Manicomi chiusi, legge Basaglia: sul territorio 40 anni dopo

Il cammino è stato lento e non facile. Ecco quali sono le risposte del territorio

La città è di tutti. Dell’altro, del diverso, delle persone con disagio mentale. Così pensava il dott. Franco Basaglia, veneziano di origine, intorno agli anni ’70 quando, arrivato a Gorizia a dirigere uno dei manicomi o casa degli orrori del tempo, non aveva potuto reggere allo scempio delle persone che vi si consumava ogni giorno. Da allora ha iniziato a farsi carico degli scarti prodotti dalla sofferenza mentale, ad aprire le porte degli ospedali psichiatrici perché i pazienti potessero uscire in città e i cittadini vi potessero entrare. Il tutto fino alla legge 180 (o legge Basaglia), che portò una ventata di umanità e nuove terapie. Da allora se ne è fatta di strada anche nel nostro territorio. Il Pordenonese è stato fra i primi ad aderire alla nuova visione dl trattamento della malattia mentale assunto e divulgato da quel pioniere e ad attuare progressivamente la riforma.

IL DOTT. LUCIO SCHITTAR Come racconta il dott. Angelo Cassin – fino a qualche mese fa, per 26 anni, direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Pordenone – qui nei primi anni ’70 è arrivato lo psichiatra Lucio Schittar, che a Gorizia aveva fatto parte dell’èquipe del dott. Basaglia e aveva partecipato al cantiere di riforma dell’ospedale psichiatrico, la cosiddetta “istituzione negata”. Era rifiutata la segregazione degli ammalati di mente ai quali erano negati i fondamentali diritti umani. Un meccanismo che travolgeva le persone e le annullava.

Schittar era arrivato da noi con una concezione rivoluzionaria: i pazienti dovevano essere trasferiti dai manicomi in una rete di centri organizzati in dipartimenti, mentre per i casi acuti o gravi restava come riferimento l’ospedale civile con un servizio psichiatrico di diagnosi e cura. Così anche nella giovane provincia di Pordenone, Schittar ha sostenuto e avviato la riforma, tanto da determinare la cancellazione del progetto di un nuovo ospedale psichiatrico (peraltro molto oneroso). Fu allora attuato un grandissimo sforzo per dare una sistemazione dignitosa a circa 200 persone che uscivano dai manicomi e che non avevano spesso legami né risorse. Che, soprattutto, avevano bisogno di entrare nella certezza di un’appartenenza.

PRIME COOPERATIVE Pordenone è stata la seconda provincia d’Italia, dopo Grosseto, ad attuare la riforma psichiatrica di Basaglia. Vi sono nate le prime cooperative per creare occupazione per le persone più fragili m bisognose di essere riconosciute nella loro capacità di assumere un ruolo attivo nella società. La prima ad essere istituita mutuò il nome dal fiume che attraversa la città, Noncello. Nasceva da una collaborazione degli operatori del CSM con la Provincia.

IL DOTT. CASSIN Il dott. Cassin  arrivando a Pordenone ha trovato una situazione già molto avanzata grazie ai dottori Schittar e Sarli. Nel ’95, con la riforma sanitaria, tutti servizi sono stati conglobati nelle USL. Ne è scaturita un’organizzazione che integra i Centri di Salute Mentale: da noi, tre attivi sulle 24 h e 3 sulle 12. Nei primi c’è la possibilità di ospitare temporaneamente alcuni pazienti con particolari esigenze (8 a Pordenone, 8 a San Vito, 6 a Maniago). Avviato anche un percorso per un 24 h anche a Sacile. All’ospedale di Pordenone sono disponibili 15 posti letto per situazioni complesse che richiedono intensità di cure.

PAZIENTI Attualmente nel Pordenonese sono seguite per problemi di intensità varia circa 4.800 persone, delle quali un migliaio con situazioni impegnative. Per 200 pazienti sono in corso esperienze di inserimento lavorativo sia in cooperative che in aziende pubbliche e private. Ogni anno alcuni di loro sono in grado (grazie alla L. 68 del 2000), di essere regolarmente assunti. Ogni anno l’Azienda sanitaria investe 2milioni e 500mila euro per la riabilitazione lavorativa.

AUTONOMIA ABITATIVA Si è sviluppata l’iniziativa di piccoli nuclei di persone con disagio psichico inserite in realtà abitative autonome. Sono una settantina le persone che fruiscono di questa modalità, mentre una cinquantina sono inserite in strutture residenziali con una decina di ospiti. Conta soprattutto evitare la ghettizzazione permanente. Per le famiglie c’è pure il sostegno dei Centri diurni, una rete di opportunità di aggregazione: realtà che promuovono l’inserimento e l’aggregazione e rispondono alla globalità dei bisogni delle persone.

LE FAMIGLIE La presenza dei Servizi sul territorio vale anche per le patologie croniche e per la demenza senile. Nel panorama nazionale noi rappresentiamo una situazione privilegiata. Anche se non è possibile risolvere subito tutti i problemi, ci sono sempre ascolto, attenzione e volontà di intervenire per le situazioni di bisogno.

SIAMO OGGETTO DI STUDIO Arrivano da noi persone da tutto il mondo per studiare la nostra impostazione dei Servizi psichiatrici. Un sistema che riconosce dignità ai pazienti e agli operatori.Soprattutto è esemplare il nostro sforzo continuo di non ghettizzare gli ammalati e di renderli partecipi della vita di comunità. Da parte delle amministrazioni locali si registra un fondamentale atteggiamento di condivisione e di appoggio. La riforma Basaglia ha influenzato globalmente il modo di rapportarsi alla disabilità mentale determinando un atteggiamento non escludente. E’ cambiato il modo di pensare di tutta la società che, per merito di Basaglia, riesce a vedere l’uomo oltre la malattia.