Suor Clarita: una vita accanto ai sofferenti
Infermiera e suora. Accanto ai sofferenti nel corpo e nello spirito, da Pordenone alla Via di Natale. Suor Clarita ha dedicato la sua esistenza a chi soffre. La sua testimonianza
A 23 anni, quando decideva di consacrarsi al Signore tra le Francescane Elisabettine, la nostra suor Clarita Del Piero aveva già vissuto per cinque anni l’esperienza di servizio agli ammalati come infermiera presso il vecchio ospedale civile di Aviano, che potremmo in qualche modo definire l’antenato dell’attuale CRO. Come lei stessa ammette, quell’esperienza ha probabilmente contribuito alla sua decisione di donarsi a Dio per dedicarsi alla sofferenza umana e vivere questo servizio come una missione.
Dopo i voti, ha frequentato la scuola infermieristica di Pordenone. Per molti anni ha successivamente operato al Santa Maria degli Angeli della stessa città, dove, dopo il corso di caposala, ha partecipato all’apertura e ai primi passi del nuovo Reparto di Oncologia. Sono seguite altre esperienze in contesti sanitari diversi.
Quasi a concludere in modo speciale il suo percorso di dedizione agli ammalati, è approdata all’ Hospice Via di Natale: per nove anni è vissuta a contatto con i drammi della sofferenza terminale. Successivamente è scesa nella Casa delle consorelle di Pordenone per assistere alcune ammalate. Infine eccola nuovamente all’Hospice di Aviano come volontaria: "Qui ora cerco di portare un po’ di consolazione a questi ammalati terminali. Mi accosto a loro in punta di piedi, li ascolto con grande rispetto e delicatezza per inserirmi nel loro profondo dolore con lievi parole di speranza e di fede. Quando lo desiderano, porto loro la Comunione e cerco momenti di dialogo; ma quando le parole devono spegnersi perché è possibile solo il silenzio (spesso infatti questi pazienti sono sedati o molto provati), allora non mi resta che il ricorso alla preghiera, come la più intensa espressione di partecipazione e vicinanza.
A volte trovo qualche chiusura alla proposta di offrire i conforti della fede; altre volte sono i familiari ad esprimere questa resistenza, preoccupati che l’ammalato possa "capire" e impressionarsi. Ovviamente anche questi atteggiamenti di difesa devono essere rispettati, ma i pazienti conoscono molto profondamente la verità che i loro familiari pensano di poter nascondere. In ogni caso io collaboro con il personale, nella speranza di riuscire ad offrire a tutti, pazienti e familiari, un po’ di Luce. Gli ammalati terminali e i loro cari stanno vivendo un’esperienza drammatica, pertanto io desidero esprimere loro la mia vicinanza per compiere una missione: in tutte le situazioni, ma soprattutto quando vivono momenti di sofferenza tanto complesse e difficili, io vorrei essere ’cireneo’ e ’veronica’ per il loro dolore".
F.S
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