Cosa aspettarsi da una società a bassa risoluzione?

La società cambia velocemente: tanto quanto le tecnologie che ormai vivono con noi in ogni momento. Verso quale società e verso quale tipo di lavoro stiamo andando?

Il mondo va veloce e va “leggero”: questo il senso del discorso/ libro di Massimo Mantellino “Società a bassa risoluzione”. Che non indica un mondo di qualità scadente, non necessariamente almeno. “A bassa risoluzione – ha spiegato l’interlocutore  – significa pure veloce, facilmente trasmissibile, scambiabile”. Per capire il concetto basta pensare alle foto: dal rullino che dava un album fotografico per tutta una vita, allo smartphone che consente scatti quotidiani e plurimi. Lo stesso vale per la musica: da due vinili l’anno a canzoni scaricabili da tutto il mondo con un clic. Ci sono condivisioni inimmaginabili anche fino a un pugno di anni fa.

La controparte è che anche il lavoro cambia: per i giovani che forse faranno un lavoro che ancora non esiste – ha invece spiegato il giornalista Luca De Biase del Sole 24 ore, autore de “Il lavoro del futuro” -. Ma cambia anche per gli adulti: l’aggiornamento richiesto è in parte studio, in parte nuove tecnologie (strumenti che servono al lavoro stesso: sportellisti, analisi, giornalisti stessi, ma anche fotografi, cuochi…). Tutto ha ormai una sua tecnologia dedicata.

Come se ne esce allora? La regola è interessante e vale per tutti: coltivare l’immateriale. L’esempio della maglietta è illuminante: una maglietta costa 2 euro, la fanno in Cina e la prendiamo tutti da là. Il valore aggiunto è quello che cambia e che la fa pagare a noi 20, 50, 100 euro. Cos’è il valore aggiunto ovvero l’immateriale? La fantasia dell’immagine, la creatività di un taglio, ‘intelligenza di un marchio che è stato capace di imporsi…

La morale dunque è: cercare l’ambito che è nostro (nel sociale, nella scrittura, nella meccanica, nell’ambiente, nella salute) e coltivare quello che fa la differenza: l’immateriale appunto.