Costume e Società
Dio è morto
Il titolo di una canzone famosa, che sbagliando venne etichettata come un inno ateo nichilista, ma che in realtà è un manifesto del pensiero evangelico
Preludi di primavera anche se il cielo resta scuro come nelle crocifissioni del Caravaggio. E’ la settimana di Passione, la Settimana Santa. I cristiani ricordano la morte del loro Maestro, lo fanno ogni anno da secoli. Vedere un uomo inchiodato non li impresiona più. E ci siamo anche abituati alle sofferenze di tanti poveri cristi del nostro tempo.In una predica del Venerdì santo don Primo Mazzolarì esortò: Non piantate più i crocifissi fuori della città, fuori dal nostro abitato. I crocifissi veri sono in mezzo a noi, nelle cronache quotidiane. Aveva più che ragione. Le nostre vie crucis sono recite devote, raccontano eventi lontani, fuori dal nostro vissuto.Pier Paolo Pasolini lo aveva già capito nel 1963 quando nel film “Il Vangelo secondo Matteo”, non volle attori professionisti né scenari di Cinecittà. Mise in scena la gente comune, quella segnata dalla fatica di vivere. Nel ruolo di Maria volle vi fosse sua madre, la casarsese Susanna Colussi a cui aveva chiesto di prendere tra le braccia il corpo martoriato di Cristo come aveva stretto per l’ultima volta il corpo del figlio Guido, assassinato a Porzus.La morte di Cristo è per noi solo un fatto del passato per questo ha suscitato scalpore e scandalo nel 1967 la canzone di Francesco Guccini che dice: “Ho visto la gente della mia generazione andare via/ Lungo le strade che non portano mai a niente/ nella ricerca di qualcosa che non trovano/ …Dio è morto. Nelle città avvolte di smog/ …in questa stanca civiltà, nelle auto prese a rate, nei miti dell’estate Dio è morto/. La mia generazione ormai non crede/ in ciò che spesso è mascherato con la fede/, nei miti della patria e dell’eroe/… E’ venuto ormai il momento di negare le falsità e le fedi fatte di abitudini e di paura/. Una politica che è solo far carriera/, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto…/ Nei campi di sterminio Dio è morto…”.Nel 1967 questa canzone venne bandita dai programmi Rai perché ritenuta un inno ateo nichilista.Ma poi …la sorpresa. La canzone, cacciata da Rai e Tv, perché ritenuta blasfema, entrò nelle chiese attraverso i gruppi giovanili che allora sorgevano spontanei nell parrocchie post conciliari. Erano, per intenderci, quelli che a Messa, con chitarra e batteria, cantavano “La Buona Novella” di Fabrizio De Andrè e brani di Marcello Giombini e Domenico Machetta. Liturgicamente discutibili fin che volete, stà il fatto che uno di questi gruppi, sorti all’ombra del canpanile, diventato famoso – i Nomadi – ne fece un cavallo di battaglia e la canzone divenne l’emblema di un’intera generazione giovanile.In realtà i censori avevano completamente travisato il senso del testo che parlava della necessità di una rinascita spirituale e morale che riscattasse un’epoca contrassegnata dal “perbenismo interessato”, dal “falso moralismo ipocrita”. Da un vuoto e becero consumismo, da una e profonda crisi di valori: la morte di Dio, il nichilismo, si manifesta nel tramonto dei miraggi che il materialismo imponeva a tutti noi: le auto prese a rate, nel carrierismo travestito da ideali di partito.Dio è morto, ma quale Dio? Guccini non parla del Dio di Israele o di Cristo ma cita Nietzsche per dire che la fede in Dio non è più fonte di idealità e di moralità, la dissoluzione di tutti i valori che ha portato le guerre, l’imbarbarimento della società, un vuoto insostenibile per “la generazione” di Francesco Guccini, i giovani del ’68 e per i giovani di ogni tempo, anche del 2018, che nonostante tutto sono ancora aperti alla speranza e all’impegno, come conclude la canzone. Per cui “Dio è morto” non è neppure oggi l’ultima parola della storia. Il finale della canzone apre alla speranza, anche se è una prospettiva più ideologica che fondata sul mistero di Cristo morto e risorto.Il linguaggio è quello del giovanilismo di allora, ma tanti della mia generazione, lo sentono ancora attuale e calzante. “Ma penso/ che questa mia generazione è preparata/ a un mondo nuovo a una speranza appena nata/ a un futuro che ha già in mano/ a una rivolta senza armi/ perché ormai tutti noi sappiamo/ che se Dio muore è per tre giorni/ poi risorge./ In ciò che noi crediamo Dio è risorto/ in ciò che noi vogliamo Dio è risorto./ in ciò che noi faremo Dio è risorto”.