lega che tenta ancora i pentastellati. Ma questo secondo giro sarà “per trarre le conclusioni e per assumere le decisioni necessarie”. Dunque a metà della prossima settimana il rebus della crisi di governo dovrà essere sciolto.

“Decisioni chiare e in tempi brevi”. Al termine del primo giro di consultazioni, giovedì 22 agosto, il Presidente della Repubblica mette tutti i partiti davanti alle loro responsabilità. Ci sarà un nuovo giro di consultazioni, tra martedì e mercoledì, perché alcuni partiti hanno comunicato che “sono state avviate trattative per un’intesa” e anche “da parte di altre forze politiche è stata espressa la possibilità di ulteriori verifiche”. Una fotografia che coglie l’ambiguità dei movimenti in corso, con il confronto tra M5S e Pd da un lato e la Lega che tenta ancora i pentastellati. Ma questo secondo giro sarà “per trarre le conclusioni e per assumere le decisioni necessarie”. 

Dunque a metà della prossima settimana il rebus della crisi di governo dovrà essere sciolto.

E le possibilità indicate dal Capo dello Stato sono due: o un governo pieno, all’altezza delle sfide che l’Italia deve affrontare, dunque un esecutivo basato “su valutazioni e accordi politici dei gruppi parlamentari su un programma per governare il Paese” oppure “il ricorso agli elettori”. Un’ipotesi, quest’ultima, che verosimilmente richiederà la nascita di un governo ad hoc per accompagnare il percorso verso le urne con le necessarie garanzie di imparzialità e rispetto delle regole. Ma la scelta da compiere è netta, non c’è spazio per soluzioni pasticciate o per fare melina.

Le parole pronunciate con tono severo dal Presidente si collocano al punto d’incrocio tra le esigenze del Paese e il richiamo puntuale alla Costituzione che è in questi anni è sempre stato la cifra di Sergio Mattarella. Da un lato, infatti, ci sono “l’esigenza di governo di un grande Paese come il nostro”, gli impegni richiesti dal  ruolo che “l’Italia deve avere nell’importante momento di avvio della vita delle istituzioni dell’Unione europea per il prossimo quinquennio”, la necessità di fronteggiare “le incertezze politiche ed economiche a livello internazionale”.

Da queste imprescindibili motivazioni discendono sia la qualità della risposta che i partiti sono chiamati a dare, sia la tempistica così serrata. La soluzione, in ogni caso, va perseguita nell’alveo tracciato dalla Costituzione.

Il Presidente della Repubblica “ha il dovere ineludibile di non precludere l’espressione di volontà maggioritaria del Parlamento” e proprio alla luce di questo dovere Mattarella ha concesso qualche giorno ai partiti per approfondire i discorsi aperti. Del resto le due forze politiche che componevano la maggioranza uscente – la “dichiarata rottura polemica” del loro rapporto, ha ricordato il Capo dello Stato, è all’origine dell’attuale crisi – ben sanno con quanta pazienza istituzionale egli consentì la nascita dell’esecutivo giallo-verde. Soltanto se il Parlamento non si mostrerà in grado di esprimere una maggioranza governo, allora la bisognerà inevitabilmente ricorrere a elezioni anticipate. “Decisione da non assumere alla leggera”, comunque, perché si è votato nel marzo dello scorso anno e “la Costituzione prevede che gli elettori vengano chiamati al voto per eleggere il Parlamento ogni cinque anni”.