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Api: ambiente ostile, ma a Pordenoen stanno meglio che altrove
Lo dice Pierbruno Mutton, presidente del Consorzio fra gli Apicoltori della provincia di Pordenone.Attivo dal 1976, il Consorzio raccoglie al suo interno 340 dei circa 400 apicoltori presenti nel Friuli Occidentale, per un totale di 7000 alveari.
Negli ultimi due, tre anni la produzione era stata piuttosto bassa. Quest’anno invece le cose sono andate meglio e abbiamo una maggiore disponibilità di miele. L’inverno è stato buono e ciò ha consentito un buon raccolto, fatta eccezione per il tarassaco”. Così inquadra la situazione Pierbruno Mutton, presidente del Consorzio fra gli Apicoltori della provincia di Pordenone.Attivo dal 1976, il Consorzio che ha sede al Villaggio del Fanciullo raccoglie al suo interno 340 dei circa 400 apicoltori presenti nel Friuli Occidentale, per un totale di 7000 alveari.Le finalità sono quelle di promuovere l’apicoltura e i prodotti dell’alveare. Le azioni sono rivolte da un lato agli stessi apicoltori attraverso attività di formazione, come corsi di vario tipo, compresi quelli di avvicinamento all’apicoltura; sia attraverso un’assistenza tecnica, con esperti che verificano lo stato di salute degli apiari offrendo supporti particolari in base alle necessità.Dall’altro lato il Consorzio si propone al mondo dei consumatori con l’intento di far conoscere i prodotti dell’alveare, anche indicendo concorsi di miele, il più famoso dei quali si svolge annualmente a Sacile nell’ambito della Sagra degli Osei.Non manca poi l’attività portata avanti con le scuole, in modo particolare con gli studenti delle primarie a cui viene spiegato il mondo delle api sia con lezioni fatte in classe, sia ospitando le scolaresche nell’apiario didattico presente nella sede del Consorzio.E poi non mancano le attività portate avanti in collaborazioni con le pro loco, i comuni e i gruppi di acquisto solidale. Il miele presente nel nostro territorio è principalmente di sei tipi: tarassaco, acacia, amorpha, tiglio, castagno e millefiori.Sia per l’inquinamento e in particolare l’uso di fitofarmaci nelle coltivazioni, la presenza delle api oggi è seriamente messa a rischio. Ma ad incidere è complessivamente la trasformazione dell’ambiente in cui viviamo, che – per varie ragioni – sta divenendo sempre più un ambiente ostile per le api. La riduzione degli spazi verdi, l’aumento dei vigneti o la diminuzione delle siepi sono solo alcuni esempi di elementi che non giocano a favore della presenza delle api.”Nel Friuli occidentale – spiega il presidente Mutton – tutto sommato non siamo nemmeno messi male, altrove la situazione è ben peggiore”.”I rapporti con le diverse associazioni di agricoltori – spiega il presidente -sono buoni. Ci si affida un po’ alla sensibilità gli uni degli altri affinché gli interessi di tutti siano preservati. Del resto molto spesso gli apicoltori sono allo stesso agricoltori. Chi lo fa per mestiere è proprio inquadrato come imprenditore agricolo”.Ma qual è l’identikit dell’apicoltore di casa nostra? C’è chi lo fa per mestiere e chi si avvicina a questo mondo per hobby. Prevalgono i maschi, anche se negli ultimi anni non sono poche le donne che si stanno avvicinando a questa disciplina.Prevale ancora la componente della tradizione familiare, per cui sono padri e nonni a tramandare questa passione a figli e nipoti. Tuttavia c’è anche chi parte da zero, magari perché spinto da motivazioni ecologiche cui si accompagna la volontà di seguire uno stili di vita green.Ma fare l’apicoltore è pericoloso? “Normalmente le api non pungono – chiarisce il presidente -. Lo fanno se le andiamo a disturbare in modo inopportuno. Capita comunque di essere chiamati talvolta per catturare qualche sciame. E capita anche che chi ci chiama confonda le api con le vespe. Ecco, queste ultime sono un po’ più fastidiose”.