Commento al Vangelo
Maria, Madre di Gesù, mio Signore
Nell’ultima domenica di Avvento, la comunità cristiana, come si è fatta accompagnare per un tratto dalla figura del Battista, precursore del Messia, si fa accompagnare dalla Vergine Madre insieme alla quale intende contemplare il Mistero di Dio che si fa uomo.
Lc 1,39-45In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.
Tematica liturgica. Nella prima domenica di Avvento i credenti sono stati inviati a prepararsi al ritorno ultimo di Gesù (Parusia) attraverso la conversione, la lettura della Parola e la preghiera che vivifica la fede. Nella seconda domenica, con la figura del Battista, i credenti sono stati invitati a preparare la via del Signore. Nella terza domenica, la Liturgia mette in secondo Piano la Parusia e colloca in primo piano la memoria dell’Incarnazione, invitando i credenti ad assumere uno stile di vita consono attraverso la pratica della condivisione, della giustizia e della non-violenza. In modo molto delicato, la Liturgia prosegue il cammino trasformando l’attesa escatologica in attesa celebrativa della memoria. Nell’ultima domenica di Avvento, la comunità cristiana, come si è fatta accompagnare per un tratto dalla figura del Battista, precursore del Messia, si fa accompagnare dalla Vergine Madre insieme alla quale intende contemplare il Mistero di Dio che si fa uomo. L’icona che vediamo nel brano biblico è delicata e forte contemporaneamente: Maria porta in grembo il Messia e incontra il “segno” datole dall’angelo. Andiamo per ordine, incominciando dal Segno. L’angelo Gabriele offrì nell’annunciazione un segno: Elisabetta, contro ogni ordine di natura, sarebbe diventata Madre ed era già al sesto mese di attesa. Era un segno che rafforzava le parole dell’angelo (in modo soprannaturale, diventerai madre del Messia). Maria accoglie il segno e lo vive in pienezza. Oggi, nella comunità cristiana si può verificare una situazione strana. Ci sono dei credenti che disprezzano “i segni” (interventi divini nella storia), come realtà adatte solo a coloro che sono ancora “poco adulti” nella fede. Ci sono, invece, credenti che sono assetati di “segni” fino a farli diventare cose più importanti della Parola di Dio stessa e unico fondamento della loro fede. Certamente la fede è legata alle cose che non si vedono. E’ altrettanto vero che la Parola di Dio ci dice che la fede è spesso veicolata, sostenuta e guidata (non creata) dal “segno”. Un segno è stato dato a Mosè nell’esperienza del roveto ardente ( Es 3,12: “Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte”), un segno è stato dato a Gedeone sia nella pelle di capra sia nel cortile bagnati alternativamente in notti successive (Gdc 6,36-40). Anche ai pastori di Betlemme verrà dato un segno (Lc 2,12: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”). A Maria l’angelo indica un segno: “Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,36-37). Si tenga comunque presente, che Maria non ha detto di “sì” al segno, ma alle partole di Gabriele: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Il “segno”, dunque è una cosa importante e viene dopo la Parola. Dimensione letteraria. Il testo biblico-liturgico di Lc 1,39-45 è uguale al testo biblico. Il taglio finale della pericope, tuttavia, è letterariamente innaturale perché tralascia il canto del Magnificat che è parte integrante del brano. L’attenzione è sulle due donne il cui incontro è portatore di una duplice rivelazione. Per Maria, Elisabetta è il segno rivelatore che comprova la sua maternità messianica. Per Elisabetta, Maria è una presenza rivelatrice: il bambino nel grembo di Elisabetta danza (“sussulta” e “esulta di gioia”) di fronte a Maria come Davide danzò davanti all’arca dell’alleanza. La Liturgia vuole concentrare tutta l’attenzione su Maria. Lei ha scelto di obbedire alla Parola, ha accolto il “segno” angelico, ha scelto di accogliere in sé il mistero del Dio che si fa uomo, il mistero dell’ “impossibile secondo l’uomo” che diventa “possibile a Dio”.
Riflessione biblico-liturgica a. Il valore del segno, nel mondo biblico, è fondamentale per l’esperienza di fede. Certo il segno non sostituisce la fede, ma la sostiene, la irrobustisce, la chiarisce perché il segno assume un valore profetico: parla, cioè, al posto di Dio e parla il linguaggio di Dio comprensibile all’uomo. b. La confessione di fede di Elisabetta non è frutto di una speculazione razionale-intellettuale. È un dono dello Spirito Santo (“Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò…”). Per l’autore del terzo Vangelo e degli Atti l’uomo può credere nella misteriosa azione salvifica di Dio e nella persona di Gesù Cristo, morto e risorto, solo e unicamente se lo Spirito lo illumina, lo abita, lo sostiene e lo sospinge.