Lavoro: dalle eccellenze ai drammi

Pastorale sociale e del lavoro

 

 

L’uomo e la donna al centro del mondo del lavoro, visto come una dimensione necessaria per affermare la propria dignità umana: questo il fulcro dell’incontro organizzato dagli Uffici della Pastorale Sociale e del lavoro delle diocesi di Concordia-Pordenone e Vittorio Veneto e svoltosi nel Teatro Ruffo di Sacile lunedì 13 maggio.

È stato un momento per parlare di “Vita e lavoro: quale futuro? Ripensare gli stili di vita in una società in trasformazione” assieme a Chiara Mio, docente di economia all’Università Ca’ Foscari di Venezia e a mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione episcopale della Cei per i problemi sociali, il lavoro, giustizia e pace, introdotti e moderati da Simonetta Venturin, direttrice de Il Popolo.

Chiara Mio ha toccato molti temi, tra i quali i comportamenti virtuosi di alcune aziende: per esempio il fatto che molte destinino una parte dei loro profitti a finalità filantropiche. Se questo comportamento ha un lato positivo, perché le finalità sono di aiuto ai più deboli, il lato negativo è che questo presuppone che ci sia sempre una diseguaglianza da colmare. Mentre, per eliminare le grandi diseguaglianze che esprime la nostra società, sarebbe virtuoso, per garantire il giusto a tutti, che chi ha di più rinunci a qualcosa. Inoltre, una delle sfide per le aziende è quella di diventare sostenibili, cambiando il modo di produzione, misurando l’impatto che questo ha sulla comunità e sull’ambiente.

Altri punti toccati dalla Mio sono stati il lavoro delle donne e l’inserimento dei ragazzi nel modo lavorativo: per quanto riguarda le prime, sono ancora penalizzate negli stipendi e nel momento della maternità. Una lavoratrice madre, è, invece, una risorsa per l’azienda – sottolinea Mio – perché dimostra di sapersi impegnare su più fronti.

Per quanto riguarda i giovani, “bisogna avere il coraggio di dire loro che non ci sono certezze, che devono avere la capacità di sognare il proprio futuro accanto ad un grande impegno e fatica per costruirlo”. La Chiesa deve essere forte e “non smettere mai di denunciare le strutture di peccato, che impediscono la realizzazione di chi è oppresso”.

Mons. Filippo Santoro si è soffermato sulla situazione del lavoro nella propria diocesi, parlando in particolar modo dell’incidenza che ha sulle persone e sulla città di Taranto operare e vivere in un ambiente inquinato. L’Ilva continua a condizionare la vita della città: ci sono quartieri con una mortalità molto alta a causa delle polveri di carbone disperse nell’aria, sono ancora troppe le vittime che un lavoro in un ambiente insalubre continua a mietere. In più la città perde ogni attrattiva turistica e la campagna del circondario è stata abbandonata per il miraggio di un posto fisso all’interno della fabbrica che ormai identifica la città. Per questo l’opera di Santoro si concentra sulle esigenze ambientali, perché la salute è la prima risorsa da preservare, assieme ad un lavoro più vivibile e umano, in linea con quanto papa Francesco descrive nella sua enciclica Laudato Si’. “Preservare la dignità dell’uomo – ha sottolineato Santoro – significa lavorare in un ambiente sano, perché il diritto a vivere bene appartiene a tutti, anche nella città che fornisce acciaio a tutta l’Europa”.