Avviata la Visita Pastorale

Ha preso il via domenica 14 gennaio dalla concattedrale San Marco di Pordenone la Visita Pastorale alla diocesi del vescovo S.E. mons. Giuseppe Pellegrini. Una visita che lo impegnerà per un triennio e che, sotto il titolo "Oggi devo venire a casa tua" (a ricordo dell'episodio evangelico di Zaccheo), pone al centro il tema dell'incontro con le persone e lancia le Unità Pastorali.

    ol il cuore pieno di gioia per questa visita che non faccio solo io ma che condividiamo incontrandoci” con queste parole ha dato ufficialmente il via alla sua Visita Pastorale alla diocesi il vescovo, S. E. mons. Giuseppe Pellegrini, domenica 14 gennaio in concattedrale San Marco alla presenza di sacerdoti, religiosi, laici e operatori delle diciannove parrocchie di Pordenone e Cordenons, le prime ad essere interessate dall’evento, nella prima metà di questo 2018.

Testimone. Una liturgia della parola, alternata di canti e preghiere, che è stata affidata, nel giorno in cui se ne faceva memoria, al Beato Odorico di Pordenone, ricordato quale “campione del viaggio” e di quella chiesa in uscita che tanto appartiene a papa Francesco. sarà lui il testimone di questo triennale andare tra le sue comunità del vescovo. Come recita la preghiera che è stata largamente distribuita, il Beato Odorico è “modello del vescovo in visita”. É stata affidata ai presenti la recita serale di questa invocazione, che era di Odorico: “Ti prego, Cristo Buono, per le preghiere e i meriti di Maria, accompagnami ogni giorno per luoghi e strade sicuri”. Una invocazione per una visita che si vuole non di ispezione ma di incontro autentico tra vescovo e comunità.

Lo stile. Nel corso della omelia S.E. Pellegrini ha ribadito lo stile: “Entro in punta di piedi nelle vostre comunità, incoraggiandovi nelle fatiche e ancor di più nelle delusioni”. Ha esultato per i presenti, ha porto un saluto ad anziani e malati e, senza negare le difficoltà, ha rivelato di sentire presente anche “chi oggi non sente il richiamo della chiesa. Tutti vi sento qui. Solo così è possibile fare fraternità”.Una fraternità da ricostruire alla luce del Vangelo. Lo fece Odorico. Lo ricorda papa Francesco. E’ il mandato di ogni sacerdote. Tutti missionari, anche i laici, dell’annuncio: “Sarà un evento di gioia e di grazia – ha continuato – per prendere coscienza della realtà e per rincontrarci sull’annuncio del Vangelo. Sarebbe più facile raccontare i problemi – sempre meno gente, sempre meno giovani – ma ricordiamo che Gesù ci guarda negli occhi, non nei problemi. Ci guarda e, come a Zaccheo, ci dice: Oggi devo venire a casa tua”.

Con le porte aperte. Una visita sincera: “Ci siamo radunati dubbiosi che oggi le nostre comunità siano capaci di far vivere il Vangelo e di rendere visibile e concreta la fraternità tra di noi, fatta di gesti concreti di carità” ha detto chiaramente il presule. Ma la Visita si fa occasione di un incontro meno frettoloso, secondo il passo della Evangelii Gaudium che è stato letto: “La Chiesa in uscita è la chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza un senso. E’ meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada”. Come il padre del figliol prodigo, ha ricordato il vescovo, che resta con le porte aperte, affinché il figlio le trovi così, quando deciderà di tornare.È una sfida e un dovere che la fede nel valore fondamentale della testimonianza al vangelo fa abbracciare con fiducia, impegno, speranza. “Io come vescovo – ha continuato – ho adesso la possibilità di crescere ancora di più nel mio amore paterno e fraterno verso di voi”.

Obiettivi. Primo: “Prioritario non è il cambiamento di alcune strutture, ma mettere al centro il vangelo a cui costantemente attingere e formarsi”.Secondo: “Mettere al centro la parola significa che la comunità cristiana pone attenzione alla trasmissione della fede”. Perché la chiesa è tutta missionaria e ha come compito prioritario quello di non lasciare le persone prive del dono del vangelo.Terzo: un annuncio da ascoltare, divulgare e soprattutto vivere: “Perché l’annuncio lo si conferma o lo si smentisce con la propria vita”.

I lontani. Da qui l’importanza di sentire come proprie le parole che Gesù rivolge ai discepoli: “Chi cercate? Chi sono io per te?”. Ancora lo chiede e oggi: “Lo chiede a noi, non per una risposta preconfezionata da catechismo, lo chiede a ciascuno con l’attesa di un innamorato. Lo chiede a comunità in parte lontane e distratte. Perché è un dato di fatto che la fede oggi non è più patrimonio comune. Forse mancano i testimoni”.

Fede generativa. Ha concluso indicando la via: “La fede è da far generare nel cuore delle persone, perché la custodiscano. Questo è il nuovo modello pastorale: una fede generativa”. Si è chiesto: “Le nostre pastorali hanno la capacità di far crescere la fede nel cuore delle persone? Quello che facciamo – le tante corse di noi preti – sono poi capaci di generare la fede? E se qualcosa non funziona più che fare? Lasciare qualche attività, inseguirne qualcuna altra”.

L’incontro con gli sposi. Ha raccontato che da un primo incontro con gli sposi ha attenuto questa risposta: “Per generare servono amore e sacrificio”. Ha suggerito: “Lo teniamo presente ora anche noi, mentre chiediamo al Beato Odorico , testimone di questa visita, di seguirci. Buona visita a tutti. E ricordiamola nella nostra preghiera”.Simonetta Venturin