Coronavirus: 16 contagiati in Italia
Curare evitando i contatti a rischio. Questa la parola d’ordine per i medici di famiglia di fronte ai primi contagi da coronavirus nel nostro Paese. Come? Ce lo spiega in questa intervista il segretario generale della Federazione italiana medici di medicina generale
Curare evitando i contatti a rischio. Questa la parola d’ordine per i medici di famiglia di fronte ai 14 contagi da coronavirus registrati in Lombardia e ai due casi positivi ai primi test in Veneto, tra i quali cinque operatori sanitari.
Il primo strumento per scongiurare i rischi di contatto è un triage telefonico,
spiega al Sir Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg).
“Stiamo predisponendo – dice – un modello di presa in carico che protegga anche il sistema delle cure primarie perché in questa fase in cui il profilo principale è l’isolamento dei pazienti e la riduzione della contaminazione, abbiamo bisogno che il paziente con sintomi sospetti venga gestito anche nell’ambito della medicina generale da
medici protetti con le dotazioni di sicurezza previste: mascherina, occhiali, guanti e tuta”.
A questo fine, prosegue, “stiamo proponendo un modello che prevede che il medico fiduciario possa assumere telefonicamente il maggior numero di dati per selezionare i casi potenzialmente a rischio e possa attivare all’interno del proprio setting un medico dedicato che, in caso di sospetto, possa eventualmente confermarlo con la visita domiciliare”.In presenza di sintomi sospetti, Scotti invita a contattare il proprio medico di famiglia che tramite una scheda appositamente predisposta potrà raccogliere il maggior numero informazioni attraverso un triage telefonico – domande sui suoi contatti, capacità respiratoria, eventuali episodi di dispnea – per poter qualificare il caso.Di fronte ad una valutazione importante di sospetto, “il medico manterrà il suo contatto fiduciario con il paziente – conditio sine qua non – per fargli percepire che è presente e costante nella gestione del caso, maall’interno della rete dei medici di base verrà indicato un operatore disponibile e dotato dei necessari dispositivi di sicurezza. Quest’ultimo, da solo, potrà affrontare il contatto domiciliare con uno o più di questi pazienti dedicandosi loro in maniera specifica”.A lui il compito di “validare il sospetto o escluderlo. Se lo valida, verranno attivati i meccanismi dell’isolamento, domiciliare o ospedaliero in base alla gravità del paziente; in entrambi i casi andranno attivati i meccanismi per ottenere la valutazione sierologica”. Solo con queste precauzioni, sottolinea Scotti, si può tentare di prevenire “il rischio che la medicina generale venga contaminata. Se uno o più medici di famiglia vengono contaminati e messi in quarantena, che cosa accade ai loro pazienti?
Non possiamo rischiare la paralisi del sistema”.
Il triage telefonico consente inoltre di evitare che i pazienti si rivolgano all’ambulatorio del medico di famiglia rischiando di contaminarlo e quindi di farlo chiudere come è accaduto con il pronto soccorso dell’ospedale di Codogno. Ma poi c’è un altro problema: “anche l’invito a non recarsi al lavoro ha implicazioni amministrative che ricadono su di noi – prosegue il segretario generale Fimmg – Un lavoratore messo in isolamento in quarantena come giustifica la sua assenza? Il certificato di malattia non può essere rilasciato per legge al telefono ma solo dopo visita domiciliare entro 24 ore”.Di qui il suggerimento che “in questa fase il paziente possa autocertificare per i primi giorni, salvo conferma del medico che lo prenderà in carico a domicilio, il suo stato di isolamento”.“Lavoriamo a stretto contatto con il ministero della Salute – conclude -. Due nostri rappresentanti partecipano quotidianamente alle riunioni della task force ministeriale ed io, personalmente, sono in contatto con il ministro quasi tutti giorni”.
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