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Lo Psicologo

Il cyberbullismo: quando la rete può far male

30 Aprile 2019 - 00:00
di Federico Carniello

Uso improrio di internet, sono ancora molti i casi pericolosi che si verificano

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Non accennano a diminuire i fenomeni legati all’uso improprio e scorretto della rete. Tra questi uno dei più odiosi e violenti è rappresentato dal cyberbullismo. Ragazzi e ragazze anche molto giovani si trovano a vivere azioni di prevaricazione e violenza attraverso l’uso dei social media e dei messaggi per mezzo dei telefoni cellulari cui hanno accesso libero ed incontrollato. Come per il bullismo classicamente inteso, anche il cyberbullismo si caratterizza per la volontà di isolare e mettere in ridicolo la vittima. Tuttavia vi è un aspetto specifico di tale fenomeno che lo rende maggiormente pericoloso e subdolo: l’anonimato. Si possono infatti diffondere immagini in qualche modo compromettenti, dicerie, falsità ed offese senza esporsi in prima persona ma nascondendosi ad esempio dietro profili falsi e moltiplicando esponenzialmente la diffusione dei messaggi ampliando a dismisura la platea di chi può accedere ai contenuti diffusi. Le cronache locali e nazionali sono ricche di episodi anche molto gravi in cui si racconta di vicende legate alla diffusione di materiale a sfondo intimo che hanno portato le vittime a trovarsi in situazioni di estrema difficoltà e dolore: il profondo senso di vergogna si lega all’altrettanto profondo senso di impotenza nell’arrestare il diffondersi delle immagini o dei testi che le riguardano. Tornando più specificamente ai bambini ed ai ragazzi si è potuto notare che chi è vittima di questi atti tende ad isolarsi, ad ammalarsi con frequenza, a soffrire di insonnia, mal di pancia. Si manifesta tristezza, ansia, il bambino comincia ad avere difficoltà ad andare a scuola o rifiuta le occasioni di svago, può avere problemi con l’apprendimento e l’attenzione. Non è necessario che si verifichino tutti questi segnali per ipotizzare che la persona stia vivendo una condizione di questo genere, è invece opportuno avere un occhio vigile ed attento nel cogliere eventuali cambiamenti nei figli o negli alunni che possano in qualche modo far ipotizzare uno stato interiore di difficoltà. Che cosa fare? Prima di tutto è compito del mondo degli adulti essere informato, conoscere il funzionamento di questi fenomeni e prima ancora dei dispositivi utilizzati (device) con disinvoltura dai ragazzi. Spesso capita di assistere a genitori che si fanno insegnare dai figli l’utilizzo ed il funzionamento di social e telefoni. Si è rovesciata la situazione. E’ dovere dell’adulto guidare con consapevolezza e competenza il bambino nell’utilizzo di qualsiasi strumento che possa essere fonte di pericolo. Chi farebbe usare una forbice ad un bambino senza prima insegnargli come utilizzarla?Inoltre l’altro versante è quello educativo. Educare al rispetto dell’altro, all’essere critici di fronte alle cose, all’essere gentili, a mettersi nei panni dell’altro. Il bullo spesso non si rende conto della differenza tra scherzo ed offesa o violenza. L’educazione può fare molto.E se si è vittima di questo fenomeno? La prima cosa da fare è denunciare, sollevare la questione, uscire dalla solitudine. Si possono segnalare casi sia di bullismo che di cyberbullismo inviando una mail a: bullismo@istruzione.it.Federico CarnielloPsicologo e psicoterapeutaConsultorio Noncello

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