Le cose così come stanno

Cecilia Sala, giornalista (Ansa/Sir)

L’anno che va a cominciare si apre all’insegna della giornata della pace e continua all’insegna della speranza, tema dell’anno giubilare 2025. Due parole incoraggianti e beneauguranti per i dodici mesi che ci aspettano, ma al contempo concretamente tanto lontane dalle cronache – disperate e disperanti – di guerre che ci circondano dal Medioriente all’est dell’Europa, solo per citare le più vicine.
Nella notte di Natale, mentre una parte del mondo – quella a noi vicina – si chinava implorante su statue del Bambino, bambini in Gaza morivano di freddo, incapaci i genitori di scaldarli nel niente di una tenda di stracci. La grande speranza che possiamo avere è che la guerra finisca, consapevoli però che il risentimento e il rancore non se ne andranno per trattato.
Sull’altro fronte a Kiev, in Ucraina, la notte di Natale è stata trasformata in un accanito bombardamento che ha coinvolto anche l’elemosiniere del papa, il cardinale Konrad Krajewski. Quale speranza può ardere in quei cuori martoriati ormai da quasi tre anni se non quella della fine di guerra e devastazione?
Le parole del presidente russo Putin relative alla fine del conflitto, piuttosto che di una tregua, potrebbero far confidare nel fatto che qualcosa finalmente si muova. Eppure, come altre volte è successo, se le parole vanno in una direzione gli atti le contraddicono: ed ecco gli attacchi che si susseguono, le azioni di sabotaggio contro varie nazioni come i cavi tranciati nel Mare del Nord a danno dei rifornimenti energetici e informatici di Finlandia ed Estonia, o le misteriose esplosioni che colpiscono la Gran Bretagna o gli incidenti ferroviari registratisi in Germania, fino all’ultimo incidente aereo in Kazakistan su cui aleggia la responsabilità russa.
Più la pace sfuma più la speranza si deve accendere: ma l’Europa non ha ancora saputo sbrogliare questa difficilissima matassa e l’America aspetta le prime mosse del riconfermato presidente Trump. Intanto fuochi si accendono in Siria e Yemen, mostrando gli uomini simili a formiche guerrafondaie, dimentiche di condividere lo stesso formicaio e del fatto che più aumentano le guerre più si mettono in pericolo.
Pace e speranza, speranza e pace sono allora le due priorità assolute del 2025. Papa Francesco, nel messaggio per il primo gennaio, Giornata mondiale della pace ha scritto: “ll cambiamento culturale e strutturale per superare questa crisi avverrà quando ci riconosceremo finalmente tutti figli del Padre e, davanti a Lui, ci confesseremo tutti debitori, ma anche tutti necessari l’uno all’altro”. Sapremo arrivarci? Al momento quello indicato pare l’itinerario del viaggio verso la meravigliosa isola di Utopia, sede della società perfetta e pacifica immaginata dal filosofo inglese Tommaso Moro nel cinquecento. Parrebbe, sì, ma questo non autorizza a demordere poiché la speranza è anche un dovere e la pace è un impegno quotidiano, una costruzione paziente e artigianale che deve coinvolgerci tutti, senza utopie, senza defezioni, concretamente.