L’obolo della vedova

E' la povera vedova che getta nel tesoro del tempio più di tutti gli altri.

Mc 12,38-44In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa”. Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.

Tematica liturgicaL’anno liturgico sta volgendo alla fine e i temi biblico-liturgici illustrano i criteri di giudizio che Dio adopera verso gli uomini e il ritorno finale di Gesù (Parusia). Nel vangelo di oggi, sia nelle parole di Gesù contro i comportamenti degli scribi sia nella riflessione del Maestro sull’offerta della vedova, traspare il tema fondamentale del testo biblico: altro è il “sembrare” altro è l’ “essere”. La fede si colloca nella dimensione dell’essere. Gli scribi vivono una fede nell’orizzonte del sembrare. Le loro manifestazioni comportamentali denunciano la propensione alla recita, come se la vita fosse un grande teatro. Gesù li chiama “ipocriti” (cfr Mt 23,13-32). Gli ipocriti sono coloro che manifestano una stridente contraddizione tra quello che dicono e quello che fanno, tra l’esteriore apparenza e l’interiore mancanza di giustizia. Secondo l’uso della parola nel mondo greco, gli ipocriti sono commedianti. Recitano la fede, non la vivono. Questa dicotomia tra mondo interiore e mondo esteriore è espressa dal vangelo di Marco in un modo più incisivo: essi vogliono solo farsi vedere. Ciò li porta a “passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti”. Ma, poi, “divorano le case delle vedove”, cioè delle persone più povere e indifese della società ebraica. Si tratta di una filosofia, quella del sembrare, che nell’odierna società va per la maggiore in ogni ambito della vita (politico, giuridico, finanziario, sportivo, ecc.). Purtroppo anche l’ambito religioso non è immune. La vedova, diversamente dagli scribi, si colloca nella dimensione dell’essere. Per lei l’offerta non è una recita. E’ una privazione che si traduce in un dono. La donna offre ben poco al tempio (l’equivalente di circa 20 centesimi di euro), ma ciò che offre se l’è tirato fuori di bocca per donarlo: “nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. Lei non ha rubato come gli scribi per donarlo a Dio (cfr Sir 34,24: “Sacrifica un figlio davanti al proprio padre chi offre un sacrificio con i beni dei poveri”). Accanto alla vedova, nella logica dell’essere trova posto il discepolo di Cristo. Il credente è chiamato a dare il massimo che gli è possibile, mettendo in secondo piano il risultato oggettivo (e l’apparenza della santità). Egli sa che la giustizia di Dio non è “uguale” per tutti, ma è strettamente proporzionale: “A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto” (cfr Lc 12,48). Quest’ultimo tema (giustizia proporzionale) prepara la comunità alla conclusione dell’anno liturgico in cui verrà toccato il tema delle cose ultime, compreso il giudizio divino.

Dimensione letterariaMentre l’incipit del testo biblico del vangelo è molto sobrio (“Diceva loro nel suo insegnamento…”), l’incipit del testo biblico-liturgico è elaborato, ma molto più chiaro. Sono infatti esplicitati il mittente (Gesù), il destinatario (la folla = l’insegnamento è per tutti), il luogo (nel tempio): “In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento”. Letterariamente il brano va diviso in due parti. Nella prima parte, Mc12,38-40, Gesù evidenzia il tema “sembrare / essere”, condannando il comportamento degli scribi e rifiutando la logica del “farsi vedere”. Nella seconda, Mc 12,41-44, Gesù evidenzia lo stesso tema, mettendo in luce il comportamento della vedova e dei ricchi. I due brani sono uniti dalla Liturgia a causa della parola-gancio “vedove (v. 39) / vedova (v. 42)”. I due brani sono proposti in antitesi. Da una parte gli scribi, che “amano” mostrarsi credenti, ma di fatto sono di una mostruosità umana indicibile perché esercitano l’ingiustizia prepotente e l’egoismo più bieco verso la classe sociale più umile e povera di allora: le vedove. Dall’altra troviamo la vedova che Gesù porta come esempio di generosità senza uguale.

Riflessione biblico-liturgicaa. Dio disse a Samuele, quando costui doveva ungere re il successore di Saul: “Non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore” (1 Sam 16,7). La giustizia di Dio vede il cuore dell’uomo (vedova), non l’apparenza (scribi). b. Il testo di 1Re 17,10-16 (prima lettura) presenta la figura della vedova. Povera e madre di un figlio, donò il suo servizio e il suo pane al profeta Elia. In restituzione ebbe olio e farina fino alla stagione delle piogge. Dio sa come ricambiare la generosità delle persone.