Cinque pani e due pesci

E' un segno di solidarietà ma è anche un segno del Mistero

Gv 6,1-15 (forma riassuntiva)In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi… Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei… Disse a Filippo: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. Diceva così per metterlo alla prova. Gli rispose Filippo: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”. Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?”. Rispose Gesù: “Fateli sedere”… Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: “Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!”. Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

Tematica liturgicaIn Mc 6,30 l’evangelista narra il miracolo della moltiplicazione dei pani. La Liturgia preferisce leggere questo miracolo nella versione del vangelo di Giovanni. La lettura domenicale di Marco, perciò, viene sospesa e, per cinque domeniche, verrà letto tutto il capitolo sesto di Giovanni. Successivamente (nella 22° domenica del tempo ordinario, ovvero il 02/09/2018) la Liturgia riprende la lettura del vangelo di Marco.Di fronte al miracolo della moltiplicazione dei pani, la lettura materialistica della Bibbia direbbe che Gesù ha fatto emergere la solidarietà dalle masse che lo ascoltavano. Una lettura socio-religiosa direbbe, invece, che il testo illustra il tema dell’iniziativa umana e del suo limite, soccorsa dall’intervento miracoloso di Dio. Filippo e Andrea rappresentano la buona volontà dell’uomo nel reagire alla difficoltà di trovarsi di fronte a una folla numerosa e affamata. Gesù rappresenta l’intervento divino che va incontro al limite umano. Ridurre, però, la moltiplicazione dei pani all’interpretazione materialistica o socio-religiosa, significa abusare del testo e farlo diventare pretesto per esprimere una ideologia, negando il fatto narrato. L’esegesi direbbe che la moltiplicazione dei pani si pone sul piano del miracolo della manna nel deserto (così è nel vangelo di Giovanni) e sul piano dell’anticipazione profetica dell’Eucaristia (Sinottici e Giovanni). I gesti compiuti da Gesù, durante il miracolo, richiamano i gesti che sono descritti dai Sinottici nell’ultima cena: “Prende i pani”, “rende grazie” e “li diede a quelli che erano seduti”. La Liturgia preferisce leggere il testo di Giovanni (vangelo, Gv 6,1-15) in modo particolare perché gli affianca il testo di 2 Re 4,42-44 (prima lettura). Il testo veterotestamentario narra l’episodio della moltiplicazione dei pani fatta dal profeta Eliseo. La tematica biblico-liturgica che ne scaturisce è l’abbondanza dei pani nei confronti del bisogno degli uomini (1Re 4: “mangiarono e fecero avanzare” / Gv 6: “riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato”). Gesù si trova di fronte a una folla affamata, Eliseo di fronte a una carestia. Dio, che dona la vita, risponde abbondantemente al bisogno degli uomini. Si tratta dell’intervento di Dio che va incontro alla “fame” dell’uomo, che non è solo fame di pane, ma anche di verità, di significato, di eternità.

Dimensione letterariaL’incipit liturgico (“In quel tempo”) sostituisce l’inizio biblico (“dopo questi fatti”) del brano evangelico, che può essere letto secondo una scansione in sei medaglioni: lo scenario (Gv 6,1-4), la prova di Filippo (Gv 6,5-7), il dialogo con Andrea (Gv 6,8-10), il miracolo (Gv 6,11), la raccolta degli avanzi (Gv 6,12-13), il rifiuto della regalità umana da parte di Gesù (Gv 6,14-15). Mentre il miracolo è raccontato in un solo versetto, appare di notevole interesse l’affermazione di Gesù sugli avanzi: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”. L’espressione è vicina a Gv 6,39 in cui Gesù dirà che la volontà del Padre è “che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”. L’uomo non può perdere niente di quanto Gesù gli ha donato (segno dell’Eucaristia) e Gesù non può perdere niente di quanto il Padre gli ha dato (i discepoli).

Riflessione biblico-liturgicaa. C’è un legame tra l’apertura del discorso della montagna di Matteo e l’apertura del racconto giovanneo. In tutti e due i casi Gesù sale sul monte (come Mosé) e si siede circondato dai suoi discepoli. Più lontano c’è la folla (in Matteo: destinataria del discorso; in Giovanni: beneficiaria del miracolo). Il legame tra i due episodi dice che non c’è accoglienza della Parola senza Eucaristia e viceversa, non c’è Eucaristia senza accoglienza della Parola.b. Il miracolo di Eliseo (2 Re 4,42-44) anticipa e annuncia il miracolo di Gesù. Il cibo dei poveri (5 pani d’orzo e 2 pesci secchi) viene trasformato da Gesù. Egli “prende i pani” (espressione sinottica dell’ultima cena), “rende grazie” (“eucharistèin” è il verbo dell’Eucaristia) e “distribuisce” (Lc 22,19: “Lo diede loro”). Si tratta dei gesti eucaristici che Gesù farà nell’ultima cena.