Toccare la carne di Cristo

Presentata il 18 a Maniago, il 19 a Concordia (in Cattedrale ore 20.30) e il 20 a Pordenone (in concattedrale ore 20.30): ecco il testo integrale della Lettera pastorale 2018-19 del Vescovo Giuseppe Pellegrini dedicata ai Poveri: "Toccare la carne di Cristo"

TOCCARE LA CARNE DI CRISTO

Incontrare, ascoltare e condividere la vita dei poveri

 

 

 

Lettera pastorale per l’anno 2018-2019

 

 

 

Carissimi confratelli presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate e fedeli laici della Chiesa di Concordia-Pordenone, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro.

 

 

Ho scelto la frase Toccare la carne di Cristo, pronunciata da papa Francesco nella Veglia di Pentecoste con i movimenti il 18 maggio 2013, per sintetizzare il cammino pastorale di quest’ anno sulla povertà, perché torni ad essere al centro della vita cristiana personale e delle nostre comunità. Facciamo nostre le parole di Papa Francesco: “Toccare la carne di Cristo, prendere su di noi questo dolore per i poveri. La povertà, per noi cristiani, non è una categoria sociologica o filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fatto povero per camminare con noi sulla strada. E questa è la nostra povertà: la povertà della carne di Cristo, la povertà che ci porta il Figlio di Dio con la sua Incarnazione. Una Chiesa povera con i poveri incomincia con l’andare verso la carne di Cristo”. 

 

Con questa mia lettera pastorale desidero suggerire alcune considerazioni e alcuni spunti di riflessione per ciascuno di noi personalmente e per la comunità diocesana, le parrocchie e le unità pastorali,per incontrare, ascoltare e condividere la vita dei poveri presenti nel territorio. Negli incontri che farete con il consiglio pastorale, i catechisti, gli animatori e con i gruppi e le associazioni, vi invito a qualche momento di confronto e di formazione. Tali incontri dovrebbero aiutarvi a formulare proposte concrete e attività a favore dei poveri delle nostre comunità.

 

La riflessione e l’itinerario di quest’anno si inseriscono nel cammino triennale della Visita Pastorale che nelle scelte preferenziali privilegia come interlocutori anche i poveri. Abbiamo davanti agli occhi l’icona biblica dell’incontro di Gesù con Zaccheo (Luca 19,1-10). L’incontro con Gesù cambia la vita di Zaccheo che non teme di restare senza beni materiali. Zaccheo non lascia tutto per seguire Gesù, rimane nella propria casa continuando il proprio lavoro, testimone, però, di un nuovo modo di vivere: non più il guadagno al di sopra di tutto, ma la giustizia e la condivisione con i più poveri e bisognosi, vivendo così una forma di radicalità evangelica rimanendo nel mondo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRIMA PARTE

 

IN ASCOLTO DEL VANGELO E DEI SEGNI DEI TEMPI

 

 

  1. Un testimone: Francesco di Assisi

 

Parto da una testimonianza che vale più di tante parole. Nella vita di san Francesco, esempio luminoso di povertà evangelica, all’inizio della sua conversione, ci sono due episodi fondamentali molto significativi: l’incontro con il lebbroso e con il crocifisso di San Damiano.

– Tommaso da Celano, primo biografo di san Francesco, nella Vita seconda racconta: “Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma, ecco, un giorno ne incontrò proprio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne provò grande fastidio e ribrezzo; ma per non venire meno alla fedeltà promessa, come trasgredendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e corse a baciarlo. E il lebbroso, che gli aveva steso la mano, come per ricevere qualcosa, ne ebbe contemporaneamente denaro e un bacio. Subito risalì a cavallo, guardò qua e là – la campagna era aperta e libera tutt’attorno da ostacoli – ma non vide più il lebbroso. Pieno di gioia e di ammirazione, poco tempo dopo volle ripetere quel gesto: andò al lebbrosario e, dopo aver dato a ciascun malato del denaro, ne baciò la mano e la bocca” (n. 592). I lebbrosi erano davvero ‘i poveri e gli ultimi ultimi’, allontanati dalla comunità. In questo incontro avvenne qualcosa che convertì e cambiò il cuore di Francesco, spingendolo a scegliere la sua vocazione: essere l’ultimo tra gli ultimi. L’esperienza dell’abbraccio con il lebbroso aprì il cuore a Francesco lanciandolo verso un futuro di pienezza che lo portò a incontrare e servire molti lebbrosi, considerandoli i suoi fratelli preferiti. 

– Il secondo episodio, strettamente collegato al primo, ci viene raccontato sempre dal Celano e ci presenta Francesco che vaga nel silenzio della campagna, ancora in ricerca della sua strada. “Un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso, cosa da sempre inaudita, l’immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra, ” Francesco, – gli dice chiamandolo per nome – va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina “. Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito” (n. 593). In quell’incontro Francesco sentì infiammarsi il cuore dal desiderio di essere unito strettamente a Gesù crocifisso. Si innamorò perdutamente di Gesù povero e umiliato per amore e nella sua vita cercò sempre di imitarlo nella povertà e nell’amore verso i poveri. Quel crocifisso e quelle stimmate che si impressero prima nel cuore e poi anche, a La Verna, nella carne di Francesco, sono il segno della sua scelta di essere povero tra i poveri, radicalmente povero come il suo Maestro e Signore Gesù.

 

               Questi due episodi della vita di san Francesco, così uniti tra loro, ci aiutano a comprendere meglio il cammino pastorale di quest’anno dedicato ai poveri. È infatti fondamentale unire la contemplazione di Cristo Gesù povero che si fece simile a noi con l’attenzione e il servizio ai poveri. La scelta pauperistica di san Francesco non si colloca all’interno dei movimenti del suo tempo che volevano la povertà fine a se stessa:vuole essere piuttosto lacaratteristica essenziale per affermare l’adesione totale al Vangelo e alla vita di Gesù.

 

 

  1. Nella contemplazione di Gesù povero

 

Proprio in quest’anno dedicato ai poveri, non può mancare nella vita personale e delle nostre comunità la contemplazione di Gesù, come ci ricorda san Paolo nella seconda lettera ai Corinzi: “Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (8,9).  Siamo invitati a toccare concretamente la carne di Cristo, ad andare a Lui, che ha assunto la nostra carne umana. Diventa, allora, necessario rivolgere il nostro pensiero a quello che scrive san Paolo nell’inno cristologico della lettera ai Filippesi (2,5-8):

 

“Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:egli, pur essendo nella condizione di Dio,non ritenne un privilegio l’essere come Dio,ma svuotò se stessoassumendo una condizione di servo,diventando simile agli uomini.Dall’aspetto riconosciuto come uomo,umiliò se stessofacendosi obbediente fino alla mortee a una morte di croce”

 

L’intenzione di Paolo e della comunità cristiana primitiva è di rimarcare con forza che Cristo ha rinunciato in modo totale, libero e volontario a tutto ciò che il suo status in rapporto con Dio comportava in ordine alla dignità e al trattamento. Gesù svuotò se stesso assumendo la condizione di schiavo, rinunciando a comportarsi come Dio e Signore per essere servo, privo di autorità, dignità e potere, dedicandosi completamente agli altri. Tale spoliazione permette al Figlio di Dio di incarnarsi nella nostra umanità, di entrare nella vita di ogni persone, fino a raggiungerla nei bassifondi dell’umanità. Questo lasciare la ricchezza, svuotare se stesso della sua divinità per abbracciare la povertà dell’umanità, è diventato ricchezza per l’uomo perché ci ha permesso di ristabilire la vera relazione con Dio che era andata distrutta dal peccato. Gesù ha assunto la povertà di noi essere umani, che a causa del peccato ci eravamo allontanati da Dio, e nella sua obbedienza e morte in croce ci ha restituito il legame e la relazione con Dio. Ce lo ricordano le parole dell’evangelista Marco: “il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto di molti” (10,45). 

 

All’inizio della sua missione nel Vangelo di Matteo, Gesù, partendo dalla sua esperienza, presenta la via della felicità: le Beatitudini (Matteo 5, 1-12). Lo scopo della sua venuta è indicare la via della felicità ad ogni uomo e ad ogni donna, e il primo passo su questa via verso la felicità è espresso con: “Beati i poveri in Spirito perché di essi è il regno dei cieli” (v. 3). È la prima e la più importante delle beatitudini perché diventa la chiave interpretativa per comprendere coerentemente tutte le altre. Infatti, per godere veramente dei beni che sono un dono, è necessario essere non schiavi delle cose ma liberi e aperti per il compimento del Regno. Se dunque il Regno arriva in mezzo a noi con Gesù e per ereditarlo bisogna vivere come poveri, possiamo dedurre che bisogna imparare da Gesù a vivere come poveri. Praticamente l’evangelista sta dicendo che chi fa una scelta in favore degli altri non si deve preoccupare perché Dio si prenderà cura di lui. I poveri sono beati non perché vivono la povertà nella rinuncia e nel sacrificio, ma perché danno compimento, con il loro stile di amore e di servizio verso gli altri, al regno di Dio che viene. Poveri per essere liberi di donare se stessi agli altri. I poveri in spirito sono quelli che liberamente e per amore si sentono responsabili del bene e della felicità degli altri, permettendo così a Dio di prendersi cura di loro. Se noi ci prediamo cura degli altri, permetteremo a Dio di prendersi cura di noi. Gesù ci chiama esplicitamente alla condivisione, come ha fatto con il ricco notabile: “Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli” (Luca 18,22). Ideale non facile da raggiungere che spesso provoca alla Chiesa un forte disagio, sia a livello personale che comunitario. È una strada che il Signore ci invita a percorrere passo dopo passo, senza paura e senza mai stancarci, perché sostenuti dal suo amore e soprattutto dal dono della sua vita. L’Eucaristia, la fractio panis, la comunione che settimanalmente celebriamo, ci dà la forza per vivere e per donarci agli altri, in particolareai più poveri e bisognosi.   

 

Gesù è povero perché con la sua nascita ha accettato di condividere la nostra vita umana, lavorando con mani d’uomo, pensando con intelligenza d’uomo, agendo con volontà d’uomo e amando con cuore d’uomo. Sceglie di essere povero per amore, generosità, desiderio di prossimità; e ci insegna che amare è condividere in tutto la sorte dell’amato. L’amore rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio, in Gesù, ha fatto questo per noi. L’amore è vero solo se è povero. Gesù non parla dunque di quelli che sono poveri perché le dure necessità della vita li hanno resi indigenti, ma di coloro che lo sono per un atto d’amore. Il povero non è colui che non ha nulla di sé a cui attingere per poter vivere. È invece colui che sa che per potere arrivare alla fine della giornata, ha bisogno di un altro. Il povero sa che esiste e vive grazie a qualcun altro. Un altro ha costruito la sedia che usa, un altro ha coltivato e raccolto quello che mangia, prodotto il cellulare che usa, i vestiti che indossa, dei muratori hanno costruito la casa che abita. Possiamo esistere solo grazie agli altri, in tutto.

 

 

  1. Poveri e povertà

 

Opportuna una premessa: quando parliamo di povertà dobbiamo sempre, prima di tutte le considerazioni e le statistiche, essere consapevoli che ci sono delle persone con un volto, un cuore e una storia.  Come ha fatto il Buon Samaritano della parabola (cfr. Luca 10,29-37), siamo chiamati a riconoscere prima di tutto gli uomini e le donne che vivono nella sofferenza e nella povertà ai bordi delle strade del nostro territorio e ad avere compassione, diventando anche noi poveri come colui che desideriamo servire. Solo così sarà possibile coniugare i tre verbi della solidarietà evangelica che ci hanno accompagnato qualche anno fa nel cammino pastorale: vedere, fermarsi e toccare. Il samaritano, un uomo considerato lontano da Dio, “vide e ne ebbe compassione … e si prese cura di lui” (33-34), assumendo lo stesso comportamento del Signore: la compassione che ci spinge ad avere un cuore che vede e che sente, guardandoci attorno per scoprire le povertà, i poveri che vivono accanto a noi. Le situazioni di povertà e di fragilità sono ancora tante, vecchie e nuove.

 

I poveri sono il volto concreto di Dio, presenza inquietante di una umanità che non ha ancora raggiunto la pienezza della vita e non sa accogliere dignitosamente coloro che soffrono. Ma per accorgersi dei poveri, è necessario prima di tutto riconoscere che ciascuno di noi è un povero mendicante! Guai se non riconoscessimo la nostra povertà e pensassimo che poveri sono soltanto gli altri. I poveri ci insegnano proprio questo: che siamo noi i primi ad aver bisogno degli altri, che non possiamo pensare solo a noi stessi, che per essere felici e per dare senso pieno alla nostra vita è necessario scendere dal piedestallo che ci siamo fatti e metterci in ascolto degli altri e delle loro esigenze, uscire dal guscio della nostra comodità per amare e servire gli altri. I poveri ci insegnano cose molto importanti, come il valore della sobrietà e della semplicità della vita, a non aver paura di chiedere aiuto agli altri, ad assumere stili di vita più sobri e non consumistici, rispettosi dell’ambiente e anche di chi non ha tante possibilità economiche.I poveri hanno molto da insegnarci, perché conoscendo bene i sentimenti di Cristo Gesù per esperienza diretta, conoscono il Cristo sofferente.

 

Papa Francesco ai numeri 209-215 dell’Evangelii gaudium descrive alcune fragilità e povertà dei nostri giorni. I migranti e i rifugiati sono la sfida più grande per la nostra società e la Chiesa stessa, senza frontiere e madre di tutti. Di fronte a questo fenomeno le reazioni sono molto diverse e, purtroppo, spesso politicizzate. Come uomini e donne e come cristiani siamo invitati, sull’esempio di Gesù, ad un preciso dovere di accoglienza e disponibilità nei confronti di coloro che si trovano nel bisogno e bussano alla nostra porta. Tale accoglienza oggi è complessa, per problemi oggettivi eanche per le tante regole e leggi da rispettare.Pur se non sempre siamo riusciti a fare bene, la disponibilità all’accoglienza e all’integrazione ci deve vedere impegnati come singoli, parrocchie e diocesi.

Ci sono anche altre gravi povertà oggi. Non meno drammatiche sono le povertà dovute alla mancanza di lavoro o di abitazione che condizionano fortemente il futuro dei giovani. Situazioni di povertà le troviamo nella popolazione anziana e abbandonata, ma anche nel mondo degli adolescenti e dei giovani, spesso soli e in balia di ogni illusione. Situazioni di povertà ci sono ancora nelle famiglie, tanto segnate dal disagio economico. Tra i più deboli, ci sono i bambini nascituri soppressi con l’aborto. La “difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano” (EG 213). Non trascurabili poi sono le condizioni di fragilità dovute alla disabilità, sia fisica che psichica, dove il peso che ricade sulle famiglie è spesso aggravato dalla solitudine, dall’abbandono e dalla mancanza di adeguato sostegno. Altre situazioni di povertà riguardano le dipendenze dal gioco, dall’alcool, dalle sostanze in genere, come dal sesso, dal denaro e dal potere. Un contesto delicato che chiede di non essere dimenticato dallo sguardo cristiano è quello del carcere. Si sta diffondendo, poi, sempre più nel nostro territorio la piaga della droga, a partire dai giovanissimi. Situazione di povertà è spesso quella della donna, sfruttata o percossa, violentata o messa sulla strada, comprata e venduta. O ancora quella di chi è umiliato, disprezzato e offeso per il suo orientamento sessuale. Sono situazioni gravi di povertà la disperazione del cuore, la depressione, l’ignoranza e la solitudine che non risparmia niente e nessuno Anche la nostra madre terra è tra i poveri di cui prendersi cura. Lo dice con chiarezza Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’: “Fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che ‘geme e soffre le doglie del parto (Romani 8,22)” (n 2).  Non vanno, poi, dimenticate le povertà non meno gravi di quelle materiali: le povertà spirituali: “La peggior discriminazione i cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale” (EG 200). Sono molti – prosegue papa Francesco – quelli che hanno fame di Dio, e come cristiani dobbiamo aiutarli a saziarsi di Dio, offrendo loro la sua amicizia, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di fede.

Desidero segnalare alcune situazioni di marginalità: situazioni derivanti da separazioni e divorzi; l’inverno demografico del nostro Paese, che sta raggiungendo numeri preoccupanti. Se le radici di questa situazione toccano in primo luogo la sfera valoriale e spirituale, dobbiamo riconoscere che la mancanza di lavoro e la conseguente incertezza economica, incidono non poco sulla scelta di procrastinare o ridurre la generazione di figli. Nella stessa ottica vanno valutate le difficoltà che ostacolano la scelta matrimoniale in età giovanile e adulta. Infatti, spesso alcuni limiti materiali, ai quali si dà molto peso, incidono sulla scelta di rinviare sine die!

 

 

  1. Una Chiesa povera per i poveri

 

L’invito di Gesù fatto ai discepoli è chiaro: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Giovanni 20,21). La Chiesa, la comunità dei discepoli di Gesù, è mandata in missione come Gesù, seguendo il suo stile, che è un cammino di piccolezza, di umiltà, di semplicità e di povertà. Ha creato un po’ di imbarazzo l’espressione: “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri” che papa Francesco ha pronunciato nell’incontro con i giornalisti poco dopo la sua elezione a papa. Idea ripresa nell’Evangeli Gaudium al n. 198 e con altre parole al Convegno della Chiesa italiana a Firenze nel 2015: “Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti… Sognate anche voi questa Chiesa”. E sempre in questo discorso, papa Francesco raccomanda a tutta la Ciesa italiana “l’inclusione sociale dei poveri, che hanno un posto privilegiato nel popolo di Dio, e la capacità di incontro e di dialogo per favorire l’amicizia sociale nel vostro Paese, cercando il bene comune”.

 

Ma è nell’Evangelii Gaudium che papa Francesco ci propone una riflessione particolare e articolata sui poveri, dedicandovi il secondo paragrafo del capitolo IV, L’inclusione sociale dei poveri, dal numero 186 al 216. Propongo alla vostra attenzione il numero 198.

“Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro «la sua prima misericordia». Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere «gli stessi sentimenti di Gesù» (Filippesi 2,5). Ispirata da essa, la Chiesa ha fatto una opzione per i poveri intesa come una «forma speciale di primazia nell’esercizio della carità cristiana, della quale dà testimonianza tutta la tradizione della Chiesa» (Giovanni Paolo II nell’enciclica Sollecitudo rei socialis, 42). Questa opzione – insegnava Benedetto XVI– «è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà» (Discorso inaugurale all’Assemblea dei vescovi latino-americani ad Aparecida nel 2007). Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro”.

 

Una Chiesa attenta ai poveri e che li sa ascoltare. “La Chiesa ha riconosciuto che l’esigenza di ascoltare questo grido deriva dalla stessa opera liberatrice della grazia in ciascuno di noi, per cui non si tratta di una missione riservata solo ad alcuni: «La Chiesa, guidata dal Vangelo della misericordia e dall’amore all’essere umano, ascolta il grido per la giustizia e desidera rispondervi con tutte le sue forze». In questo quadro si comprende la richiesta di Gesù ai suoi discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare» (Marco 6,37), e ciò implica sia la collaborazione per risolvere le cause strutturali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri, sia i gesti più semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie molto concrete che incontriamo. La parola “solidarietà” si è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità. Richiede di creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni” (EG 188).  Stiamo attenti, però, a non fare dei poveri una categoria a sé stante rispetto alla comunità ecclesiale, ma a farli diventare i protagonisti della missione evangelizzatrice di tutta la Chiesa. La Chiesa vede nel povero non solo colui che riceve la buona notizia ma anche il messaggero privilegiato, la manifestazione concreta della buona notizia. Infatti, ascoltando con attenzione le storie dei poveri e dei piccoli, noi possiamo imparare più facilmente lo spirito del Vangelo. “Senza l’opzione preferenziale per i più poveri, l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone” (EG 199).

 

La Chiesa è chiamata ad essere una comunità dove i poveri si sentano a casa loro, fratelli tra fratelli, dove sono accolti e dove possono a loro volta accogliere e fare qualcosa per gli altri, ritrovando la gioia e forza per vivere in pienezza e dignità. Chiesa dei poveri e per i poveri è una comunità di fratelli e di sorelle che non si fanno grandi con gli ultimi ma sanno riconoscere la propria piccolezza e confidano solo in Dio misericordioso. Non nel potere umano, non negli appoggi politici, non sulla forza del denaro, non sul consenso dei media ma solo in Dio e nella sua Parola fatta carne.

 

Una Chiesa povera con i poveri, significa:

  •  una Chiesa che dedica tempo ai poveri

  • una Chiesa che ascolta i poveri

  • una Chiesa he mette al centro i poveri

  • una Chiesa capace di accogliere, di essere casa per tutti

  • una Chiesa che favorisce la prossimità e l’inclusione sociale

  • una Chiesa che dona gratuitamente il bene più prezioso: Gesù Cristo.

     

     

 

SECONDA PARTE

 

PROSPETTIVE PASTORALI

 

 

  1. Domande per la riflessione

 

            Come prima attività pastorale desidero offrire alcune domande che possano stimolare la verifica e la riflessione personale come anche all’interno delle comunità parrocchiali e unità pastorali (Consigli pastorali, catechisti, collaboratori delle varie realtà pastorali), gruppi e associazioni.

 

– Per essere poveri come il Signore occorre innanzitutto innamorarci di Colui che per noi si è fatto povero e contemplare Gesù povero per amore che dona tutto se stesso a noi. LacontemplazionediCristopoveroecrocifissopernoipresentenellatuavitaenellavitadellatuacomunità?

Lo Spirito è uno dei doni della preghiera che il Padre non fa mai mancare ai suoi figli che glielo domandano. Non ci può essere, pertanto, vita cristiana autentica senza preghiera, senza docilità del cuore. CosapossiamofarepercrescerenellapreghieraenelladocilitàalloSpirito?

 

– Il lebbroso rappresenta tutti gli emarginati e gli esclusi che ci fanno ‘orrore’ o che disprezziamo: non li conosciamo e invece di riconoscerli come persone li identifichiamo con delle etichette. Quali sono i ‘lebbrosi’ del nostro tempo? Quali meccanismi interiori e sociali ci inducono a creare emarginazione invece di integrazione? Cosa possiamo fare per liberarci da questi meccanismi che ci condizionano e creano ingiustizia? Racconta un’esperienza in cui una persona di cui diffidavi o che ti faceva paura si è poi rivelata ricca di umanità e bellezza.

 

– Nei poveri Dio ci viene incontro e ci educa. Quali atteggiamenti umani ci chiede questa consapevolezza? Quale stile di evangelizzazione? Cosa ci rende difficile guardare il mondo con gli occhi dell’altro e in special modo dei poveri? Cosa significa concretamente per la nostra comunità essere “una Chiesa povera per i poveri?”.

 

– Le piccole e grandi ‘illegalità’, la corruzione, i favoritismi, sono parte di una cultura ancora troppo diffusa. Capisci che tutto questo è contrario al vangelo e alla giustizia? Come possiamo cambiare questa mentalità e costruire un mondo più giusto?

Le ricchezze e l’attaccamento ai beni sono spesso fonte di conflitto e di ingiustizie. Hai mai pensato che Dio ci chiede di mettere a servizio del bene comune i nostri beni materiali e spirituali?

 

 

  1. Ambiti di impegno, attenzione e comprensione delle differenti e delle nuove povertà di oggi (EG 209-212)

 

È importante interrogarci e chiederci concretamente chi sono nel nostro territorio i poveri e gli ultimi. Come trovarli, come incontrarli e cosa fare.

 

Sarebbe utile una mappatura aggiornata delle nuove e vecchie povertà che sono presenti nel territorio, individuando anche cosa si possa fare concretamente per migliorare la condizione delle persone in difficoltà. Qualcuno propone di costituire delle ‘sentinelle di quartiere’, uomini, donne e giovani disposti a monitorare e controllare il proprio territorio per individuare le persone incorse in povertà, per poi attivare la comunità cristiana attraverso il Consiglio Pastorale parrocchiale, la Caritas o altri gruppi. È fondamentale non agire da soli ma sviluppare sinergie con tutte le altre realtà comunali, sociali e di volontariato presenti nel territorio.

 

Gli immigrati e i rifugiati sono persone da accogliere, portatrici di una loro ricchezza. Dobbiamo vedere in loro un’occasione di crescita come comunità civile ed ecclesiale. Come fare per impedire discriminazioni e chiusure contrarie al Vangelo e all’umanità? Chiediamoci concretamente cosa sui può fare in parrocchia e in unità pastorale per trovare alcune strutture di accoglienza e soprattutto volontari per favorire un sereno inserimento e una dignitosa accoglienza?

 

Una nuova forma di povertà, diffusa molto nel territorio della diocesi, anche se in modo sommerso, è il gioco d’azzardo, che non ho paura di qualificare un’azione immorale. Il Gioco d’Azzardo rappresenta un fenomeno in continua espansione tanto in Italia quanto nella regione Friuli Venezia Giulia e nel Pordenonese. L’incremento dell’offerta d’azzardo da un lato e la diffusa situazione di precarietà dall’altro hanno contribuito a incentivare il fenomeno, creando spesso situazioni particolarmente difficili, se non drammatiche, a livello personale, familiare e sociale. Il Friuli Venezia Giulia è la nona regione italiana per spesa in slot machine pro capite. Nel 2016 la spesa media pro capite è stata di 843,60 euro. Sul sito l’Italia delle Slot – https://lab.gruppoespresso.it/finegil/2017/italia-delle-slot/ – è possibile vedere i dati del numero degli apparecchi e delle giocate pro capite e complessive, per ogni comune d’Italia. La Caritas diocesana, in sinergia con le Caritas parrocchiali e con altre realtà del territorio, sta formando i propri volontari al fine di poter individuare e sostenere chi si dovesse trovare in questa situazione, anche valutando l’aperura di punti di ascolto dedicati. Considerato tutto questo, ribadisco quella che è sempre stata l’indicazione della Diocesi di non tenere negli ambienti parrocchiali o dipendenti dalle parrocchie apparecchi finalizzati al gioco d’azzardo.

La nostra terra è oggi sempre più oppressa e devastata. Cosa fare per far crescere la conoscenza del disastro ambientale che la terra vive sempre di più? Quali stili di vita possiamo assumere e cambiare per rispettare il creato e permettere che la terra sia una casa comune, ospitale per tutti, per le attuali e per le future generazioni?

 

            Sarebbe significativo e anche utile individuare alcune persone dell’oggi e del passato che nella nostra comunità si sono messe a servizio degli altri e dei più poveri con iniziative e attività particolari. Ricordarle significa portarle come esempi alle giovani generazioni, di gratuità e solidarietà. Possono essere sacerdoti (ad. esempio don Giuseppe Lozer di Torre, don Piero Martin, fondatore dell’Opera Sacra Famiglia …), altre persone o esperienze (ad esempio la carità fatta da tante nostre comunità alle povere orfanelle durante la disfatta di Caporetto, la nascita del CEDIS per tossicodipendenti, varie cooperative sociali presenti sul territorio …).     

 

 

  1. La giornata dei poveri: domenica 18 novembre 2018

Dal messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale dei poveri: Al termine del Giubileo della Misericordia ho voluto offrire alla Chiesa la Giornata Mondiale dei Poveri perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi. … Questa Giornata intende stimolare in primo luogo i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco, facendo propria la cultura dell’incontro. … Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza. Queste esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i poveri… Siamo chiamati, pertanto, a tendere la mano ai poveri, a incontrarli, guardarli negli occhi, abbracciarli, per far sentire loro il calore dell’amore che spezza il cerchio della solitudine”

Invito tutte le parrocchie e le altre realtà ecclesiali a dare il giusto rilievo alla Giornata mondiale dei poveri che quest’anno si celebrerà la domenica 18 novembre 2018.

È un’occasione per rendere ancora più sensibile il cuore delle nostre comunità al grido delle membra sofferenti del corpo di Cristo e a sostenere concretamente i luoghi di incontro con i poveri e le esperienze di ospitalità diffusa che sono già in atto nella Diocesi.

 

           L’anno scorso, dato il poco tempo a disposizione, non siamo riusciti a prepararla e a viverla bene. Quest’anno abbiamo il tempo necessario per una approfondita riflessione in ogni Consiglio Pastorale parrocchiale e per celebrarla in maniera dignitosa in ogni parrocchia, con qualche approfondimento e anche con qualche gesto di accoglienza e di carità. A livello parrocchiale o di unità pastorale.

 

Faccio una piccola proposta a mo’ di esempio: in prossimità di domenica 18 novembre i ragazzi del catechismo e/o i cresimandi si documentano su alcune gravi situazioni di povertà (per esempio: due situazioni “vicine” e due situazioni “nel mondo”). Disegnano poi in gruppo dei cartelloni, ciascuno dei quali con 4-5 scene e alcune parole-chiave corrispondenti (l’aspetto finale è quello di un cartellone da cantastorie). Li collocano fuori di chiesa e si dispongono 2-3 per ogni cartellone. Le persone che vanno a messa o escono di chiesa sono invitate a domandare informazioni ai ragazzi, che illustreranno le “storie” che hanno raccolto.

 

 

  1. Beni e uso del denaro

 

Papa Francesco nell’Evagelii gaudium al n.  28 ricorda: “La Parrocchia non è una struttura caduca … se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente”. La riforma delle parrocchie chiede a tutti di interrogarci sull’uso effettivo delle strutture che possediamo in rapporto all’annuncio del Vangelo. C’è un duplice criterio che non deve mai mancare: da una parte l’esigenza di legalità e la trasparenza e dall’altra la finalità pastorale. Non ci dobbiamo scandalizzare se la Chiesa possiede dei beni, piuttosto dobbiamo valutare il loro uso rispetto alla nostra missione. Sappiamo anche che molti beni sono stati lasciati alle parrocchie per i poveri. Ci sono, poi, immobili che non sono più necessari, altri che necessitano di ristrutturazioni eccessive; altri ancora, come tante case canoniche che non vengono più utilizzati: con un comodato potrebbero essere utilizzate per attività a favore della pastorale o delle tante povertà presenti sul territorio (es. affidate alla Caritas per accoglienza, casa-famiglia …) Cosa fare e come agire?     

 

Merita un discorso specificola gestione e l’uso del denaro. Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa afferma espressamente: “L’insegnamento sociale della Chiesa esorta a riconoscere la funzione sociale di qualsiasi forma di possesso privato, con il chiaro riferimento alle esigenze imprescindibili del bene comune” (n.178). Siamo chiamati, come cristiani, a mettere in discussione l’attaccamento al denaro e la ricerca spasmodica delle ricchezze, accompagnate dall’accumulo eccessivo di beni materiale e di depositi. Essere poveri insegna alle nostre comunità e alla Chiesa a fare i conti con l’illegalità e la corruzione molto diffusa anche ai nostri giorni, accompagnate da bustarelle e raccomandazioni. Non abbiamo paura, come presbiteri, consacrati, ma anche come fedeli laici e comunità cristiane ad interrogarci sull’uso del denaro, dove investiamo quel poco o tanto denaro che abbiamo a disposizione. Dobbiamo servirci del denaro e non servire il denaro, usandolo anche per la solidarietà efficace e rispettosa della dignità di ogni persona. Come funziona il Consiglio Affari economici della parrocchia? Mette solo delle firme o è veramente coinvolto nella gestione? Abbiamo una gestione trasparente delle risorse?

 

 

  1. L’attenzione ai poveri nella ‘pastorale ordinaria’ con la valorizzazione di alcune ministerialità e con qualche ‘opera segno’ 

 

 

  1. Caritas diocesana, foraniale e parrocchiale

 

Siamo tutti consapevoli dell’importanza della Caritas e del suo valore e significato. La natura dell’organismo pastorale Caritas, come è scritto nello statuto, è di “promuovere anche in collaborazione con altri organismi, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana”. Pertanto, primo destinatario e soggetto privilegiato dell’azione della Caritas è la comunità cristiana, diocesi e parrocchie che vengono accompagnate, attraverso alcune opere a testimoniare concretamente la carità che non è delegata solo ad alcune persone, ma è di tutta la comunità.

 

La Caritas, per promuovere e sviluppare questa sensibilità in tutto il popolo di Dio, si avvale di alcuni strumenti indispensabili.

 

  • I Centri di ascolto

 

L’incontro e l’accoglienza, l’ascolto e il riconoscimento della piena dignità di ogni persona precedono, per la comunità cristiana, l’elargizione di qualunque bene o servizio, indipendentemente dalla posizione economica e sociale occupata. Esso può essere organizzato in modo molto semplice senza immaginare necessariamente di dedicarvi un ambiente in modo esclusivo. Sonodecisive invece persone che dedichino tempo e cuore a questo compito primario.Là dove si ritiene opportuno poi il Centro di Ascolto si organizzerà anche con un piccolo archivio riservato dove si conserverà la storia di ogni persona incontrata per poter conservare anche i momenti di crescita e di emancipazione compiuti da ognuno e come testimonianza del cammino compiuto insieme.Non tutte le comunità cristiane avranno un vero e proprio Centro di Ascolto ma nessuna può delegare ad altri il compito di ascoltare i propri figli, privilegiando i più poveri, gli ultimi, coloro che vivono ai margini della società.

 

In questi mesi di visita pastorale, ho notato con grande gioia che molte parrocchie hanno un loro centro di ascolto, che funziona non solo per la distribuzione di borse spesa (necessarie ancora per tante famiglie) ma anche attenzione, accoglienza e accompagnamento di tante povertà presenti sul nostro territorio. Auspico che in ogni parrocchia o gruppo di parrocchie (in unità pastorale o forania) vi sia un centro di ascolto e un gruppo di volontari, attenti a rispondere alle varie necessità delle persone.

 

  • Osservatorio delle povertà

     

    Osservare le povertà significa fermarsi, rileggere i percorsi compiuti assieme alle persone in difficoltà e riflettere su ciò che sta accadendo attorno a noi. È un passaggio importantissimo, con una grande carica profetica. Spesso le esperienze di povertà non si mostrano, si nascondono o noi non riusciamo a coglierne la gravità e la carica di sofferenza che contengono. Soffermarci a rileggere le esperienze di incontro vissute, metterle a confronto, discernere insieme ci permette di cogliere nuove situazioni di disagio che vanno poi segnalate alla comunità e alla società perché ci si attivi per affrontarle. Nel corso della storia passata e recente la Chiesa ha avuto spesso il merito di essere la prima a cogliere i nuovi fenomeni di povertà e ad impegnarsi per contrastarli.  

      

  • Alcune ‘opere segno’

     

    Una volta individuata una situazione di povertà che coinvolge progressivamente sempre più persone, siamo provocati a fare qualcosa di concreto. La comunità cristiana riconosce di disporre di risorse limitate: qualche volontario, un budget insufficiente, un parroco sensibile e volenteroso. Per questo le nostre iniziative hanno il valore del “segno”, cioè affrontano una parte del problema sapendo di non poterlo sconfiggere in modo completo ma lo portano all’attenzione di tutti indicando una possibile via di soluzione. Sono “segno” per i poveri di un Dio che è amore, accoglienza e perdono; segno per i cristiani di come essere fedeli al vangelo; segno per il mondo di che cosa sta a cuore alla Chiesa.  È bello ricordare che spesso le attività ed opere concrete sono fatte in stretta collaborazione tra le parrocchie e altre realtà sociali e istituzionali del territorio, insieme a gruppi e associazioni varie. Tutto questo va incentivato.

     

    * Per le parrocchie o unità pastorali, le opere segno possono essere:

    – le raccolte e la distribuzione di cibo per i poveri;

    – l’accoglienza in casa un profugo da parte di famiglie, grazie al progetto di Caritas Italiana “Un rifugiato a casa mia”;

    – la raccolta di indumenti usati a favore della Caritas diocesana, sia nei raccoglitori ‘gialli’ che nella raccolta straordinaria annuale. Ogni anno vengono raccolti ca. 800 tonnellate di indumenti che si traducono in 35/40 mila euro che la Caritas diocesana utilizza per progetti di solidarietà;

    – la realizzazione di una opera segno particolare in questo anno pastorale dedicato ai poveri.

     

    Sono solo alcuni esempi. La fantasia della Carità dei cristiani trova sempre nuove iniziative per condividere il vissuto delle persone più bisognose. 

     

    * Per la diocesi, le opere segno sono: 

– il rifugio per persone senza fissa dimora “La Locanda al Sole”, a Pordenone;

– l’utilizzo della Casa Madonna Pellegrina per varie forme di accoglienza e ospitalità;

– la prossima realizzazione dell’emporio della carità;

– il Fondo Diocesano di Solidarietà, sostenuto in questi anni con convinzione dai presbiteri e da estendere anche a gruppi, istituzioni e altre realtà del territorio;

– progettazione sul tema delle misure alternative e post detenzione;

– l’accoglienza di alcuni richiedenti asilo presso la Curia diocesana;

 

 

  1. Pastorale della salute

La realtà della malattia, della sofferenza, della disabilità e di altre situazioni specifiche che abbracciano il vasto e complesso ambito della fragilità umana, è sempre al centro dell’attenzione pastorale della Chiesa, inviata da Cristo a predicare il Vangelo e a curare i malati. Nella cura del malato si unificano e si rendono tangibili in modo privilegiato l’evangelizzazione e la testimonianza della carità, da parte di una Chiesa sempre più in uscita e in ascolto di tutte le situazioni di sofferenza e di povertà delle persone.

È fondamentale che in ogni unità pastorale nasca un gruppetto di coordinamento delle varie iniziative ed attività, promuovendo la formazione di alcuni operatori che si dedichino alla visita delle persone anziane e ammalate delle singole parrocchie. Nel territorio dove si trovano le case di riposo vi sia un gruppetto stabile di animazione.

A livello diocesano sarà necessario che l’ufficio di pastorale attraverso una commissione dedicata, curi la formazione specifica di alcuni operatori sanitari (medici, infermieri e altri operatori) per offrire una visione evangelica che, nelle scelte operative, implichi il rispetto e la dignità della persona umana e della vita. Compito dell’ufficio è anche il coordinamento dei cappellani e altri collaboratori pastorali che operano negli ospedali e nelle case di riposo. 

A livello parrocchiale e di unità pastorale, i presbiteri, i diaconi, i religiosi/e e i ministri straordinari della comunione dedichino del tempo per visitare nelle famiglie le persone malate e gli anziani soli. Come ricordato negli anni precedenti, invito ogni unità pastorale a dare vita ad un gruppo OFTAL che si metta a servizio della parrocchia per l’incontro e la visita di persone anziane ed ammalate e per accompagnarle nel pellegrinaggio diocesano a Lourdes.

 

 

  1. Cammino catechistico

 

Durante quest’anno, seguendo il proprio itinerario di catechesi e di formazione, invito i catechisti a prendere in considerazione alcune attività qui di seguito offerte, per entrare concretamente nello spirito dell’anno pastorale, sull’esempio del Buon samaritano che vide, si fermò e, sporcandosi le mani, aiutò il povero lasciato mezzo morto sulla strada.

 

 “Vide”

o Accostarsi al brano evangelico del Buon Samaritano attraverso metodi che ne permettano l’approfondimento e l’attualizzazione prestando attenzione anche all’età dei destinatari (esempio: la drammatizzazione, la lectio divina, il bibliodramma…).

 

o Vivere un incontro di catechesi andando a visitare una struttura vicina che opera per aiutare i poveri (può essere una realtà di ispirazione cristiana o anche una realtà del tutto “laica”: in ogni caso sarà utile rileggere insieme l’esperienza in un incontro di catechesi successivo, facendo emergere le motivazioni che nascono dal Vangelo).

 

o Proporre degli incontri per adulti di informazione “non distorta” (fake news) di sensibilizzazione sull’accoglienza dei migranti e dei rifugiati.

 

o Suggerire di dedicare le sere di una settimana alla visione familiare del telegiornale (si potrà scegliere un canale diverso per sera). Si dovrà prestare attenzione a quanto spazio hanno le notizie riguardanti i potenti (o le persone ricche/famosi) e quanto quelle relative ai bisognosi, agli sconosciuti, ai senza-voce (in Italia e nel mondo). Sarebbe bene cercare di comprendere da quale punto di vista guardiamo il mondo: da quello di nazioni (e famiglie) che stanno bene, oppure da quello di chi ha meno possibilità. Si potrebbe infine fornire la lettera o la testimonianza di qualche missionario della nostra diocesi, che ci aiuta a vedere la zona del globo in cui è impegnato con occhi diversi da quelli dell’informazione solita.   

                             

“Si fermò”

o Invitare i bambini e i ragazzi che partecipano alla catechesi parrocchiale a realizzare qualcosa insieme (esempio: un gruppo potrà fare e confezionare dei biscotti, un altro utensili utili per mangiare, un altro vasi in cui piantare sementi…) che possa poi essere usato per una raccolta fondi a favore di un progetto segnalato dalla Caritas diocesana o parrocchiale.

 

o Fissare una domenica al mese in cui all’offertorio vengono raccolti alimenti a lunga conservazione devoluti poi al centro di ascolto Caritas più vicino perché possa distribuirli come borse spesa.

 

o Collocare in casa un vaso trasparente in cui mettere dei biglietti in cui genitori e figli annotano la situazione di persone che li hanno colpiti per il loro bisogno (gente incontrata per strada, situazioni conosciute a scuola o tramite i media). Ci si impegna anche a introdurre nel vaso le monete risparmiate. A fine del periodo stabilito, si decide come famiglia a quale delle situazioni descritte nei biglietti si destinano i soldi messi da parte.  

 

o Invitare le famiglie nelle occasioni delle celebrazioni dei sacramenti dei figli a fare un’offerta per la Carità del Vescovo (cresima), e ai poveri della parrocchia (prima comunione).

 

“Toccò”

o Con i più piccoli adottare come gruppo un bambino a distanza con cui tenere i contatti via lettera raccontandosi reciprocamente. 

 

o Con i preadolescenti organizzare un pranzo comunitario in un clima di festa per le persone sole e bisognose, magari in occasione di una ricorrenza speciale come il 31 dicembre o il giorno di Pasqua.

 

o Con gli adolescenti e giovani andare a far visita a qualche persona bisognosa portando il pasto e fermandosi a mangiarlo insieme oppure far visita agli anziani nella casa di riposo durante alcune grandi feste.

 

o Con le famiglie, proporre di invitare a casa, in una occasione scelta, una persona che non ha parenti vicini per una fetta di torta e un thé (magari nel giorno dell’onomastico o del compleanno).

 

o Con tutta la comunità, scegliere uno spazio ampio (un muro, una parete dell’oratorio, un pannello fuori di chiesa…) su cui disegnare il profilo del territorio parrocchiale e mettere tante foto delle persone della parrocchia, invitando i gruppi della catechesi e chi frequenta la messa ad aggiungere la propria foto. Si avrà cura di fare in modo che non manchino le persone più sole o delle quali si rischia di dimenticarsi, anche se risiedono sul nostro territorio (se ci fosse un campo rom, si metterà una foto di qualche loro famiglia; se ci fosse una struttura che si occupa di anziani o disabili, si andrà a chiedere una foto di gruppo, ecc.).

 

 

  1. Ministerialità

 

° Ordinata

  • Diaconato permanente

 

I diaconi nella Chiesa e nella comunità cristiana hanno il compito principale di tener desta la disponibilità al servizio, specie dei più disagiati e dei poveri. A Milano papa Francesco ha definito il diacono il ‘custode del servizio nella Chiesa” (25/3/2017). Sempre in quella circostanza papa Francesco ha ricordato che bisogna stare attenti a non vedere i diaconi come mezzi preti e mezzi laici, perché toglie forza e identità al carisma del diaconato, espressione viva e concreta di Cristo che si fa servo di tutti. È ambito proprio del diacono, pertanto, la sensibilizzazione della propria comunità verso le differenti forme di povertà e mettere in atto, nelle parrocchie o meglio in unità pastorale, particolari attività per offrire qualche risposta concreta. La suatestimonianza di serviziodiventa così anche una occasione per rilanciare in ogni parrocchia e unità pastorale il ministero ordinato del diaconato permanente. Perché non conoscere più da vicino i diaconi permanenti e il loro servizio specifico nella Chiesa?

 

° Laicale

  • Accoliti/Lettori

I ministeri stabili di lettore e di accolito sono riservati a uomini sopra i 25 anni ai quali, dopo un cammino di preparazione, vengono conferiti mediante un rito liturgico. Nel ministero istituito del lettore e dell’accolito è presente non una “semplice funzione rituale”, ma una vera missione ecclesiale che dalla liturgia parte e alla liturgia ritorna, inserendosi in tutta la vita della Chiesa e in tutti i suoi momenti. Si tratta infatti di ministeri che non si riducono al solo ambito liturgico anche se hanno una significativa relazione con l’Eucarestia. All’Ufficio Liturgico insieme alle rispettive parrocchie, è affidato il compito di formare ed accompagnare i candidati coordinandone i singoli cammini.

 

  • Ministri straordinari della Comunione

 

Il ministro straordinario è istituto (con un mandato esplicito del vescovo) per portare la Comunione agli infermi e agli anziani nelle loro case o nelle case di riposo o negli ospedali, specialmente nelle domeniche e nelle feste, dando forma in questo modo anche a uno speciale ‘ministero della consolazione’. Tale ministero non sia solamente ‘liturgico’, ma offra l’opportunità di far sentire vicine alla comunità cristiana queste persone che materialmente non possono partecipare all’Eucaristia domenicale e desiderano essere in comunione con tutta la comunità. Il ministro straordinario visiti di frequente queste persone, rendendole partecipi della vita della comunità e portando alla comunità le loro necessità e richieste.

 

  • Ministerialità della famiglia

 

Desidero collocarmi nella prospettiva che vede la famiglia come risorse e ricchezza per il territorio e la comunità. La famiglia vive inserita in un ambiente con molteplici relazioni (condominio, vicinato, scuola, società sportive, parrocchia e oratorio, …) ed è inserita in una rete relazionale di coniugi-genitori-figli, nonni-nipoti, parenti. Raccogliendo il forte stimolo di papa Francesco nell’Amoris Laetitia, ogni famiglia cristiana va formata e richiamata responsabilmente alla propria missione, che è fraternizzare il mondo e dipingere lo spazio sociale con i colori della solidarietà, vincendo la tentazione dello spirito di appartamento.

 

Invito le parrocchie e le unità pastorali ad avviare processi per rieducare alle pratiche di buon vicinato, perché crescano reti solidali. Non sono necessarie grandi cose, ma piccole azioni concrete che possano favorire l’incontro e la relazione tra famiglie della stessa via o condominio, sfruttando occasioni di feste, anniversari, momenti tristi o lieti. Dove è possibile, si collabori con le diverse realtà presenti nel territorio, come quelle associative, capaci di supportare e potenziare lo sforzo solidale delle famiglie. 

 

 

CONCLUSIONE

 

 

Carissimi, vi affido trepidante e pieno di speranza questa lettera pastorale. I tempi di oggi non sono facili. Come presbiteri, diaconi e collaboratori pastorali spesso siamo oberati da tante cose da fare, da non aver tempo per la cura della vita spirituale e delle relazioni personali. Con questo scritto è mio desiderio farvi sentire tutti coinvolti nello stesso cammino, pur con carismi e ministeri differenti, parte di una stessa Chiesa in uscita, che si sente mandata a portare a tutti la gioia del Vangelo. Non siamo soli. Lo Spirito Santo è con noi e ci dà la forza di essere testimoni gioiosi della risurrezione del Signore Gesù, vivo e presente.

 

Buon cammino pastorale.              

 

 + Giuseppe Pellegrini, vescovo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TOCCARE LA CARNE DI CRISTO

Incontrare, ascoltare e condividere la vita dei poveri

Lettera pastorale per l’anno 2018-2019

 

PRIMA PARTE

IN ASCOLTO DEL VANGELO E DEI SEGNI DEI TEMPI

 

  1. Un testimone: Francesco di Assisi

  2. Nella contemplazione di Gesù povero

  3. Poveri e povertà

  4. Una Chiesa povera per i poveri

 

SECONDA PARTE

PROSPETTIVE PASTORALI

 

  1. Domande per la riflessione

  2. Ambiti di impegno, attenzione e comprensione delle differenti e delle nuove povertà di oggi (EG 209-212)

  3. La giornata dei poveri: domenica 18 novembre 2018

  4. Beni e uso del denaro

  5. L’attenzione ai poveri nella ‘pastorale ordinaria’ con la valorizzazione di alcune ministerialità e con qualche ‘opera segno’ 

    1. Caritas diocesana, foraniale e parrocchiale

  • I Centri di ascolto 

  • Osservatorio delle povertà

  • Alcune ‘opere segno’

    1. Pastorale della salute

    2. Cammino catechistico

    3. Ministerialità

Ministerialità ordinata

    • Diaconato permanente

Ministerialità Laicale

    • Accoliti/Lettori

    • Ministri straordinari della Comunione

    • Ministerialità della famiglia

 

CONCLUSIONE

 

 

TOCCARE LA CARNE DI CRISTO

Incontrare, ascoltare e condividere la vita dei poveri  

Lettera pastorale per l’anno 2018-2019 

Carissimi confratelli presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate e fedeli laici della Chiesa di Concordia-Pordenone, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro. 

Ho scelto la frase Toccare la carne di Cristo, pronunciata da papa Francesco nella Veglia di Pentecoste con i movimenti il 18 maggio 2013, per sintetizzare il cammino pastorale di quest’ anno sulla povertà, perché torni ad essere al centro della vita cristiana personale e delle nostre comunità. Facciamo nostre le parole di Papa Francesco: “Toccare la carne di Cristo, prendere su di noi questo dolore per i poveri. La povertà, per noi cristiani, non è una categoria sociologica o filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fatto povero per camminare con noi sulla strada. E questa è la nostra povertà: la povertà della carne di Cristo, la povertà che ci porta il Figlio di Dio con la sua Incarnazione. Una Chiesa povera con i poveri incomincia con l’andare verso la carne di Cristo”.  

Con questa mia lettera pastorale desidero suggerire alcune considerazioni e alcuni spunti di riflessione per ciascuno di noi personalmente e per la comunità diocesana, le parrocchie e le unità pastorali,per incontrare, ascoltare e condividere la vita dei poveri presenti nel territorio. Negli incontri che farete con il consiglio pastorale, i catechisti, gli animatori e con i gruppi e le associazioni, vi invito a qualche momento di confronto e di formazione. Tali incontri dovrebbero aiutarvi a formulare proposte concrete e attività a favore dei poveri delle nostre comunità. 

La riflessione e l’itinerario di quest’anno si inseriscono nel cammino triennale della Visita Pastorale che nelle scelte preferenziali privilegia come interlocutori anche i poveri. Abbiamo davanti agli occhi l’icona biblica dell’incontro di Gesù con Zaccheo (Luca 19,1-10). L’incontro con Gesù cambia la vita di Zaccheo che non teme di restare senza beni materiali. Zaccheo non lascia tutto per seguire Gesù, rimane nella propria casa continuando il proprio lavoro, testimone, però, di un nuovo modo di vivere: non più il guadagno al di sopra di tutto, ma la giustizia e la condivisione con i più poveri e bisognosi, vivendo così una forma di radicalità evangelica rimanendo nel mondo. 

 

PRIMA PARTE 

IN ASCOLTO DEL VANGELO E DEI SEGNI DEI TEMPI 

 

  1. Un testimone: Francesco di Assisi 

Parto da una testimonianza che vale più di tante parole. Nella vita di san Francesco, esempio luminoso di povertà evangelica, all’inizio della sua conversione, ci sono due episodi fondamentali molto significativi: l’incontro con il lebbroso e con il crocifisso di San Damiano.

– Tommaso da Celano, primo biografo di san Francesco, nella Vita seconda racconta: “Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma, ecco, un giorno ne incontrò proprio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne provò grande fastidio e ribrezzo; ma per non venire meno alla fedeltà promessa, come trasgredendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e corse a baciarlo. E il lebbroso, che gli aveva steso la mano, come per ricevere qualcosa, ne ebbe contemporaneamente denaro e un bacio. Subito risalì a cavallo, guardò qua e là – la campagna era aperta e libera tutt’attorno da ostacoli – ma non vide più il lebbroso. Pieno di gioia e di ammirazione, poco tempo dopo volle ripetere quel gesto: andò al lebbrosario e, dopo aver dato a ciascun malato del denaro, ne baciò la mano e la bocca” (n. 592). I lebbrosi erano davvero ‘i poveri e gli ultimi ultimi’, allontanati dalla comunità. In questo incontro avvenne qualcosa che convertì e cambiò il cuore di Francesco, spingendolo a scegliere la sua vocazione: essere l’ultimo tra gli ultimi. L’esperienza dell’abbraccio con il lebbroso aprì il cuore a Francesco lanciandolo verso un futuro di pienezza che lo portò a incontrare e servire molti lebbrosi, considerandoli i suoi fratelli preferiti. 

– Il secondo episodio, strettamente collegato al primo, ci viene raccontato sempre dal Celano e ci presenta Francesco che vaga nel silenzio della campagna, ancora in ricerca della sua strada. “Un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso, cosa da sempre inaudita, l’immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra, ” Francesco, – gli dice chiamandolo per nome – va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina “. Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito” (n. 593). In quell’incontro Francesco sentì infiammarsi il cuore dal desiderio di essere unito strettamente a Gesù crocifisso. Si innamorò perdutamente di Gesù povero e umiliato per amore e nella sua vita cercò sempre di imitarlo nella povertà e nell’amore verso i poveri. Quel crocifisso e quelle stimmate che si impressero prima nel cuore e poi anche, a La Verna, nella carne di Francesco, sono il segno della sua scelta di essere povero tra i poveri, radicalmente povero come il suo Maestro e Signore Gesù.

 

               Questi due episodi della vita di san Francesco, così uniti tra loro, ci aiutano a comprendere meglio il cammino pastorale di quest’anno dedicato ai poveri. È infatti fondamentale unire la contemplazione di Cristo Gesù povero che si fece simile a noi con l’attenzione e il servizio ai poveri. La scelta pauperistica di san Francesco non si colloca all’interno dei movimenti del suo tempo che volevano la povertà fine a se stessa:vuole essere piuttosto lacaratteristica essenziale per affermare l’adesione totale al Vangelo e alla vita di Gesù.

 

 

  1. Nella contemplazione di Gesù povero 

Proprio in quest’anno dedicato ai poveri, non può mancare nella vita personale e delle nostre comunità la contemplazione di Gesù, come ci ricorda san Paolo nella seconda lettera ai Corinzi: “Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (8,9).  Siamo invitati a toccare concretamente la carne di Cristo, ad andare a Lui, che ha assunto la nostra carne umana. Diventa, allora, necessario rivolgere il nostro pensiero a quello che scrive san Paolo nell’inno cristologico della lettera ai Filippesi (2,5-8):

 

“Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:egli, pur essendo nella condizione di Dio,non ritenne un privilegio l’essere come Dio,ma svuotò se stessoassumendo una condizione di servo,diventando simile agli uomini.Dall’aspetto riconosciuto come uomo,umiliò se stessofacendosi obbediente fino alla mortee a una morte di croce”

 

L’intenzione di Paolo e della comunità cristiana primitiva è di rimarcare con forza che Cristo ha rinunciato in modo totale, libero e volontario a tutto ciò che il suo status in rapporto con Dio comportava in ordine alla dignità e al trattamento. Gesù svuotò se stesso assumendo la condizione di schiavo, rinunciando a comportarsi come Dio e Signore per essere servo, privo di autorità, dignità e potere, dedicandosi completamente agli altri. Tale spoliazione permette al Figlio di Dio di incarnarsi nella nostra umanità, di entrare nella vita di ogni persone, fino a raggiungerla nei bassifondi dell’umanità. Questo lasciare la ricchezza, svuotare se stesso della sua divinità per abbracciare la povertà dell’umanità, è diventato ricchezza per l’uomo perché ci ha permesso di ristabilire la vera relazione con Dio che era andata distrutta dal peccato. Gesù ha assunto la povertà di noi essere umani, che a causa del peccato ci eravamo allontanati da Dio, e nella sua obbedienza e morte in croce ci ha restituito il legame e la relazione con Dio. Ce lo ricordano le parole dell’evangelista Marco: “il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto di molti” (10,45).  

All’inizio della sua missione nel Vangelo di Matteo, Gesù, partendo dalla sua esperienza, presenta la via della felicità: le Beatitudini (Matteo 5, 1-12). Lo scopo della sua venuta è indicare la via della felicità ad ogni uomo e ad ogni donna, e il primo passo su questa via verso la felicità è espresso con: “Beati i poveri in Spirito perché di essi è il regno dei cieli” (v. 3). È la prima e la più importante delle beatitudini perché diventa la chiave interpretativa per comprendere coerentemente tutte le altre. Infatti, per godere veramente dei beni che sono un dono, è necessario essere non schiavi delle cose ma liberi e aperti per il compimento del Regno. Se dunque il Regno arriva in mezzo a noi con Gesù e per ereditarlo bisogna vivere come poveri, possiamo dedurre che bisogna imparare da Gesù a vivere come poveri. Praticamente l’evangelista sta dicendo che chi fa una scelta in favore degli altri non si deve preoccupare perché Dio si prenderà cura di lui. I poveri sono beati non perché vivono la povertà nella rinuncia e nel sacrificio, ma perché danno compimento, con il loro stile di amore e di servizio verso gli altri, al regno di Dio che viene. Poveri per essere liberi di donare se stessi agli altri. I poveri in spirito sono quelli che liberamente e per amore si sentono responsabili del bene e della felicità degli altri, permettendo così a Dio di prendersi cura di loro. Se noi ci prediamo cura degli altri, permetteremo a Dio di prendersi cura di noi. Gesù ci chiama esplicitamente alla condivisione, come ha fatto con il ricco notabile: “Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli” (Luca 18,22). Ideale non facile da raggiungere che spesso provoca alla Chiesa un forte disagio, sia a livello personale che comunitario. È una strada che il Signore ci invita a percorrere passo dopo passo, senza paura e senza mai stancarci, perché sostenuti dal suo amore e soprattutto dal dono della sua vita. L’Eucaristia, la fractio panis, la comunione che settimanalmente celebriamo, ci dà la forza per vivere e per donarci agli altri, in particolareai più poveri e bisognosi.   

Gesù è povero perché con la sua nascita ha accettato di condividere la nostra vita umana, lavorando con mani d’uomo, pensando con intelligenza d’uomo, agendo con volontà d’uomo e amando con cuore d’uomo. Sceglie di essere povero per amore, generosità, desiderio di prossimità; e ci insegna che amare è condividere in tutto la sorte dell’amato. L’amore rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio, in Gesù, ha fatto questo per noi. L’amore è vero solo se è povero. Gesù non parla dunque di quelli che sono poveri perché le dure necessità della vita li hanno resi indigenti, ma di coloro che lo sono per un atto d’amore. Il povero non è colui che non ha nulla di sé a cui attingere per poter vivere. È invece colui che sa che per potere arrivare alla fine della giornata, ha bisogno di un altro. Il povero sa che esiste e vive grazie a qualcun altro. Un altro ha costruito la sedia che usa, un altro ha coltivato e raccolto quello che mangia, prodotto il cellulare che usa, i vestiti che indossa, dei muratori hanno costruito la casa che abita. Possiamo esistere solo grazie agli altri, in tutto. 

  1. Poveri e povertà

Opportuna una premessa: quando parliamo di povertà dobbiamo sempre, prima di tutte le considerazioni e le statistiche, essere consapevoli che ci sono delle persone con un volto, un cuore e una storia.  Come ha fatto il Buon Samaritano della parabola (cfr. Luca 10,29-37), siamo chiamati a riconoscere prima di tutto gli uomini e le donne che vivono nella sofferenza e nella povertà ai bordi delle strade del nostro territorio e ad avere compassione, diventando anche noi poveri come colui che desideriamo servire. Solo così sarà possibile coniugare i tre verbi della solidarietà evangelica che ci hanno accompagnato qualche anno fa nel cammino pastorale: vedere, fermarsi e toccare. Il samaritano, un uomo considerato lontano da Dio, “vide e ne ebbe compassione … e si prese cura di lui” (33-34), assumendo lo stesso comportamento del Signore: la compassione che ci spinge ad avere un cuore che vede e che sente, guardandoci attorno per scoprire le povertà, i poveri che vivono accanto a noi. Le situazioni di povertà e di fragilità sono ancora tante, vecchie e nuove. 

I poveri sono il volto concreto di Dio, presenza inquietante di una umanità che non ha ancora raggiunto la pienezza della vita e non sa accogliere dignitosamente coloro che soffrono. Ma per accorgersi dei poveri, è necessario prima di tutto riconoscere che ciascuno di noi è un povero mendicante! Guai se non riconoscessimo la nostra povertà e pensassimo che poveri sono soltanto gli altri. I poveri ci insegnano proprio questo: che siamo noi i primi ad aver bisogno degli altri, che non possiamo pensare solo a noi stessi, che per essere felici e per dare senso pieno alla nostra vita è necessario scendere dal piedestallo che ci siamo fatti e metterci in ascolto degli altri e delle loro esigenze, uscire dal guscio della nostra comodità per amare e servire gli altri. I poveri ci insegnano cose molto importanti, come il valore della sobrietà e della semplicità della vita, a non aver paura di chiedere aiuto agli altri, ad assumere stili di vita più sobri e non consumistici, rispettosi dell’ambiente e anche di chi non ha tante possibilità economiche. I poveri hanno molto da insegnarci, perché conoscendo bene i sentimenti di Cristo Gesù per esperienza diretta, conoscono il Cristo sofferente. 

Papa Francesco ai numeri 209-215 dell’Evangelii gaudium descrive alcune fragilità e povertà dei nostri giorni. I migranti e i rifugiati sono la sfida più grande per la nostra società e la Chiesa stessa, senza frontiere e madre di tutti. Di fronte a questo fenomeno le reazioni sono molto diverse e, purtroppo, spesso politicizzate. Come uomini e donne e come cristiani siamo invitati, sull’esempio di Gesù, ad un preciso dovere di accoglienza e disponibilità nei confronti di coloro che si trovano nel bisogno e bussano alla nostra porta. Tale accoglienza oggi è complessa, per problemi oggettivi e anche per le tante regole e leggi da rispettare. Pur se non sempre siamo riusciti a fare bene, la disponibilità all’accoglienza e all’integrazione ci deve vedere impegnati come singoli, parrocchie e diocesi.

Ci sono anche altre gravi povertà oggi. Non meno drammatiche sono le povertà dovute alla mancanza di lavoro o di abitazione che condizionano fortemente il futuro dei giovani. Situazioni di povertà le troviamo nella popolazione anziana e abbandonata, ma anche nel mondo degli adolescenti e dei giovani, spesso soli e in balia di ogni illusione. Situazioni di povertà ci sono ancora nelle famiglie, tanto segnate dal disagio economico. Tra i più deboli, ci sono i bambini nascituri soppressi con l’aborto. La “difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano” (EG 213). Non trascurabili poi sono le condizioni di fragilità dovute alla disabilità, sia fisica che psichica, dove il peso che ricade sulle famiglie è spesso aggravato dalla solitudine, dall’abbandono e dalla mancanza di adeguato sostegno. Altre situazioni di povertà riguardano le dipendenze dal gioco, dall’alcool, dalle sostanze in genere, come dal sesso, dal denaro e dal potere. Un contesto delicato che chiede di non essere dimenticato dallo sguardo cristiano è quello del carcere. Si sta diffondendo, poi, sempre più nel nostro territorio la piaga della droga, a partire dai giovanissimi. Situazione di povertà è spesso quella della donna, sfruttata o percossa, violentata o messa sulla strada, comprata e venduta. O ancora quella di chi è umiliato, disprezzato e offeso per il suo orientamento sessuale. Sono situazioni gravi di povertà la disperazione del cuore, la depressione, l’ignoranza e la solitudine che non risparmia niente e nessuno Anche la nostra madre terra è tra i poveri di cui prendersi cura. Lo dice con chiarezza Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’: “Fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che ‘geme e soffre le doglie del parto (Romani 8,22)” (n 2).  Non vanno, poi, dimenticate le povertà non meno gravi di quelle materiali: le povertà spirituali: “La peggior discriminazione i cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale” (EG 200). Sono molti – prosegue papa Francesco – quelli che hanno fame di Dio, e come cristiani dobbiamo aiutarli a saziarsi di Dio, offrendo loro la sua amicizia, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di fede.

Desidero segnalare alcune situazioni di marginalità: situazioni derivanti da separazioni e divorzi; l’inverno demografico del nostro Paese, che sta raggiungendo numeri preoccupanti. Se le radici di questa situazione toccano in primo luogo la sfera valoriale e spirituale, dobbiamo riconoscere che la mancanza di lavoro e la conseguente incertezza economica, incidono non poco sulla scelta di procrastinare o ridurre la generazione di figli. Nella stessa ottica vanno valutate le difficoltà che ostacolano la scelta matrimoniale in età giovanile e adulta. Infatti, spesso alcuni limiti materiali, ai quali si dà molto peso, incidono sulla scelta di rinviare sine die

  1. Una Chiesa povera per i poveri 

L’invito di Gesù fatto ai discepoli è chiaro: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Giovanni 20,21). La Chiesa, la comunità dei discepoli di Gesù, è mandata in missione come Gesù, seguendo il suo stile, che è un cammino di piccolezza, di umiltà, di semplicità e di povertà. Ha creato un po’ di imbarazzo l’espressione: “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri” che papa Francesco ha pronunciato nell’incontro con i giornalisti poco dopo la sua elezione a papa. Idea ripresa nell’Evangeli Gaudium al n. 198 e con altre parole al Convegno della Chiesa italiana a Firenze nel 2015: “Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti… Sognate anche voi questa Chiesa”. E sempre in questo discorso, papa Francesco raccomanda a tutta la Ciesa italiana “l’inclusione sociale dei poveri, che hanno un posto privilegiato nel popolo di Dio, e la capacità di incontro e di dialogo per favorire l’amicizia sociale nel vostro Paese, cercando il bene comune”. 

Ma è nell’Evangelii Gaudium che papa Francesco ci propone una riflessione particolare e articolata sui poveri, dedicandovi il secondo paragrafo del capitolo IV, L’inclusione sociale dei poveri, dal numero 186 al 216. Propongo alla vostra attenzione il numero 198.

“Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro «la sua prima misericordia». Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere «gli stessi sentimenti di Gesù» (Filippesi 2,5). Ispirata da essa, la Chiesa ha fatto una opzione per i poveri intesa come una «forma speciale di primazia nell’esercizio della carità cristiana, della quale dà testimonianza tutta la tradizione della Chiesa» (Giovanni Paolo II nell’enciclica Sollecitudo rei socialis, 42). Questa opzione – insegnava Benedetto XVI– «è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà» (Discorso inaugurale all’Assemblea dei vescovi latino-americani ad Aparecida nel 2007). Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro”. 

Una Chiesa attenta ai poveri e che li sa ascoltare. “La Chiesa ha riconosciuto che l’esigenza di ascoltare questo grido deriva dalla stessa opera liberatrice della grazia in ciascuno di noi, per cui non si tratta di una missione riservata solo ad alcuni: «La Chiesa, guidata dal Vangelo della misericordia e dall’amore all’essere umano, ascolta il grido per la giustizia e desidera rispondervi con tutte le sue forze». In questo quadro si comprende la richiesta di Gesù ai suoi discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare» (Marco 6,37), e ciò implica sia la collaborazione per risolvere le cause strutturali della povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dei poveri, sia i gesti più semplici e quotidiani di solidarietà di fronte alle miserie molto concrete che incontriamo. La parola “solidarietà” si è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità. Richiede di creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni” (EG 188).  Stiamo attenti, però, a non fare dei poveri una categoria a sé stante rispetto alla comunità ecclesiale, ma a farli diventare i protagonisti della missione evangelizzatrice di tutta la Chiesa. La Chiesa vede nel povero non solo colui che riceve la buona notizia ma anche il messaggero privilegiato, la manifestazione concreta della buona notizia. Infatti, ascoltando con attenzione le storie dei poveri e dei piccoli, noi possiamo imparare più facilmente lo spirito del Vangelo. “Senza l’opzione preferenziale per i più poveri, l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone” (EG 199).

La Chiesa è chiamata ad essere una comunità dove i poveri si sentano a casa loro, fratelli tra fratelli, dove sono accolti e dove possono a loro volta accogliere e fare qualcosa per gli altri, ritrovando la gioia e forza per vivere in pienezza e dignità. Chiesa dei poveri e per i poveri è una comunità di fratelli e di sorelle che non si fanno grandi con gli ultimi ma sanno riconoscere la propria piccolezza e confidano solo in Dio misericordioso. Non nel potere umano, non negli appoggi politici, non sulla forza del denaro, non sul consenso dei media ma solo in Dio e nella sua Parola fatta carne. 

Una Chiesa povera con i poveri, significa:

  •  una Chiesa che dedica tempo ai poveri

  • una Chiesa che ascolta i poveri

  • una Chiesa he mette al centro i poveri

  • una Chiesa capace di accogliere, di essere casa per tutti

  • una Chiesa che favorisce la prossimità e l’inclusione sociale

  • una Chiesa che dona gratuitamente il bene più prezioso: Gesù Cristo. 

 

SECONDA PARTE

 

PROSPETTIVE PASTORALI

 

  1. Domande per la riflessione 

            Come prima attività pastorale desidero offrire alcune domande che possano stimolare la verifica e la riflessione personale come anche all’interno delle comunità parrocchiali e unità pastorali (Consigli pastorali, catechisti, collaboratori delle varie realtà pastorali), gruppi e associazioni. 

– Per essere poveri come il Signore occorre innanzitutto innamorarci di Colui che per noi si è fatto povero e contemplare Gesù povero per amore che dona tutto se stesso a noi. LacontemplazionediCristopoveroecrocifissopernoipresentenellatuavitaenellavitadellatuacomunità?

Lo Spirito è uno dei doni della preghiera che il Padre non fa mai mancare ai suoi figli che glielo domandano. Non ci può essere, pertanto, vita cristiana autentica senza preghiera, senza docilità del cuore. CosapossiamofarepercrescerenellapreghieraenelladocilitàalloSpirito? 

– Il lebbroso rappresenta tutti gli emarginati e gli esclusi che ci fanno ‘orrore’ o che disprezziamo: non li conosciamo e invece di riconoscerli come persone li identifichiamo con delle etichette. Quali sono i ‘lebbrosi’ del nostro tempo? Quali meccanismi interiori e sociali ci inducono a creare emarginazione invece di integrazione? Cosa possiamo fare per liberarci da questi meccanismi che ci condizionano e creano ingiustizia? Racconta un’esperienza in cui una persona di cui diffidavi o che ti faceva paura si è poi rivelata ricca di umanità e bellezza. 

– Nei poveri Dio ci viene incontro e ci educa. Quali atteggiamenti umani ci chiede questa consapevolezza? Quale stile di evangelizzazione? Cosa ci rende difficile guardare il mondo con gli occhi dell’altro e in special modo dei poveri? Cosa significa concretamente per la nostra comunità essere “una Chiesa povera per i poveri?”.  

– Le piccole e grandi ‘illegalità’, la corruzione, i favoritismi, sono parte di una cultura ancora troppo diffusa. Capisci che tutto questo è contrario al vangelo e alla giustizia? Come possiamo cambiare questa mentalità e costruire un mondo più giusto?

Le ricchezze e l’attaccamento ai beni sono spesso fonte di conflitto e di ingiustizie. Hai mai pensato che Dio ci chiede di mettere a servizio del bene comune i nostri beni materiali e spirituali? 

  1. Ambiti di impegno, attenzione e comprensione delle differenti e delle nuove povertà di oggi (EG 209-212) 

È importante interrogarci e chiederci concretamente chi sono nel nostro territorio i poveri e gli ultimi. Come trovarli, come incontrarli e cosa fare.

 

Sarebbe utile una mappatura aggiornata delle nuove e vecchie povertà che sono presenti nel territorio, individuando anche cosa si possa fare concretamente per migliorare la condizione delle persone in difficoltà. Qualcuno propone di costituire delle ‘sentinelle di quartiere’, uomini, donne e giovani disposti a monitorare e controllare il proprio territorio per individuare le persone incorse in povertà, per poi attivare la comunità cristiana attraverso il Consiglio Pastorale parrocchiale, la Caritas o altri gruppi. È fondamentale non agire da soli ma sviluppare sinergie con tutte le altre realtà comunali, sociali e di volontariato presenti nel territorio. 

Gli immigrati e i rifugiati sono persone da accogliere, portatrici di una loro ricchezza. Dobbiamo vedere in loro un’occasione di crescita come comunità civile ed ecclesiale. Come fare per impedire discriminazioni e chiusure contrarie al Vangelo e all’umanità? Chiediamoci concretamente cosa sui può fare in parrocchia e in unità pastorale per trovare alcune strutture di accoglienza e soprattutto volontari per favorire un sereno inserimento e una dignitosa accoglienza?

Una nuova forma di povertà, diffusa molto nel territorio della diocesi, anche se in modo sommerso, è il gioco d’azzardo, che non ho paura di qualificare un’azione immorale. Il Gioco d’Azzardo rappresenta un fenomeno in continua espansione tanto in Italia quanto nella regione Friuli Venezia Giulia e nel Pordenonese. L’incremento dell’offerta d’azzardo da un lato e la diffusa situazione di precarietà dall’altro hanno contribuito a incentivare il fenomeno, creando spesso situazioni particolarmente difficili, se non drammatiche, a livello personale, familiare e sociale. Il Friuli Venezia Giulia è la nona regione italiana per spesa in slot machine pro capite. Nel 2016 la spesa media pro capite è stata di 843,60 euro. Sul sito l’Italia delle Slot – https://lab.gruppoespresso.it/finegil/2017/italia-delle-slot/ – è possibile vedere i dati del numero degli apparecchi e delle giocate pro capite e complessive, per ogni comune d’Italia. La Caritas diocesana, in sinergia con le Caritas parrocchiali e con altre realtà del territorio, sta formando i propri volontari al fine di poter individuare e sostenere chi si dovesse trovare in questa situazione, anche valutando l’aperura di punti di ascolto dedicati. Considerato tutto questo, ribadisco quella che è sempre stata l’indicazione della Diocesi di non tenere negli ambienti parrocchiali o dipendenti dalle parrocchie apparecchi finalizzati al gioco d’azzardo.

La nostra terra è oggi sempre più oppressa e devastata. Cosa fare per far crescere la conoscenza del disastro ambientale che la terra vive sempre di più? Quali stili di vita possiamo assumere e cambiare per rispettare il creato e permettere che la terra sia una casa comune, ospitale per tutti, per le attuali e per le future generazioni? 

            Sarebbe significativo e anche utile individuare alcune persone dell’oggi e del passato che nella nostra comunità si sono messe a servizio degli altri e dei più poveri con iniziative e attività particolari. Ricordarle significa portarle come esempi alle giovani generazioni, di gratuità e solidarietà. Possono essere sacerdoti (ad. esempio don Giuseppe Lozer di Torre, don Piero Martin, fondatore dell’Opera Sacra Famiglia …), altre persone o esperienze (ad esempio la carità fatta da tante nostre comunità alle povere orfanelle durante la disfatta di Caporetto, la nascita del CEDIS per tossicodipendenti, varie cooperative sociali presenti sul territorio …).      

  1. La giornata dei poveri: domenica 18 novembre 2018

Dal messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale dei poveri: Al termine del Giubileo della Misericordia ho voluto offrire alla Chiesa la Giornata Mondiale dei Poveri perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi. … Questa Giornata intende stimolare in primo luogo i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco, facendo propria la cultura dell’incontro. … Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza. Queste esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i poveri… Siamo chiamati, pertanto, a tendere la mano ai poveri, a incontrarli, guardarli negli occhi, abbracciarli, per far sentire loro il calore dell’amore che spezza il cerchio della solitudine”

Invito tutte le parrocchie e le altre realtà ecclesiali a dare il giusto rilievo alla Giornata mondiale dei poveri che quest’anno si celebrerà la domenica 18 novembre 2018.

È un’occasione per rendere ancora più sensibile il cuore delle nostre comunità al grido delle membra sofferenti del corpo di Cristo e a sostenere concretamente i luoghi di incontro con i poveri e le esperienze di ospitalità diffusa che sono già in atto nella Diocesi.

           L’anno scorso, dato il poco tempo a disposizione, non siamo riusciti a prepararla e a viverla bene. Quest’anno abbiamo il tempo necessario per una approfondita riflessione in ogni Consiglio Pastorale parrocchiale e per celebrarla in maniera dignitosa in ogni parrocchia, con qualche approfondimento e anche con qualche gesto di accoglienza e di carità. A livello parrocchiale o di unità pastorale.

Faccio una piccola proposta a mo’ di esempio: in prossimità di domenica 18 novembre i ragazzi del catechismo e/o i cresimandi si documentano su alcune gravi situazioni di povertà (per esempio: due situazioni “vicine” e due situazioni “nel mondo”). Disegnano poi in gruppo dei cartelloni, ciascuno dei quali con 4-5 scene e alcune parole-chiave corrispondenti (l’aspetto finale è quello di un cartellone da cantastorie). Li collocano fuori di chiesa e si dispongono 2-3 per ogni cartellone. Le persone che vanno a messa o escono di chiesa sono invitate a domandare informazioni ai ragazzi, che illustreranno le “storie” che hanno raccolto. 

  1. Beni e uso del denaro 

Papa Francesco nell’Evagelii gaudium al n.  28 ricorda: “La Parrocchia non è una struttura caduca … se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente”. La riforma delle parrocchie chiede a tutti di interrogarci sull’uso effettivo delle strutture che possediamo in rapporto all’annuncio del Vangelo. C’è un duplice criterio che non deve mai mancare: da una parte l’esigenza di legalità e la trasparenza e dall’altra la finalità pastorale. Non ci dobbiamo scandalizzare se la Chiesa possiede dei beni, piuttosto dobbiamo valutare il loro uso rispetto alla nostra missione. Sappiamo anche che molti beni sono stati lasciati alle parrocchie per i poveri. Ci sono, poi, immobili che non sono più necessari, altri che necessitano di ristrutturazioni eccessive; altri ancora, come tante case canoniche che non vengono più utilizzati: con un comodato potrebbero essere utilizzate per attività a favore della pastorale o delle tante povertà presenti sul territorio (es. affidate alla Caritas per accoglienza, casa-famiglia …) Cosa fare e come agire?      

Merita un discorso specificola gestione e l’uso del denaro. Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa afferma espressamente: “L’insegnamento sociale della Chiesa esorta a riconoscere la funzione sociale di qualsiasi forma di possesso privato, con il chiaro riferimento alle esigenze imprescindibili del bene comune” (n.178). Siamo chiamati, come cristiani, a mettere in discussione l’attaccamento al denaro e la ricerca spasmodica delle ricchezze, accompagnate dall’accumulo eccessivo di beni materiale e di depositi. Essere poveri insegna alle nostre comunità e alla Chiesa a fare i conti con l’illegalità e la corruzione molto diffusa anche ai nostri giorni, accompagnate da bustarelle e raccomandazioni. Non abbiamo paura, come presbiteri, consacrati, ma anche come fedeli laici e comunità cristiane ad interrogarci sull’uso del denaro, dove investiamo quel poco o tanto denaro che abbiamo a disposizione. Dobbiamo servirci del denaro e non servire il denaro, usandolo anche per la solidarietà efficace e rispettosa della dignità di ogni persona. Come funziona il Consiglio Affari economici della parrocchia? Mette solo delle firme o è veramente coinvolto nella gestione? Abbiamo una gestione trasparente delle risorse?

 L’attenzione ai poveri nella ‘pastorale ordinaria’ con la valorizzazione di alcune ministerialità e con qualche ‘opera segno’ 

 Caritas diocesana, foraniale e parrocchiale 

Siamo tutti consapevoli dell’importanza della Caritas e del suo valore e significato. La natura dell’organismo pastorale Caritas, come è scritto nello statuto, è di “promuovere anche in collaborazione con altri organismi, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana”. Pertanto, primo destinatario e soggetto privilegiato dell’azione della Caritas è la comunità cristiana, diocesi e parrocchie che vengono accompagnate, attraverso alcune opere a testimoniare concretamente la carità che non è delegata solo ad alcune persone, ma è di tutta la comunità. 

La Caritas, per promuovere e sviluppare questa sensibilità in tutto il popolo di Dio, si avvale di alcuni strumenti indispensabili. 

  • I Centri di ascolto 

L’incontro e l’accoglienza, l’ascolto e il riconoscimento della piena dignità di ogni persona precedono, per la comunità cristiana, l’elargizione di qualunque bene o servizio, indipendentemente dalla posizione economica e sociale occupata. Esso può essere organizzato in modo molto semplice senza immaginare necessariamente di dedicarvi un ambiente in modo esclusivo. Sonodecisive invece persone che dedichino tempo e cuore a questo compito primario.Là dove si ritiene opportuno poi il Centro di Ascolto si organizzerà anche con un piccolo archivio riservato dove si conserverà la storia di ogni persona incontrata per poter conservare anche i momenti di crescita e di emancipazione compiuti da ognuno e come testimonianza del cammino compiuto insieme.Non tutte le comunità cristiane avranno un vero e proprio Centro di Ascolto ma nessuna può delegare ad altri il compito di ascoltare i propri figli, privilegiando i più poveri, gli ultimi, coloro che vivono ai margini della società. 

In questi mesi di visita pastorale, ho notato con grande gioia che molte parrocchie hanno un loro centro di ascolto, che funziona non solo per la distribuzione di borse spesa (necessarie ancora per tante famiglie) ma anche attenzione, accoglienza e accompagnamento di tante povertà presenti sul nostro territorio. Auspico che in ogni parrocchia o gruppo di parrocchie (in unità pastorale o forania) vi sia un centro di ascolto e un gruppo di volontari, attenti a rispondere alle varie necessità delle persone. 

  • Osservatorio delle povertà 

    Osservare le povertà significa fermarsi, rileggere i percorsi compiuti assieme alle persone in difficoltà e riflettere su ciò che sta accadendo attorno a noi. È un passaggio importantissimo, con una grande carica profetica. Spesso le esperienze di povertà non si mostrano, si nascondono o noi non riusciamo a coglierne la gravità e la carica di sofferenza che contengono. Soffermarci a rileggere le esperienze di incontro vissute, metterle a confronto, discernere insieme ci permette di cogliere nuove situazioni di disagio che vanno poi segnalate alla comunità e alla società perché ci si attivi per affrontarle. Nel corso della storia passata e recente la Chiesa ha avuto spesso il merito di essere la prima a cogliere i nuovi fenomeni di povertà e ad impegnarsi per contrastarli.   

  • Alcune ‘opere segno’ 

    Una volta individuata una situazione di povertà che coinvolge progressivamente sempre più persone, siamo provocati a fare qualcosa di concreto. La comunità cristiana riconosce di disporre di risorse limitate: qualche volontario, un budget insufficiente, un parroco sensibile e volenteroso. Per questo le nostre iniziative hanno il valore del “segno”, cioè affrontano una parte del problema sapendo di non poterlo sconfiggere in modo completo ma lo portano all’attenzione di tutti indicando una possibile via di soluzione. Sono “segno” per i poveri di un Dio che è amore, accoglienza e perdono; segno per i cristiani di come essere fedeli al vangelo; segno per il mondo di che cosa sta a cuore alla Chiesa.  È bello ricordare che spesso le attività ed opere concrete sono fatte in stretta collaborazione tra le parrocchie e altre realtà sociali e istituzionali del territorio, insieme a gruppi e associazioni varie. Tutto questo va incentivato. 

    * Per le parrocchie o unità pastorali, le opere segno possono essere:

    – le raccolte e la distribuzione di cibo per i poveri;

    – l’accoglienza in casa un profugo da parte di famiglie, grazie al progetto di Caritas Italiana “Un rifugiato a casa mia”;

    – la raccolta di indumenti usati a favore della Caritas diocesana, sia nei raccoglitori ‘gialli’ che nella raccolta straordinaria annuale. Ogni anno vengono raccolti ca. 800 tonnellate di indumenti che si traducono in 35/40 mila euro che la Caritas diocesana utilizza per progetti di solidarietà;

    – la realizzazione di una opera segno particolare in questo anno pastorale dedicato ai poveri. 

    Sono solo alcuni esempi. La fantasia della Carità dei cristiani trova sempre nuove iniziative per condividere il vissuto delle persone più bisognose. 

     * Per la diocesi, le opere segno sono: 

– il rifugio per persone senza fissa dimora “La Locanda al Sole”, a Pordenone;

– l’utilizzo della Casa Madonna Pellegrina per varie forme di accoglienza e ospitalità;

– la prossima realizzazione dell’emporio della carità;

– il Fondo Diocesano di Solidarietà, sostenuto in questi anni con convinzione dai presbiteri e da estendere anche a gruppi, istituzioni e altre realtà del territorio;

– progettazione sul tema delle misure alternative e post detenzione;

– l’accoglienza di alcuni richiedenti asilo presso la Curia diocesana;

 Pastorale della salute

La realtà della malattia, della sofferenza, della disabilità e di altre situazioni specifiche che abbracciano il vasto e complesso ambito della fragilità umana, è sempre al centro dell’attenzione pastorale della Chiesa, inviata da Cristo a predicare il Vangelo e a curare i malati. Nella cura del malato si unificano e si rendono tangibili in modo privilegiato l’evangelizzazione e la testimonianza della carità, da parte di una Chiesa sempre più in uscita e in ascolto di tutte le situazioni di sofferenza e di povertà delle persone.

È fondamentale che in ogni unità pastorale nasca un gruppetto di coordinamento delle varie iniziative ed attività, promuovendo la formazione di alcuni operatori che si dedichino alla visita delle persone anziane e ammalate delle singole parrocchie. Nel territorio dove si trovano le case di riposo vi sia un gruppetto stabile di animazione.

A livello diocesano sarà necessario che l’ufficio di pastorale attraverso una commissione dedicata, curi la formazione specifica di alcuni operatori sanitari (medici, infermieri e altri operatori) per offrire una visione evangelica che, nelle scelte operative, implichi il rispetto e la dignità della persona umana e della vita. Compito dell’ufficio è anche il coordinamento dei cappellani e altri collaboratori pastorali che operano negli ospedali e nelle case di riposo. 

A livello parrocchiale e di unità pastorale, i presbiteri, i diaconi, i religiosi/e e i ministri straordinari della comunione dedichino del tempo per visitare nelle famiglie le persone malate e gli anziani soli. Come ricordato negli anni precedenti, invito ogni unità pastorale a dare vita ad un gruppo OFTAL che si metta a servizio della parrocchia per l’incontro e la visita di persone anziane ed ammalate e per accompagnarle nel pellegrinaggio diocesano a Lourdes.

 

  1. Cammino catechistico

 Durante quest’anno, seguendo il proprio itinerario di catechesi e di formazione, invito i catechisti a prendere in considerazione alcune attività qui di seguito offerte, per entrare concretamente nello spirito dell’anno pastorale, sull’esempio del Buon samaritano che vide, si fermò e, sporcandosi le mani, aiutò il povero lasciato mezzo morto sulla strada. 

 “Vide”

o Accostarsi al brano evangelico del Buon Samaritano attraverso metodi che ne permettano l’approfondimento e l’attualizzazione prestando attenzione anche all’età dei destinatari (esempio: la drammatizzazione, la lectio divina, il bibliodramma…). 

o Vivere un incontro di catechesi andando a visitare una struttura vicina che opera per aiutare i poveri (può essere una realtà di ispirazione cristiana o anche una realtà del tutto “laica”: in ogni caso sarà utile rileggere insieme l’esperienza in un incontro di catechesi successivo, facendo emergere le motivazioni che nascono dal Vangelo). 

o Proporre degli incontri per adulti di informazione “non distorta” (fake news) di sensibilizzazione sull’accoglienza dei migranti e dei rifugiati. 

o Suggerire di dedicare le sere di una settimana alla visione familiare del telegiornale (si potrà scegliere un canale diverso per sera). Si dovrà prestare attenzione a quanto spazio hanno le notizie riguardanti i potenti (o le persone ricche/famosi) e quanto quelle relative ai bisognosi, agli sconosciuti, ai senza-voce (in Italia e nel mondo). Sarebbe bene cercare di comprendere da quale punto di vista guardiamo il mondo: da quello di nazioni (e famiglie) che stanno bene, oppure da quello di chi ha meno possibilità. Si potrebbe infine fornire la lettera o la testimonianza di qualche missionario della nostra diocesi, che ci aiuta a vedere la zona del globo in cui è impegnato con occhi diversi da quelli dell’informazione solita.                               

“Si fermò”

o Invitare i bambini e i ragazzi che partecipano alla catechesi parrocchiale a realizzare qualcosa insieme (esempio: un gruppo potrà fare e confezionare dei biscotti, un altro utensili utili per mangiare, un altro vasi in cui piantare sementi…) che possa poi essere usato per una raccolta fondi a favore di un progetto segnalato dalla Caritas diocesana o parrocchiale. 

o Fissare una domenica al mese in cui all’offertorio vengono raccolti alimenti a lunga conservazione devoluti poi al centro di ascolto Caritas più vicino perché possa distribuirli come borse spesa. 

o Collocare in casa un vaso trasparente in cui mettere dei biglietti in cui genitori e figli annotano la situazione di persone che li hanno colpiti per il loro bisogno (gente incontrata per strada, situazioni conosciute a scuola o tramite i media). Ci si impegna anche a introdurre nel vaso le monete risparmiate. A fine del periodo stabilito, si decide come famiglia a quale delle situazioni descritte nei biglietti si destinano i soldi messi da parte.   

o Invitare le famiglie nelle occasioni delle celebrazioni dei sacramenti dei figli a fare un’offerta per la Carità del Vescovo (cresima), e ai poveri della parrocchia (prima comunione). 

“Toccò”

o Con i più piccoli adottare come gruppo un bambino a distanza con cui tenere i contatti via lettera raccontandosi reciprocamente.  

o Con i preadolescenti organizzare un pranzo comunitario in un clima di festa per le persone sole e bisognose, magari in occasione di una ricorrenza speciale come il 31 dicembre o il giorno di Pasqua. 

o Con gli adolescenti e giovani andare a far visita a qualche persona bisognosa portando il pasto e fermandosi a mangiarlo insieme oppure far visita agli anziani nella casa di riposo durante alcune grandi feste. 

o Con le famiglie, proporre di invitare a casa, in una occasione scelta, una persona che non ha parenti vicini per una fetta di torta e un thé (magari nel giorno dell’onomastico o del compleanno). 

o Con tutta la comunità, scegliere uno spazio ampio (un muro, una parete dell’oratorio, un pannello fuori di chiesa…) su cui disegnare il profilo del territorio parrocchiale e mettere tante foto delle persone della parrocchia, invitando i gruppi della catechesi e chi frequenta la messa ad aggiungere la propria foto. Si avrà cura di fare in modo che non manchino le persone più sole o delle quali si rischia di dimenticarsi, anche se risiedono sul nostro territorio (se ci fosse un campo rom, si metterà una foto di qualche loro famiglia; se ci fosse una struttura che si occupa di anziani o disabili, si andrà a chiedere una foto di gruppo, ecc.). 

 Ministerialità

 ° Ordinata

  • Diaconato permanente  

I diaconi nella Chiesa e nella comunità cristiana hanno il compito principale di tener desta la disponibilità al servizio, specie dei più disagiati e dei poveri. A Milano papa Francesco ha definito il diacono il ‘custode del servizio nella Chiesa” (25/3/2017). Sempre in quella circostanza papa Francesco ha ricordato che bisogna stare attenti a non vedere i diaconi come mezzi preti e mezzi laici, perché toglie forza e identità al carisma del diaconato, espressione viva e concreta di Cristo che si fa servo di tutti. È ambito proprio del diacono, pertanto, la sensibilizzazione della propria comunità verso le differenti forme di povertà e mettere in atto, nelle parrocchie o meglio in unità pastorale, particolari attività per offrire qualche risposta concreta. La suatestimonianza di serviziodiventa così anche una occasione per rilanciare in ogni parrocchia e unità pastorale il ministero ordinato del diaconato permanente. Perché non conoscere più da vicino i diaconi permanenti e il loro servizio specifico nella Chiesa? 

° Laicale

  • Accoliti/Lettori

I ministeri stabili di lettore e di accolito sono riservati a uomini sopra i 25 anni ai quali, dopo un cammino di preparazione, vengono conferiti mediante un rito liturgico. Nel ministero istituito del lettore e dell’accolito è presente non una “semplice funzione rituale”, ma una vera missione ecclesiale che dalla liturgia parte e alla liturgia ritorna, inserendosi in tutta la vita della Chiesa e in tutti i suoi momenti. Si tratta infatti di ministeri che non si riducono al solo ambito liturgico anche se hanno una significativa relazione con l’Eucarestia. All’Ufficio Liturgico insieme alle rispettive parrocchie, è affidato il compito di formare ed accompagnare i candidati coordinandone i singoli cammini. 

  • Ministri straordinari della Comunione 

Il ministro straordinario è istituto (con un mandato esplicito del vescovo) per portare la Comunione agli infermi e agli anziani nelle loro case o nelle case di riposo o negli ospedali, specialmente nelle domeniche e nelle feste, dando forma in questo modo anche a uno speciale ‘ministero della consolazione’. Tale ministero non sia solamente ‘liturgico’, ma offra l’opportunità di far sentire vicine alla comunità cristiana queste persone che materialmente non possono partecipare all’Eucaristia domenicale e desiderano essere in comunione con tutta la comunità. Il ministro straordinario visiti di frequente queste persone, rendendole partecipi della vita della comunità e portando alla comunità le loro necessità e richieste. 

  • Ministerialità della famiglia

Desidero collocarmi nella prospettiva che vede la famiglia come risorse e ricchezza per il territorio e la comunità. La famiglia vive inserita in un ambiente con molteplici relazioni (condominio, vicinato, scuola, società sportive, parrocchia e oratorio, …) ed è inserita in una rete relazionale di coniugi-genitori-figli, nonni-nipoti, parenti. Raccogliendo il forte stimolo di papa Francesco nell’Amoris Laetitia, ogni famiglia cristiana va formata e richiamata responsabilmente alla propria missione, che è fraternizzare il mondo e dipingere lo spazio sociale con i colori della solidarietà, vincendo la tentazione dello spirito di appartamento. 

Invito le parrocchie e le unità pastorali ad avviare processi per rieducare alle pratiche di buon vicinato, perché crescano reti solidali. Non sono necessarie grandi cose, ma piccole azioni concrete che possano favorire l’incontro e la relazione tra famiglie della stessa via o condominio, sfruttando occasioni di feste, anniversari, momenti tristi o lieti. Dove è possibile, si collabori con le diverse realtà presenti nel territorio, come quelle associative, capaci di supportare e potenziare lo sforzo solidale delle famiglie.  

 

CONCLUSIONE 

Carissimi, vi affido trepidante e pieno di speranza questa lettera pastorale. I tempi di oggi non sono facili. Come presbiteri, diaconi e collaboratori pastorali spesso siamo oberati da tante cose da fare, da non aver tempo per la cura della vita spirituale e delle relazioni personali. Con questo scritto è mio desiderio farvi sentire tutti coinvolti nello stesso cammino, pur con carismi e ministeri differenti, parte di una stessa Chiesa in uscita, che si sente mandata a portare a tutti la gioia del Vangelo. Non siamo soli. Lo Spirito Santo è con noi e ci dà la forza di essere testimoni gioiosi della risurrezione del Signore Gesù, vivo e presente.

Buon cammino pastorale. 

  + Giuseppe Pellegrini, vescovo