Costume e Società
La lebbra alza bandiera bianca
Una lunga battaglia che grazie all'impegno concreto di molti e alla volontà di tanti nel sporcarsi la mano ha visto quasi scomparire questa atroce malattia
Questa domenica siamo invitati alla 64ª Giornata mondiale di lotta alla lebbra, in inglese World Leprosy Day.E’ una giornata di riflessione e di raccolta di fondi per le vittime della lebbra (morbo di Hanen). Ricorre annualmente l’ultima domenica di gennaio. Fu istituita da Raul Follerau, scrittore e giornalista francese, molto attivo nella lotta alla lebbra.In Italia viene proposta dall’ Aifo (Associazione Italiana Amici di Raul Follerau) attraverso una serie di iniziative di sensibilizzazione.Molti di noi, negli anni ’70, hanno partecipato alle campagne contro la lebbra che allora mobilitavano molti gruppi giovanili della Destra Tagliamento.Davanti alle chiese, ai supermercati e agli incroci stradali sorgevano tende presidiate da giovani che volantinavano il grande messaggio di Raul Follerau: “Giovani di tutto il mondo sognate una società nuova fondata non sul denaro ma sull’amore. Una società in cui ci sono i nuovi lager chiamati lebbrosari e arsenali militari, non ha futuro”.Partecipatissime erano le raccolte di carta, indumenti e ferrovecchio. Camioncini e trattori, preceduti da megafoni, passavano casa per casa in una mobilitazione chiamata “sporchiamoci le mani”. L’idea, proposta dai missionari comboniani e in particolare da Padre Domenico Verdini, si riferiva al seguente apologo di Raul Follerau. “Un signore per bene si presentò alla porta del paradiso chiedendo di entrare. Sono un cristiano credente e praticante, disse, non ho mai ammazzato né rubato, ho le mani pulite. San Pietro perplesso rispose: Le tue mani sono belle bianche ma vuote. Davanti ai poveracci sono rimaste chiuse e lo spedì giù dritto con il ricco Epulone”.Quando Follerau scriveva questi appelli la situazione era assai più drammatica di ora.Dobbiamo riconoscere che questa “rivolta di solidarietà” ha portato dei buoni frutti, dimostrando che la lebbra può essere vinta. Parlano i numeri. Dal 1980 si è passati dai 20 milioni di casi di lebbra agli attuali 2 milioni. Il morbo di Hansen non è più una calamità mondiale. La vittoria sulla lebbra è dovuta al successo dei programmi sanitari e al progressivo miglioramento delle condizioni di vita anche nei paesi poveri. Con la diffusione dell’acqua potabile nei villaggi stanno sparendo anche altre epidemie infettive e virali.Gli spettri antichi e medioevali della lebbra come condanna a una lenta morte, con il disfacimento delle membra, sono stati allontanati dalla scienza che ha dato un volto a questo morbo. In realtà è una malattia cronica originata da un microbatterio simile a quello della tbc che colpisce la pelle e il sistema nervoso periferico. Considerata una delle malattie più antiche e devastanti, oggi se presa in tempo con un adeguato trattamento farmacologico può essere debellata con la cancellazione delle purulente piaghe che sfiguravano i corpi. L’introduzione da parte dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) della farmacologia specifica è avvenuta nel 1982. Nel 2011 è stato chiuso l’ultimo lebbrosario in Italia.Gli ultimi dati non ci lasciano comunque tranquilli. Ogni anno ci sono nel mondo 200 mila nuovi casi di lebbra, soprattutto di bambini. Questo morbo contina a colpire e a mietere vittime soprattutto nei Paesi poveri dove le condizioni igienico sanitarie sono inadeguate, dove, oltre al cibo insufficiente, mancano le medicine e le strutture sanitarie.Questo morbo, come l’Aids e l’Hiv, continua a colpire i poveri del mondo, i deboli, i bambini.La giornata mondiale della lebbra bussa ancora alla nostra cioscienza. Oggi ricordo grandi figure che l’hanno combattuta con un cuore grande così… Padre Damiano, il Santo delle isole Molokai. Il teologo protestante e musicista Albert Sweitzer, Raul Follerau, profeta della civiltà dell’amore, più recentemente Marcello Candia così come lo racconta il giornalista Giorgio Torelli, Teresa di Calcutta e centinaia fra missionari e volontari che hanno speso la loro vita nei lebbrosari, luoghi di segregazione negli isolotti del Pacifico.E ricordo con simpatia i molti giovani pordenonesi di “Sporchiamoci le mani” che fecero due grandi scoperte. La prima che la lebbra non è contagiosa e può essere sconfitta. La seconda che invece può diventare contagioso il nostro amore per gli altri. E ne avremmo tutti da guadagnare.