Lo Psicologo
Riscoprire il pudore e il suo valore relazionale
Galimberti nella sua "Enciclopedia della Psicologia" dice che il pudore serve a "conservare il possesso della propria intimità difendendola dalla possibile intrusione dell’altro". Il pudore, quindi, ha un valore relazionale.
Galimberti nella sua “Enciclopedia della Psicologia” dice che il pudore serve a “conservare il possesso della propria intimità difendendola dalla possibile intrusione dell’altro”. Il pudore, quindi, ha un valore relazionale. Nella nostra società, in cui lo sguardo dell’altro, nelle varie accezioni, è portato ad intrufolarsi ovunque, trovando dall’altra parte altrettanta disponibilità alla esibizione, la riscoperta della intimità come luogo di libertà merita di essere considerata una frontiera dove rappresentare l’attualità delle esperienze relazionali. Il pudore sarebbe proprio una delle garanzie che noi abbiamo di libertà nei confronti dell’”altro” che con il suo “sguardo” ci forza in continuazione, ci forza ad una difesa. Il pudore allora si dimostra una difesa indispensabile della nostra intimità ed individualità. Il pudore come sentimento contro la trasparenza voluta a tutti i costi, contro il “pubblico” imposto a suon di medialità. Il celare qualcosa all’altro diventa allora azione di cura di sé, conservare uno spazio di intimità personale è conservazione di aree di soggettività. La Selz in un suo libro proprio su questo tema scrive: “Dire che non c’è niente da nascondere, significa immediatamente affermare che qualcosa è nascosto, e tale rimane. Ed è l’inaccessibilità di questo qualcosa a motivare il bisogno di spingere sempre più oltre i limiti del vedere e del mostrare”. Questa frase immediatamente restituisce il senso profondo del pudore come atto privato e libertario: ognuno di noi ha molto da nascondere ed è anche bene che diventi esperto nel nasconderlo, ne va della sua identità. Ma allora cosa dire della vita di coppia, nell’amore, dove il “dirsi tutto” all’interno della relazione è un postulato ideologico molto comune? Ebbene la permanenza del pudore “reciproco” è garanzia che l’altro occupi proprio il posto di altro, sia una vera alterità, abbia in sé qualcosa che io non conosco. Il pudore garantisce la posizione di alterità dell’altro, ovvero consente che io acceda a lui (o lei) e trovi una risposta, la sua, non già la mia che si è dimostrata poco utile. In uno dei passi più importanti del suo libro la Selz scrive: “L’amore è possibile solo se chi ama e chi è amato sono distinti l’uno dall’altro e dunque separati”. Separati significa lasciare l’altro “libero da noi” nel senso di non voler sovrapporre il nostro desiderio al suo. Il pudore, sotto questo profilo, trova la sua natura nel determinare uno spazio proprio per ciascuno, nel fatto di garantire i limiti di ciascuno. In questo luogo privato risiede l’origine dell’incontro possibile, dello scambio reciproco e del riconoscimento intersoggettivo. Riconsiderare il pudore significa educarsi ad esso, significa coltivare uno spazio che faccia dell’intimità la materia di scambio possibile. Il pudore come luogo del contatto.Federico CarnielloPsicologo e psicoterapeuta