Ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino

Aprirsi a questa profonda gioia/serenità che solo Dio può generare nella persona, significa avere chiaro il significato della vita nonostante le difficoltà presenti in essa, comprendere che ogni cosa coopera al bene per coloro che amano Dio, sapere che ogni momento della vita è un dono di Dio anche quando umanamente non riusciamo a capirlo o accettarlo, sapere che niente di ciò che il Padre ha affidato a Gesù può andare perduto (noi siamo stati affidati dal Padre a Cristo), essere sicuri che Cristo ci ha preparato un posto nel suo Regno, esperimentare la presenza dello Spirito e molto altro.

Gv 1,6-8.19-28 Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: “Tu, chi sei?”. Egli confessò e non negò. Confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?”. “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?”. “No”, rispose. Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”. Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa”. Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. Giovanni rispose loro: “Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”. Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Tematica liturgicaLa preparazione all’incontro con Dio va vissuto nella gioia e nella serenità. La Liturgia, infatti, fin dall’inizio della celebrazione (Antifona d’Introito) chiama tutta la comunità a questo atteggiamento: “Rallegratevi (in latino “Gaudete”) sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”. Per questo motivo questa domenica prende anche il nome di “domenica Gaudete”. Il clima di gioia viene ripreso dalla prima lettura (Is 61,1-2.10-11: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio”), dal ritornello del salmo responsoriale (“la mia anima esulta nel mio Dio”) e dalla seconda lettura (1Ts 5,16-24: “Fratelli siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie”). Non è un tema secondario al cristianesimo. Anzi. Gesù, nell’ultima cena, quasi a testamento spirituale, afferma a chiare lettere: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). La gioia e la serenità fanno parte integrante del cristianesimo. Certo non si tratta della gioia e della serenità che è fondata sulla “fortuna” in questo mondo. Si tratta di una gioia e di una serenità che hanno il fondamento nello spirito dell’uomo e sono dono dello Spirito di Dio: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Aprirsi a questa profonda gioia/serenità che solo Dio può generare nella persona, significa avere chiaro il significato della vita nonostante le difficoltà presenti in essa, comprendere che ogni cosa coopera al bene per coloro che amano Dio, sapere che ogni momento della vita è un dono di Dio anche quando umanamente non riusciamo a capirlo o accettarlo, sapere che niente di ciò che il Padre ha affidato a Gesù può andare perduto (noi siamo stati affidati dal Padre a Cristo), essere sicuri che Cristo ci ha preparato un posto nel suo Regno, esperimentare la presenza dello Spirito e molto altro. La Liturgia, mentre pone la gioia/serenità in primo piano, concentra la sua attenzione sulla memoria della prima venuta di Gesù, l’Incarnazione (Cfr la Colletta generale: “Guarda, o Padre il tuo popolo, che attende con fede il Natale”), senza dimenticare il ritorno ultimo di Gesù (Parusia; cfr 2° lettura, 1 Ts 5,21: “Tutto quello che è vostro si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro”).

Dimensione letterariaIl testo evangelico è un testo selezionato (testo eclogadico). Vengono, infatti, congiunti tre versetti del prologo (Gv 1, 6-8) con una decina di versetti narrativi (Gv 1, 19-28). Gv 1,6-8 non faceva originariamente parte dell’inno al Logos. È una glossa come Gv 1,15. Secondo diversi studiosi il testo di Gv 1,6-8.19-28 costituiva l’inizio del vangelo di Giovanni, prima che il vangelo prendesse la fisionomia redazionale attuale.Giovanni Battista viene presentato in antitesi con i suoi interlocutori. Egli è mandato da Dio (Gv 1,6), mentre i suoi interlocutori sono mandati dai Giudei (Gv 1,19), più precisamente dai Farisei (Gv 1, 24). Il primo ha una missione divina, i secondi, una missione umana (molto vicina a una sussiegosa curiosità).Il testo risultante è suddivisibile in tre parti. La prima parte (Gv 1,6-8) è dominata dal tema della testimonianza (v. 7a: testimone; v. 7b: testimonianza; 8b: testimonianza). La seconda (Gv 1,19-23) parte, invece, partendo dalla domanda “Chi sei?” (ripetuta due volte) esplicita l’identità di Giovanni: egli non è il Cristo, né Elia né il profeta, ma solo la voce di uno che grida di preparare la via al Signore. L’ultima parte (Gv 1,24-28) entra in scena il tema del battesimo.

Riflessione biblico-liturgicaGiovanni Battista, come il Deutero -Isaia, sta annunciando una cosa attesa, desiderata, ma anche giudicata troppo grande perché possa essere vera. Il Deutero-Isaia annunciava la liberazione dalla schiavitù di Babilonia, il Battista annunciava la presenza del Messia (“in mezzo a voi sta uno che non conoscete”). Il Messia, è così grande che il Batista non si ritiene degno di essere nemmeno l’amico (il Messia, allora, sarebbe lo sposo) o addirittura il servo (il Messia sarebbe il padrone).